Impala chiede accordi con Spotify. L’Associazione della Musica Indipendente chiede infatti una modifica delle retribuzioni tramite royalties. La piattaforma musicale aveva recentemente stabilito una soglia di 1000 stream annui per il pagamento. Ma ora Impala chiede una modifica.

Impala e Spotify: quali sono le priorità

Secondo i gestori del DSP, il nuovo modello di retribuzione potrebbe aumentare i ricavi di artisti “professionisti ed emergenti” di oltre 1 miliardo di dollari, nei prossimi cinque anni. Come già riferito, sono state confermate le sanzioni a distributori ed etichette colpevoli di azioni fraudolente volte ad alterare il conteggio degli stream. Impala ha però chiesto una serie di domande tra cui “la proposta è stata discussa con le autorità di regolamentazione?” oppure “come si eviteranno potenziali esiti anticoncorrenziali?”. E ha esposto le proprie perplessità sul tema, opponendosi, per esempio, sul principio di uno “strumento senza mezzi termini” che demonetizza completamente il repertorio a vantaggio di brani più popolari”.

E aggiunge: “Riteniamo che i dati relativi a qualsiasi cambiamento debbano dimostrare che le etichette e gli artisti più piccoli e meno affermati non ci rimettano. Così come il repertorio dei cataloghi più profondi e, naturalmente, i territori più piccoli, i generi specializzati e i brani più lunghi”. Helen Smith, presidente esecutivo di Impala, ha continuato. “Condividiamo lo stesso obiettivo di promuovere un ecosistema di streaming più equo. E concordiamo sul fatto che il volume di contenuti che attualmente inonda la piattaforma aperta di Spotify è insostenibile.”

“Accogliamo con favore alcuni elementi della nuova proposta, ma allo stesso tempo chiediamo garanzie e aggiustamenti. Soprattutto dove c’è il rischio di un impatto sproporzionato sugli artisti emergenti, sui mercati più piccoli. E, naturalmente, sui generi di catalogo e specialistici, che sono molto importanti nel settore indipendente sia per le etichette che per gli artisti”, conclude.

Marianna Soru

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