Si conclude il COP28 a Dubai con nuovi accordi e normative per tutelare l’ambiente e le sue risorse, e con la fine di questo appuntamento il 2023 si può definire come l’anno della sostenibilità, con più di 10 eventi dedicati svoltisi nelle principali capitali internazionali. Un anno in cui istituzioni governative ed industria si sono mosse attivamente per cercare di modificare il percorso produttivo in relazione al futuro ambientale. Ma quali sono, ad ora, le informazioni in merito all’eco-compatibilità della catena produttiva? E sopratutto questa attività di valorizzazione della sostenibilità è già attiva nella pratica? Secondo lo studio annuale di Wrap, l’organizzazione che approfondisce il rapporto uomo-ambiente, i tempi di produzione sono ancora lunghissimi.
Wrap 2023: lo studio sulla sostenibilità
L’organizzazione a tutela dell’ambiente, WRAP ha condiviso online il suo studio annuale dal quale si evince che le società firmatarie del programma inglese Textiles 2030 hanno raggiunto da una parte gli obiettivi sull’eco-compatibilità ma dall’altra i tempi di produzione sono aumentati. Un equilibrio che se non conservato potrebbe portare ad una crescita del consumo. Sebbene per la singola produzione si stia attestando una riduzione del consumo dei macchinari e delle materie prime, la crescita viene meno quando la produzione collettiva continua ad aumentare. Secondo Wrap, nel periodo tra il 2019 ed il 2022, il consumo da parte delle 130 società sotto studio sarebbe diminuito del 12per cento, ma dall’altra parte la quantità dei prodotti realizzati e venduti è aumentato del 13per cento. Sul totale del consumo prodotto dalle società studiate, le cifre mutano scendendo solo del 2per cento.
Produzione e consumo
Tenendo presente che il fashion è il secondo ambito produttivo per consumo, con il suo 10per cento, ed il Regno Unito è il primo paese per acquisti e consumo, e che il cittadino inglese acquista circa 28 capi tessili all’anno, le cifre riguardanti la produzione continuano a salire. Ma secondo Wrap servirebbe un piano di modifica strutturale al rapporto tra brand, consumatore e prodotto, e questo consiste nell’allungare la vita di un bene, sopratutto se questo è un bene di lusso. Il lusso deve così aprirsi all’uso di tessuti riciclati e non solo nuovi, permettendo al recyled di crescere e farsi conoscere, portandolo ad aumentare del più del 9per cento ad ora registrato. Ma il lusso non è nuovo a progetti di recupero, da Diesel con il denim a Gucci con le borse icona che rimesse a modello rinascono in altre forme pur mantenendo gli stessi pellami, serve però che questi progetti non riguardino solo il prodotto finito ma coinvolgano sin da subito l’industria che li realizza. Ma come può questo attuarsi? Avvicinando il consumatore al processo realizzativo del prodotto, rendendolo partecipe, grazie al Passaporto Digitale del Prodotto il quale però non è stato ancora inserito da tutti i brand nelle fasi di costruzione di abiti, borse ed accessori.
Il ruolo dei social media nella collettività
Rimane il tema del consumo con il quale anche il PPD deve relazionarsi, e che spesso non viene considerato come questione primaria perchè si nasconde dietro la moltitudine dei prodotti. Aprendo i social media appaiono individualità intente in acquisti incessanti, ma che raramente vengono visti come una moltitudine perché l’utente è abituato a riconoscere questi casi come singoli e lontani, quando questi se uniti rappresentano il 40per cento della popolazione. Così i social hanno un ruolo importante nel percorso di umanizzazione dei temi ambientali, che formano l’occhio del pubblico e lo guidano alla comprensione dei grandi temi sociali. Temi come quello dell’eco-compatibilità che hanno la priorità per la società, la quale dovrebbe, secondo l’organizzazione Wrap, rivedere i propri principi di uso e riuso.
Luca Cioffi
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