Dopo le innumerevoli manifestazioni pro indipendenza, va in scena anche la marcia unionista. In piazza una marea umana: forse la famosa maggioranza silenziosa dei catalani che vogliono restare con il Regno di Spagna. Intanto il premier Rajoy e il suo governo lanciano moniti contro il presidente catalano Carles Puigdemont. La dichiarazione di indipendenza potrebbe costargli il carcere.
Immagini della marcia unionista a Barcellona credits:Un corteo numeroso, formato da centinaia di migliaia di persone, 350mila per la polizia, 950mila per gli organizzatori: questa è la marcia unionista di Barcellona. Secondo l’emittente Tv3, la più grande manifestazione unionista mai svoltasi nella capitale catalana.
Questa sarebbe la risposta della maggioranza silenziosa dei catalani che vogliono restare a far parte della Spagna. Un fiume giallo e rosso che invaso il centro di Barcellona, bandiere spagnole alla mano, per opporsi ai piani di Carles Puigdemont. Il presidente catalano potrebbe proclamare, forse già martedì 10 ottobre, l’indipendenza.
Fra gli slogan cantanti dalla folla, i più popolari sono proprio contro il presidente catalano, come: “Puigdemont in prigione!”. E non risparmiano il capo della polizia catalana dei Mossos (“Trapero traditore!”). La marcia unionista viene chiusa dal premio Nobel per la Letteratura, Mario Vargas Llosa, che afferma:
“La passione può essere pericolosa quando la muove il fanatismo e il razzismo. La peggiore di tutte è la passione nazionalista”
E poi aggiunge: “Un’immensa massa di catalani non accetta di vedersi imposto un golpe e scende in strada per la legalità e per la libertà”. Ma Puigdemont non arretra e si appella alla legge del referendum e all’applicazione dei risultati. Così come non arretra Rajoy nelle 48 ore più difficili della Catalogna.
La Marcia Unionista di Madrid: la richiesta
Il tema della manifestazione pro Spagna Unita è “Prou! Recuperem el seny”, ovvero “Basta! Recuperiamo il buon senso”. Al di là dei numeri, delle polemiche sulla validità del referendum e di quelle sulla partecipazione anche a questo corteo, il motivo che ha alla sua base sembra oggettivamente giusto e ragionevole.
I protagonisti del caso Catalogna: Puigdemont e Rajoy credits: LaVanguardia.comLa manifestazione di oggi chiede ai due protagonisti della crisi, Rajoy e Puigdemont, di parlarsi, dopo settimane di muro contro muro. E cercare una soluzione alternativa a un botta e risposta che da prima del voto si può riassumere in “Faccio quello che chiedono i catalani e che ho deciso” contro un “Invio l’esercito e rispondo con la forza perché quello che fate è illegale”. E in fondo, un po’ di pensiero laterale non farebbe affatto male alla situazione della Catalogna. E della Spagna.
Alla marcia unionista di Barcellona sono stati chiamati a partecipare militanti e simpatizzanti del Partito socialista catalano. Hanno aderito al corteo anche i centristi di Ciudadanos e i popolari del premier Mariano Rajoy. Il premier spagnolo ha incoraggiato i manifestanti con un tweet:
“In difesa della democrazia, della Costituzione e della libertà. Preserveremo l’unità della Spagna. Non siete soli”
Indipendenza della Catalogna: il veto del governo Rajoy
Nella giornata della marcia unionista il premier spagnolo Mariano Rajoy ribadisce il veto all’indipendenza della Catalogna. Suo e del governo, che affida le sue affermazioni a più di un rappresentante. Madrid impedirà l’indipendenza catalana e il governo “farà tutto il necessario”.
Concetti variamente declinati che si traducono anche nell’affermazione di Soraya Saenz de Santamaria. La vicepremier di Madrid ha detto infatti che la dichiarazione di indipendenza domani in parlamento del presidente catalano Carles Puigdemont “non rimarrà senza risposta” da parte dello stato spagnolo. Ovviamente se ci sarà una dichiarazione di indipendenza.
Fa eco anche il vicesegretario del Pp Pablo Casado. Duro il suo monito al presidente Puigdemont: se dichiara l’indipendenza rischia di finire in carcere come il suo predecessore Lluis Companys che tentò di proclamarla nel 1934.
Alla fine di questa lunga giornata e in attesa dell’epilogo del caso Catalogna, non resta che affidarsi al buon senso. In fondo il senso della marcia era questo.
Federica Macchia