Uk: nel post Brexit ci sarà minor spazio per i lavoratori europei. Il Guardian rivela le proposte per ridurre l’immigrazione europea elaborate dal governo di Theresa May. Dalla fine della libera circolazione dei lavoratori allo scoraggiare quelli non qualificati. E non si escludono ostacoli al ricongiungimento familiare.

Il premier Theresa May credits: Daily Express

Da quando è stato chiaro che ci sarebbe stata la Brexit ci si è chiesti spesso cosa sarebbe successo nel post. E in particolare per chi voleva partire dal resto d’Europa per tentare di trovare una svolta lavorativa nel Regno Unito. Molti, moltissimi giovani ci hanno pensato almeno una volta: vado a Londra e trovo un lavoro, tento una carriera che nel mio Paese è troppo difficile. E non solo loro.

Secondo quanto rivelato dal Guardian, questa possibilità è destinata ad essere ridotta drasticamente dal governo May. Il quotidiano inglese cita un documento dell’Home Office datato agosto 2017: 82 pagine in cui si elencano una serie di possibili misure ad hoc. Innanzitutto la libera circolazione dei lavoratori dovrebbe terminare non appena la Brexit sarà effettiva, nel 2019. Parallelamente verrà introdotto l’obbligo del passaporto alla frontiera.

Obiettivo principale? Dare priorità ai britannici nell’accesso ai posti di lavoro. Per raggiungerlo verrà scoraggiato l’ingresso di lavoratori non qualificati: a loro saranno concessi permessi di residenza “brevi”, della durata di massimo due anni.

Il discorso cambia, ma di poco, per i lavoratori Ue qualificati: per loro permessi di residenza più lunghi, da 3 fino a 5 anni. Fra le altre potenziali restrizioni, quelle riguardanti i ricongiungimenti familiari, col rischio che molte famiglie siano così divise. 

Quelle elencate dal Gardian sono proposte: devono essere approvate dai ministri e “sono soggette ai negoziati con l’Ue”. Per il momento nulla di già deciso. Eppure spaventa e dispiace sapere che il Regno Unito, e soprattutto Londra, potrebbe diventare così poco inclusiva e aperta.

Il post Brexit per Theresa May: niente “porte in faccia”

Ovviamente le possibili misure anti-immigrazione europea hanno creato preoccupazione. E domande.

La premier Theresa May, nel corso del Question Time ai Comuni, rispondendo a una interrogazione di Ian Blackford, capogruppo dell’Snp, ha detto che l’immigrazione nel Regno Unito deve scendere a “livelli sostenibili”. Ovvero al di sotto della soglia dei 100mila nuovi ingressi l’anno. May ha sottolineato anche che l’elevata immigrazione riduce i salari per la popolazione non abbiente. Ed è da cercare qui, probabilmente, la spinta più forte che ha portato alla Brexit.

Altro rappresentante del governo chiamato a rispondere sull’argomento è Michael Fallon, ministro della Difesa. Interrogato da Sky news in merito alle rivelazioni del Guardian sul “piano segreto” di Downing Street per ridurre il numero di immigrati dall’Ue, ha detto: “Noi vogliamo attirare persone non chiudere porte in faccia”. Aggiungendo poi: “Sull’immigrazione bisogna trovare un punto di equilibrio”. Ed è a questo che, dice, lavorerà il governo nei prossimi mesi: delineare un programma per regolare i flussi dall’Unione europea dopo la Brexit.

Federica Macchia