“Viviamo un tempo in cui mi è difficile far parte degli ottimisti”. Lo ha detto la senatrice a vita Liliana Segre, in un dialogo con Enrico Mentana in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze storiche dall’Università Statale di Milano in occasione del Giorno della Memoria.  

“C’è qualche cosa di già sentito, di già sofferto. Ho delle amiche carissime che mi dicono ‘in questo momento di forte recrudescenza dell’antisemitismo, stai a casa’. No, non è vero, io non posso rivivere dei tempi in cui nella sala da pranzo piccolo borghese, io bambina sentivo dire ‘meglio non uscire, meglio non farsi notare’. ‘Perché?’, dicevo io, che per carattere ero sempre portata ad andare fuori. E dopo tanti anni sentirmi dire ‘non farti vedere'” riporta a “quel ‘perché lì, quel perché intimo, umano, tragico, di tempi che credevo perduti, quel perché lì io adesso che sono così vecchia, sono io che lo grido. Ma siccome di solito non grido, sono una persona tranquilla, una donna di pace e sono anche molto vecchia, io lo porto dentro di me quel perché”. Ricordando di essere “nata a Milano in via San Vittore, da genitori milanesi, con un nonno che qualche volta parlava in dialetto dicendo parole che sono stampate nella mia testa, io che sono una milanese da sempre, quando mi sento dire ‘stai a casa, non uscire, non farti vedere’, mi chiedo ‘perché?'”.  

“Quel che sta succedendo e quel che è successo il 7 ottobre mi hanno messo in una condizione che non avevo vissuto prima” ha detto la senatrice a vita. Raccontando della sua passione per i bambini, Segre, a proposito dei tanti morti in Medio Oriente ha detto che “nella spirale dell’odio più crudele, delle cose più spaventose, dal 7 di ottobre in poi sono i bambini di tutti i colori, di tutte le religioni, di tutte le appartenenze, quelli che mi trovano una nonna disperata a vedere una cosa di questo genere. Che questi bambini vengano uccisi per l’odio degli adulti che non si ferma mai, loro che sarebbero il futuro di popoli fratelli, è una cosa che mi ha dato una forma di disperazione serale”. Da qui il racconto di “quando mi trovo da sola ad affrontare la notte. Più si diventa vecchi e più la notte diventa difficile. E non c’è notte dal 7 ottobre che non mi tenga in parte sveglia a pensare a quello che succede. E poiché io sono una donna di pace mi ha sempre fatto soffrire l’odio tra le parti e la vendetta che non concepisco. La notte è come ‘La notte’ di Wiesel, è la notte nell’indifferenza generale, l’indifferenza non è legata al sole, ma al buio delle menti”.