Potrebbe finire presto la “pacchia” per i grandi colossi del web: la Commissione Europea è allo studio per varare una normativa che introduca una web-tax e che consenta di tassarli a prescindere da dove hanno la residenza fiscale, aggirandone così le strutture elusive

Mentre ogni singolo paese continua a “prendersela” giustamente con i cittadini che non pagano le tasse, evadondole o elundendo le disposizioni di legge, grazie a escamotage o difetti normativi, spesso anche riducendo sul lastrico persone in difficoltà e impossibilitate a pagare, i grandi evasori il più delle volte rimangono esenti, liberi di continuare a non pagare le tasse.

Questo purtroppo è quello che succede quotidianamente, anche in Italia, nei paesi dove i sistemi tributari andrebbero magari rivisti. I più poveri non possono fare altro che pagare (ma spesso preferiscono anche suicidarsi), i più ricchi, sfruttando la loro posizione di vantaggio iniziale, riescono ad non apparire nel paese in cui si trovano e così a pagare le tasse altrove, se non a non pagarle per niente.
Lampante esempio di tale situazione ce la danno i grandi colossi del Web, che fino ad ora sono riusciti a pagare il minimo sindacale le tasse in tutto il mondo, spesso eludendo i sistemi attraverso raffinati escamotage. Prendiamo Google che ha recentemente ragiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate italiana pagando una cifra molto minore agli 800 milioni di evasione che le erano stati contestati per aver omesso di dichiarare l’Ires dal 2009 al 2013. Stessa cosa per Apple qualche tempo prima, ma gli esempi si sprecano.

Quasi tutti i colossi del web sfruttano il principio della residenza fiscale, imposto dall’Unione Europea ai suoi membri in alternativa al principio della fonte (il primo stabilisce che il contribuente paga le tasse su tutti i guadagni realizzati, a prescindere da dove, nel paese dove ha la residenza legale, il secondo consente al contribuente di pagare le tasse nei singoli paesi dove ha prodotto i singoli guadagni).
Ogni Stato ha la possibilità di aderire all’uno o all’altro principio, ma come è facile comprendere quello della residenza è prevalente perchè consente allo stato di accaparrarsi lui stesso unicamente tutti i guadagni provenienti dalla tassazione del contribuente.

Il sistema è vantaggioso anche per le grandi realtà industriali e ancor di più per i giganti del web che per definizione non hanno una vera e propria presenza fisica ma, via web, possono essere ovunque (e guadagnare ovunque) e allo stesso da nessuna parte o in un posto solo. Basta piazzare la propria sede legale in un paese esentasse o con regimi altamente agevolati per sottostare esclusivamente a quel regime tributario, anche se i guadagni vengono prodotti altrove.

L’Agenzia delle Entrate italiana si è trovata negli ultimi anni a dover “combattere” l’elusione e l’evasione fiscale dei colossi del web- Ultimi esempi gli accordi raggiunti con Google e Apple dopo aver attivato ancheindagini penali

Tale elusione, pertanto “consentita” per via di una falla dell’intero sistema è possibile “legalmente” solo ai colossi industriali, soprattutto per quelli che operano nel settore del web per i motivi suddetti, in quanto se un cittadino persona fisica provasse a fare ciò (sono in molti a farlo ma a proprio rischio), magari aprendo una società fittizia o reale avente sede legale fuori dal paese dove ci si trova, utilizzandola esclusivamente come schermo per intestarle i propri guadagni, rischia di sconfinare nella responsabilità penale.

Niente di questo succede ai colossi del web, ai quali già da tempo molti paesi europei, che hanno tassazioni più elevate generalmente di quelli non europei, chiedono di pagare più tasse e pagarle dove producono i singoli redditi, cercando di fermare l’enorme e raffinato sistema elusivo di cui godono.
Proprio questo è l’intento sotteso all’introduzione di una vera e propria “web-tax”, che “colpisca” veramente i giganti del web e paventata con più energia negli ultimi giorni.

I Ministri dell’Economia di Roma, Parigi, Belino e Madrid hanno firmato congiuntamente un documento con il quale affermano con forza: «Non accetteremo più che queste aziende facciano affari in Europa pagando qui solo una minima parte delle tasse. È in gioco l’efficienza economica, come lo sono la correttezza nel pagare le tasse e la sovranità degli Stati. Dobbiamo continuare a lavorare attivamente su di esse tuttavia devono essere completate. Vorremmo andare avanti rapidamente a livello comunitario. Perciò chiediamo alla Commissione europea di esplorare le opzioni compatibili con la legge Ue e proporre ogni effettiva soluzione basata sul concetto di istituire una equiparazione fiscale sul fatturato generato in Europa dalle compagnie digitali».

I firmatari chiedono chiaramente che venga emanata una legge specifica per i colossi del web ispirata chiaramente al principio della fonte e che eviti alle sofisticate strutture elusive di poter operare tranquillamente, a partire dal “Double Irish” e “Dutch Sandwich”, tanto amati da Google, Facebook, Amazon e tanti altri.

Della proposta (rumors dicono che potrebbe avere ad oggetto singoli accordi con le grandi aziende del web per una tassazione pari al 2-5%) se ne parlerà seriamente al prossimo vertice Ecofin, la riunione tra i Ministri delle Finanze in programma a Tallin il 15 e 16 settembre, nella quale speriamo si arrivi ad una conclusione (l’accordo sulla web-tax) che permetta di raggiungere un pò più di equità e giustizia fiscale.

Lorenzo Maria Lucarelli