Il complesso rapporto tra moda e sostenibilità arriva ad una svolta: il comitato europeo su clima ed ambiente stabilisce nuove regole per l’abbattimento di consumi e sprechi. Entrerà in vigore entro il 2028 e ha l’obiettivo di stabilire un equilibrio tra produzione e consumo, cercando una soluzione nel prodotto finale e la sua longevità. Una mission complessa ma che, secondo istituzioni e legislazioni, può rappresentare una svolta storica per la produzione di massa ed il suo coinvolgimento ambientale.

Moda sostenibile: ora tocca all’industria della moda a basso costo

Industria tessile - Photo Credits diregiovani.it

Dopo gli ultimi eventi di sensibilizzazione al tema del fashion sustanibility, i grandi brand del luxury hanno rivisto la loro produzione, incrementando la sostenibilità nel processo produttivo. Ora è la moda di massa, con i grandi colossi internazionali, a doversi impegnare per un futuro green, e con questi anche l’Europa. Nasce dalla crescente consapevolezza ambientale la decisione dell’Unione Europea di introdurre nuove regole sulla sostenibilità volte a modificare l’assetto produttivo della moda ‘’a larga distribuzione’’. I cosiddetti big seller della moda a basso costo sono tra i principali responsabili di sovrapproduzione e spreco tessile, alla cui origine vi è il suo essere accessibile a tutti, la sua breve durabilità, e la gratificazione istantanea: tutte parti che contribuiscono a creare un divario sociale tra chi può e chi non può, consolidando l’idea che la moda sostenibile sia un lusso per pochi. Da una parte è da riconoscere che il green richiede un investimento considerevole in un primo momento, ma il guadagno può essere doppio, e non solo per l’etica ma anche per l’economia, che vedrebbe un aumento di richiesta per i singoli prodotti e non più per l’intera produzione. Ma porre fine alla moda di massa non è la soluzione, perché vorrebbe dire annullare le abitudini dei consumatori, portando ad una sensibile perdita economica per i guadagni nazionali, bensì è corretto andarla a sostituire con una nuova struttura, più green e meno grigia, il cui compito di costruirla, secondo molti, è dovere delle istituzioni.

Le nuove normative e le sue sanzioni

E proprio per questo l’Unione Europea ha realizzato un elenco di raccomandazioni per aiutare i consumatori a scegliere sostenibilmente ed eticamente, la cui lista ha richiesto una definizione più chiara della moda a larga distribuzione, secondo criteri di costo, qualità e quantità, che da ora sarà controllata regolarmente e sottoposta a rigide misure di emissione ed inquinamento. Per chi non si atterrà alle nuove normative le sanzioni saranno doppie rispetto a prima, e prevederanno la chiusura di quelle società ritenute dannose. Gli aggiornamenti legislativi però non riguardano solo l’ambiente ed il supporto a questo, ma la riduzione di sostanze industriali, di microplastiche e la dispersione di agenti artificiali, impone ai grandi colossi del fashion di monitorare attentamente le proprie risorse, dosandole. Questo porterebbe ad una crescita della qualità di vita dei lavoratori, mantenendo l’equilibrio tra etica produttiva e morale lavorativa. E se si guarda indietro ad anni passati, quando lo scontento dei lavoratori era ritenuto secondario in nome dell’incessante produzione e guadagno, questo può essere il principale obiettivo a breve termine che le società possono raggiungere.

L’informazione come nuovo obiettivo delle regole antispreco

Ogni anno, in Europa si accumulano 5,8 milioni di tonnellate di rifiuti tessili. Ogni secondo, riportano i media, un carico di prodotti tessili viene gettato in inceneritori, generando un inquinamento del 40per cento. In un anno viene smaltito il 60per cento di tessuti realizzati in quello stesso periodo, e solo il 20per cento del rimanente è impiegato in attività di riciclo.

‘’Sono informazioni reali che si avvalgono di studi concreti. La comunicazione deve essere concreta ed efficace, e non può accettare che le informazioni riportate vengano modificate a seconda dell’uso e del guadagno.

spiega la Commissione che tra le varie battaglie intraprese vuole lucidare l’argomento sulla disinformazione. Per le istituzioni è importante chiarire alcuni termini che offuscano il messaggio, a volte alterandone il contenuto, come la diffusissima terminologia ‘’eco-friendly’’, con la quale si dice tutto e nulla. Per combattere questo, le informazioni i da riportare sulle etichette dovranno illustrare tutti i processi di produzione, incluse le tecnologie usate e i materiali, dei quali dovrà essere specificata anche la provenienza. Così, insieme all’uso di materiali sostenibili, pratiche produttive eco-compatibili, anche l’informazione diventerà una priorità per l’industria, rendendo necessarie le parti di ricerca e sviluppo per scoprire alternative sostenibili ai materiali tradizionali.

Luca Cioffi

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