Si è finalmente concluso, dopo più di 150 giorni, lo sciopero degli sceneggiatori della WGA che, per cinque mesi, ha tenuto ferme praticamente tutte le produzioni hollywoodiane. È di certo un risultato storico, che scrive una nuova pagina nel rapporto tra Major e maestranze americane. Un accordo vantaggioso, sì, ma che accontenta un po’ tutti e che tira le redini di quelli che saranno gli agreement futuri (ogni tre anni gli accordi sindacali vengono ridiscussi). Ma non è finita qui, gli attori del SAG-AFTRA sono ancora in sciopero e ora hanno una base da cui poter partire per trovare, anche loro, un’intesa che permetta a tutto il mondo cinematografico di ripartire. Ma quali sono state le conseguenze di queste proteste? E qual è l’avvenire che aspetta ad un’industria cinematografica in ginocchio e che si sta ancora riprendendo dal blocco Covid? Il futuro non è perduto, ma, di certo, è meno roseo di quanto si possa pensare.

Sciopero degli sceneggiatori: l’accordo

Sciopero degli sceneggiatori: l’accordo è stato raggiunto

Partiamo dalla base. Quali sono gli accordi raggiunti tra produzioni e sceneggiatori? I punti fondamentali, e che più premevano al WGA, sono in parte stati raggiunti. Ed è sicuramente una vittoria rispetto al muro creato dai produttori il primo maggio scorso. In particolare, si è raggiunta un’intesa sull’utilizzo delle IA, che verrà enormemente limitato nonostante uno spazio di manovra e sperimentazioni da parte degli studios. Alle case di produzione sarà vietato il loro utilizzo per la creazione di materiale originale o per la stesura di script partendo da un soggetto di uno sceneggiatore. Allo stesso tempo, ai membri del WGA sarà permesso il loro utilizzo come strumento utile, a patto che gli studios indichino esplicitamente che è stata usata in un determinato prodotto. L’altro snodo fondamentale dell’accordo è quello sui residuals e i minimi salariali. Abbiamo visto, nei mesi precedenti, quanto i residuals fossero miseri e non rendessero giustizia rispetto agli enormi incassi che lo streaming permette di ottenere. L’incremento è del 12,5% rispetto all’accordo precedente. Non i 16 punti percentuale richiesti dal WGA, ma comunque un enorme cambiamento. Mentre per gli stream esteri il compenso si baserà sul numero complessivo di abbonati. Una vittoria enorme, ma che lascia comunque uno spazio di manovra fumoso alle piattaforme circa l’indicazione dei loro abbonamenti. Certo, il sindacato avrà accesso alle ore di streaming di ogni singolo prodotto, ma questo non vieta, ad un’azienda privata, di gonfiare o sgonfiare i propri numeri. Non esiste un garante né negli Stati Uniti, né tantomeno in Italia, in cui l’Auditel non ha potere sui dati delle piattaforme e il concetto di share ha perso tanto valore. È una questione, più che sindacale, statale, ma probabilmente non sarà affrontato nel prossimo futuro. Resta il fatto che questo accordo è una base, un punto di partenza a cui sia gli attori sia chi ridiscuterà tra tre anni il contratto attingerà. E il suo raggiungimento è stata la cosa migliore che potesse capitare, in questo momento, ad entrambe le parti. Molti sceneggiatori si trovavano sulla soglia del fallimento, così come i maggiori studios erano entrati in un vortice di perdite massicce da cui faticheranno ad uscire. Ed è proprio questo il futuro dell’industria.

Il futuro

La crisi non è scongiurata, è solo stata limitata. Le produzioni ripartiranno (dopo la fine dello sciopero degli attori) e lo faranno tutte insieme, in una corsa sfrenata alla ricerca del prodotto di mid season. Gli sceneggiatori saranno pochi e gli attori ancora meno, con un conseguente flusso di prodotti ancora molto limitato. Una situazione pari a quella post lockdown. L’audiovisivo americano ci metterà tanto tempo a riprendersi da una botta del genere. Quella che è stata una vera e propria lotta di classe ha avuto la sua conclusione ma, come in tutte le rivoluzioni, le conseguenze non sono immediate. E da un punto di vista spettatoriale ciò che più cambierà sarà, probabilmente, il minor numero di prodotti il prossimo anno. Poco male, a veder bene. E tutti gli studi di posa sparsi per il mondo (anche la stessa Roma con Cinecittà) si ritroveranno pieni per mesi interi. Il collo di bottiglia alla ripartenza sarà inevitabile. Ed è altrettanto palese che tutto ciò fungerà da punto di partenza e presa di coscienza da parte dei sindacati. Probabilmente neanche loro avevano coscienza di tanto potere decisionale negli accordi e di una forza tale da fermare la più grande macchina audiovisiva del mondo. I toni duri di protesta saranno lo spauracchio delle decisioni future, in cui la classe lavoratrice tornerà, sempre di più, ad avere consapevolezza del proprio potere.

Alessandro Libianchi

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