L’ospedale più grande di Gaza, al Shifa, ha smesso di funzionare da sabato. Sono in “tragico aumento” le vittime tra i pazienti, anche tra i neonati prematuri. Gli ospedali di Gaza sono a un punto di non ritorno. Il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha descritto la situazione come “disperata e pericolosa”, in particolare nell’ospedale di al Shifa, il più grande della Striscia, che da sabato ha praticamente smesso di funzionare. 

Il numero delle vittime tra i pazienti, compresi i neonati prematuri, sta “tragicamente” aumentando, mancano cibo, acqua, elettricità e internet, i costanti bombardamenti a pochi metri dalla struttura e gli spari dei cecchini impediscono alle decine di migliaia di persone rifugiate all’interno di fuggire. “Il mondo non può rimanere in silenzio mentre gli ospedali, che dovrebbero essere un posto sicuro, sono trasformati in luoghi di morte, devastazione e disperazione”, ha scritto Ghebreyesus su X, chiedendo un immediato cessate il fuoco

Secondo diverse testimonianze raccolte sia dai media internazionali che dalle principali organizzazioni umanitarie, l’ospedale di Gaza è di fatto assediato e attaccato direttamente dall’esercito israeliano, nonostante Tel Aviv continui a negare ogni responsabilità, sostenendo che ci siano solo dei combattimenti in corso nell’area. Le Nazioni unite riportano della morte di almeno 12 pazienti e tre infermieri da quando è iniziata l’interruzione della corrente. Tra questi, l’Onu parla di due neonati prematuri, il viceministro del ministero della Salute di Gaza di cinque. 

Un medico dell’ospedale di Gaza ha inviato a Reuters diverse foto che mostrano la condizione del reparto di terapia intensiva neonatale, dove le incubatrici hanno smesso di funzionare e più di 30 neonati in pericolo di vita sono stati radunati in un’unica sala chirurgica riscaldata. 

Prima le voci di un’intesa per il rilascio da parte di Hamas di 80 fra donne e bambini israeliani in cambio di donne e giovani palestinesi detenuti in Israele. Poi lo stop all’accordo da Hamas dopo il duro assedio operato all’ospedale di Al Shifa messo in ginocchio dalla mancanza di carburante vitale per le infrastrutture sanitarie, carenza che ha provocato già la morte di 5 neonati prematuri e 7 malati in terapia intensiva. “Temiamo che il bilancio sia destinato a salire – ha dichiarato Youssef Abu Rish, viceministro della Sanità nella Striscia – a causa dei combattimenti in corso e della carenza di carburante. Un contesto che vede un rimpallo di accuse fra Hamas e Israele sul rifiuto del gruppo islamico di 300 litri di combustibile.

Il direttore dell’ospedale Muhammad Abu Salmiya ha detto ad Al Jazeera che le dichiarazioni dell’esercito israeliano secondo cui la struttura avrebbe rifiutato un’offerta di carburante sono “propaganda”. Abu Salmiya ha confermato di essere stato contattato dagli israeliani due volte, “la prima per offrire 2mila litri, poi un’altra per 300 litri”. “Tenete conto che l’ospedale ha bisogno di 8mila-12mila litri al giorno”, ha detto, spiegando che 300 litri durano solo 30 minuti. Abu Salmiya ha anche parlato del luogo in cui l’esercito israeliano gli aveva detto che avrebbe lasciato il carburante e lo ha definito “pericoloso ed esposto a potenziali bombardamenti”. 

La situazione è critica in tutti gli ospedali della Striscia. La maggior parte sono ormai fuori servizio, molti sono circondati dai combattimenti e dalle forze israeliane e sottoposti a continui bombardamenti. L’ufficio per il coordinamento degli aiuti umanitari delle Nazioni unite (Ocha) ha detto che sabato l’esercito israeliano ha “colpito direttamente” diversi ospedali nella città di Gaza. 

Dal momento che molti degli ospedali hanno cessato le operazioni e fanno anche fatica a comunicare con l’esterno, il bilancio delle vittime fornito finora quotidianamente dal ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas, è fermo agli 11.080 morti dichiarati venerdì, ma il personale sanitario parla di centinaia di morti in più.