Stiamo per arrivare al rientro a scuola per molti studenti, e questa riforma sta prendendo una piega sempre più ambigua: si rischia che il diritto allo studio diventi preparazione al lavoro.
A settembre si torna a scuola. Ma insegnanti, studenti e famiglie si trovano molto diversa da quella degli anni precedenti. Sta per entrare in vigore l’ennesima, distruttiva riforma della Scuola. Probabilmente avrà un impatto paragonabile – se non peggiore – della “Buona Scuola” di Renzi.
Una misura che sembra essere diventata una misura indispensabile dopo i disagi della Pandemia. Ma va detto che nessuno ha capito come mai.
Riforma della scuola e PNRR
L’attuale riforma scolastica avanza nel silenzio pressoché totale di istituzioni, sindacati e organi di informazione. Il governo Draghi ha pianificato la riforma su mandato europeo, ma questa è poi stata implementata in perfetta continuità dal Governo Meloni. La riforma fa parte a tutti gli effetti del PNRR, il piano straordinario di investimento dell’UE finalizzato a ridare fiato agli Stati membri provati dalla Pandemia.
Si compone di quattro nuovi pilastri introdotti nell’edificio dell’Istruzione italiana con il probabile scopo di poter abbattere a tempo debito tutti gli altri, resi inutili. L’operazione è andata avanti senza alcun clamore, con interventi normativi allegati a semplici decreti-legge, senza il vaglio parlamentare o un vero dibattito pubblico. C’è chi dice sia stata compiuta con: mezzi (e finalità) palesemente incostituzionali.
La scuola, con questa riforma, si sta trasformando in un lavoro
Sarà infatti il lavoro –piuttosto che la cultura – la nuova finalità dell’istruzione. Dalla fase fondamentale alla scoperta di sé attraverso la trasmissione della conoscenza sociale, la Scuola sarà degradata a componente della riforma del lavoro, liberando le imprese dal peso della selezione e della formazione del personale. La riforma, infatti, introduce due nuovi insegnanti nelle matricole e nelle seconde superiori (il secondo grande cambiamento):
docenti e tutor di orientamento. La sua missione è da un lato quella di aiutare gli studenti a scegliere anticipatamente il loro futuro professionale e dall’altro quella di consigliare gli studenti sui percorsi di studio gratuiti più adatti a questa professione. Nella New School, infatti, non tutti gli studenti impareranno sempre la stessa materia o nello stesso modo, ma ogni studente seguirà un processo di apprendimento personalizzato per aiutarlo ad acquisire conoscenze e competenze specifiche per il lavoro futuro.
Nel tempo, priveranno il Consiglio di Classe del privilegio di condurre in modo coordinato il progetto formativo dello studente e di valutarne i progressi oi ritardi secondo le attuali modalità didattiche che hanno come target l’intero corpo studentesco umano. Si potrà influenzare e limitare la libertà d’insegnamento per adeguarsi alle esigenze delle aziende e della produttività del “futuro”… E non so se sia un bene.
La retorica pericolosa del “merito”
Il concetto di “merito” è in effetti il terzo caposaldo della riforma. Il merito è stato un grande vessillo politico finora: su di esso ha propagandato il governo Meloni fin dalla nuova denominazione del Ministero dell’Istruzione (appunto).
Forse i veri obiettivi di questo tanto decantato programma di premi sono fin troppo ovvi. In primo luogo, l’uso di armi di estorsione contro la libertà professionale degli insegnanti (articolo 33 della Costituzione), che, nel quadro attuale, costituisce un ostacolo insormontabile alla ri-regolamentazione delle loro attività didattiche. Le qualifiche etiche e professionali degli insegnanti per le quali gli obiettivi di riforma sono raggiungibili possono essere raggiunte confrontando gli stipendi, i gradi scolastici interni e i trasferimenti esterni basati sul merito. In secondo luogo, coinvolgere gli insegnanti nel processo di riforma:
Con gli “opposti” relegati in fondo alla classifica, essere insegnanti “degni” non significherebbe altro che sostenere acriticamente la visione socio-pedagogica che ne è alla base.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine