Fendi arriva al Pitti in veste di guest designer per l’ultima edizione 2023, che raccoglie le collezioni uomo SS24 nella città fiorentina, in un appuntamento d’eccezione presso gli spazi della nuova fabbrica di Capannuccia. Dal workwear all’utilitywear il nuovo immaginario maschile di Silvia Venturini Fendi è un’omaggio al lavoro artigianale della tradizione, al Made in Italy ed alla manualità dei suoi pellettieri, che diventano parte integrante dello show. Uno show che abbatte il muro tra creazione, produzione ed esposizione, in una foto estemporanea al ciclo produttivo firmato Made in Fendi.
Fendi Factory SS24: il dualismo della collezione
La collezione oltre ad essere il ritratto accurato della tradizione artigianale del brand, è anche il simbolo del suo ritorno a Firenze, città che ospitò Adele Fendi quando, temporaneamente, si spostò per imparare l’arte della pelletteria nel 1920, qualche anno prima di tornare a Roma e fondare l’omonimo brand. Un rapporto continuo tra la città toscana e Fendi che ancora vanta il suo centro tessile e di lavorazione delle pelli nella regione del centro Italia, ma che si rinnova grazie alle date del Pitti, un evento biannuale che la direttrice creativa ricorda ‘’essere un evento irrinunciabile per l’industria ed il progresso sia tecnologico che scengifico del menswear’’. Alle parole di Silvia Venturini Fendi si aggiungono quelle di Raffaello Napoleone, amministratore delegato del Pitti: ‘’con Silvia Venturini Fendi abbiamo un legame costruito negli anni grazie a collaborazioni a sostegno dei nuovi talenti. Siamo fan della sua idea di moda maschile, della sua capacità di fondere in modo armonico e moderno elementi classici e spinte di radicale innovazione’’. Un nuovo capitolo dell’uomo del brand romano che si riscopre vivere tra gli archivi storici dell’Eur, del quale conserva il concept, e la fabbrica di Capannuccia, dal quale attinge nel taglio, cucitura, ricamo: un sapiente e solido equilibrio tra idea e forma, che ricorda il Rinascimento fiorentino, quando l’architettura nasceva tra le mura degli atelier e le cave di marmo. Un doppio valore per uno show che viene presentato due volte in due momenti diversi: uno il pomeriggio alla presenza degli artigiani della Fendi Factory, uno il secondo alla partecipazione di ospiti, stampa e house friends.
La location: una fabbrica di ricordi
Lo show, animatosi tra macchinari e stand industriali, è concepito per essere un disegno fedele della sua location. La maison apre le porte della sua fabbrica a Bagno di Ripoli, inaugurata lo scorso anno, tra gli alberi d’olivi delle campagne toscane. Il set up della sfilata è suggestivo, e dal seatting degli ospiti, che si inserisce tra macchinari in vernice bianca e alti paralumi che illuminano la venue dello show, prende forma una passeggiata storico quanto poetica tra le vie dell’artigianato Made in Fendi. Lo spazio disposto su più di 14.000 metri quadrati, è stato concepito dallo studio di Milano Piuarch, che rilesse l’ambizioso progetto di Fendi rendendo la fabbrica di pellami un’ambiente chirurgico dove il rigore delle linee si accompagna al minimalismo del bianco ottico, come se fosse in corso un’intervento di rianimazione al cuore della produzione del brand. ‘’La sfilata nasce in un’ottica di trasparenza sulla filiera, in un luogo importante per la nostra produzione e simbolo per il marchio, visto che proprio a Firenze mia nonna imparò da alcuni parenti l’arte della pelletteria’’, spiega Silvia Venturini Fendi, tra ricordi di famiglia e viaggi nel passato.
Tra workwear e utilitywear
Artigianato e prodotto, la fabbrica: lo show è un omaggio al lavoro nella sua forma più antica, quella manuale. La collezione si struttura su riferirmi al workwear ed all’utilitywear, con tute, camici e cappotti che richiamano alle divise degli artigiani, in una rilettura della quotidianità più pratica che mai, che rilegge i codici classici maschili in un’accezione contemporanea. Le camicie cut out sulla schiena si dimostrano una valida alternativa alla classica white shirt, e nel loro modello si rifanno al grembiule dei maestri pellettieri, i quali sono apparsi indossandolo nel gran finale accolti da un pubblico acclamante. Scarpe e accessori sono i protagonisti di questa innovazione del guardaroba quotidiano, che si aggiorna sempre in nome della praticità anticonvenzionale. Dalle clogs con laccetto alla caviglia che ne favorisce il movimento con il logo riportato ai lati, al lettering di orecchini e collane che decorano i colli stretti di maglie e cappotti, i nuovi capi del desiderio prendono vita davanti agli occhi dei pochi presenti. Agli orecchini si aggiungono altre applicazioni: key charm, dog-tag con inciso ‘’Made in Fendi’’, spille ‘’Staff only’’, tutti simboli della Fendi Factory rielaborati da Delfina Deletrez, direttrice del gioiello da Fendi, con l’irriverenza propria dell’ultima generazione di giovanissimi. In fondo l’uomo SS24, è un moderno artigiano, giovane proprio come i lavoratori della factory, che abbatte la concezione comune del fabbricante agè:
‘’quando pensiamo agli artigiani si tende ad immaginare siano persone anziane, mentre qui abbiamo giovani ragazzi e ragazze appassionati a queste tradizioni e che rappresentano il presente ed il futuro del Made in Italy’’
spiega la Venturini Fendi, ribadendo quanto sia importante che questi lavori d’origini antiche sopravvivano al tempo, tramandati alle ultime generazioni, eredi della tradizione manifatturiera italiana.
Il progetto Fendi Kengo Kuma
La parte riguardante gli accessori Fendi man SS23 è il risultato di un nuovo progetto dal nome Fendi Kengo Kuma. Un nuovo dialogo artistico tra l’Italia ed il Giappone dell’architetto Kuma, dai lavori del quale derivano applicazioni e decorazioni che impreziosiscono il pellame delle Peekaboo, Baguette, Soft Trunk e delle ultimissime Fendi Flow. Il progetto non prevede solo uno studio artistico di Kengo Kumo, ma anche l’incontro con materiali provenienti dall’Oriente , come la carta, precisamente quella tipologia di carta waranshi tradizionale, bambù intrecciato, corteccia di betulla e legno d’olivo toscano, in richiamo al paesaggio rigoglioso che si intravede dalle vetrate della fabbrica di Capannuccia.
Luca Cioffi
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