Le veline fasciste erano delle note provenienti da fonti esterne a un organo di Stampa il cui compito era dare indicazioni sulle notizie da pubblicare. Il termine deriva dal verbo velinare che in gergo giornalistico indica proprio l’atto di comunicare a una redazione giornalistica una notizia, attraverso una nota, conformandosi alle direttive di un centro detenente il potere.
Le veline fasciste e il controllo dell’informazione: cosa succedeva durante il ventennio
Non è un segreto che durante il ventennio fascista l’informazione fosse controllata in modo massivo. Oggi quando si parla di veline l’immaginazione rimanda alle vallette televisive che si esibiscono su note musicali; eppure, veline è un termine legato al mondo del giornalismo e, storicamente, associato al fascismo.Le veline fasciste erano dei comunicati stampa – ufficiosi – che il regime inviava a giornali o organi preposti alla comunicazione per informarli, a loro volta, su determinate notizie che dovevano essere divulgate. Le note, che arrivavano dall’Ufficio Stampa di Benito Mussolini, erano scritte su carta da copia già predisposta alla pubblicazione. Il verbo ”dovere” non è usato a caso; i comunicati che giungevano agli organi di stampa erano veri e propri ordini la cui diffusione era obbligatoria e, al loro interno, vi erano predisposte anche alcune indicazioni che i redattori erano tenuti a seguire.
L’espressione ”velina”, inteso come concetto impiegato nel mondo del giornalismo, trae origine dalle veline utilizzate dal regime contenenti disposizioni che il fascismo impartiva alla stampa. Le note erano distribuite su carta velina, un tipo di carta molto leggera, sottile e in genere traslucida, in quanto scritte a macchina; la produzione di questi comunicati era di solito abbastanza copiosa, per cui più sottile era la carta più aumentava la possibilità di scrivere diversi eventuali comunicati con una singola battitura, ponendo la carta carbone nell’intermezzo fra una copia e l’altra.
Dal termine velina, fra l’altro, deriva anche il verbo velinare; in gergo giornalistico rimanda alla diffusione di una notizia che si conforma alle direttive di un centro che detiene il potere. Attraverso le veline fasciste, il regime esercitava una massiccia attività censoria nei confronti della Stampa, della quale deteneva controllo diretto; Il 10 ottobre 1928 a Palazzo Chigi, parlando ai Direttori dei giornali italiani, Benito Mussolini afferma:
«Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa e un regime: è libero perché, nell’ambito delle leggi del regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione».
Benito Mussolini, Da un discorso ai giornalisti a Palazzo Chigi il 10 ottobre 1928
Fascismo e interferenza con la Stampa: le note-ordini del regime
Nei primi anni del fascismo il controllo della Stampa era detenuto dall’Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio, organismo creato ad hoc da Mussolini nel 1923. Nel 1934 un decreto legge trasforma l‘Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio in Sottosegretariato per la Stampa e la Propaganda; successivamente elevato a Ministero per la Stampa e la Propaganda (R.D.L. 24.6.1935).
Il 1º ottobre 1937 nasce il Minculpop, ovvero Ministero della Cultura Popolare che aveva diretto controllo anche sulla SIAE e l‘EIAR. Dagli archivi sembra che l’accezione di velina intesa come nota preposta a coordinare e condizionare l’attività giornalistica risalga già al 1932. Sul sito dell’Accademia Della Crusca si legge:
«Già prima degli anni trenta si dotò della contigua accezione di ‘copia di un testo dattiloscritto, ottenuta mediante la carta carbone’. Assunse inoltre ad uso dei tipografi, verso la metà del secolo, il valore specialistico ma prolifico di ‘foglio di carta speciale per la stampa’ e ‘prova di composizione da stampare’ in offset o a rotocalco. Sulla base del significato di ‘copia di testo dattiloscritto’ velina accolse poi, grazie a un vigoroso trapasso dal concreto all’astratto, quello “politico” di ‘comunicazione inviata dalle autorità fasciste a un giornale, allo scopo di condizionarne l’attività’. I repertori lessicografici ne registrano la presenza con ritardo (1960); solo il Grande Dizionario Italiano dell’Uso di Tullio De Mauro (Torino, UTET, 1999-2000) ne anticipa l’apparizione al 1945, rinviando forse a giornali o riviste del tempo. Ricerche nei testi di memorie e nelle trattazioni storiche sul giornalismo di regime confermano che questa sua accezione cominciò a essere divulgata soltanto a guerra finita. Gli archivi però rivelano che essa risaliva al periodo fascista, forse già al 1932».
” Origine e significato di velina”, Sergio Raffaelli, pubblicata su La Crusca per voi (numero 27 ottobre 2003)
Nel gennaio del 1932 l’Ufficio Stampa di Benito Mussolini inizia, concretamente, a interferire con la Stampa; con i giornali di partito e con quelli ”indipendenti”. La diffusione delle veline fasciste avveniva con delle regolari comunicazioni alle redazioni di tutta Italia dove le direttive del regime erano trasmesse telefonicamente e trascritte in brevi testi per conservare l’integrità dell’informazione. La terminologia burocratica per indicare la diffusione di queste comunicazioni era note di servizio. Proprio per preservare l’informazione ricevuta e agevolarne la diffusione, le redazioni provvedevano alla tempestiva trascrizione di quanto appreso scrivendo in più copie utilizzando la carta velina e distribuendola ai redattori.
Le veline fasciste non erano solo dei taciti suggerimenti del regime verso il mondo del giornalismo; queste note indicavano come riportare la notizia, che taglio darle, il titolo da apporre e i vari contenuti. In un linguaggio colloquiale, tale azione si potrebbe definire una vera e propria interferenza nella Stampa; non si potevano contestare, erano solo ordini che dovevano necessariamente essere eseguiti. Interessante notare come il vocabolo sia rimasto in gergo giornalistico per indicare comunicazioni ufficiose con cui enti di potere suggeriscono come presentare una notizia.
Veline fasciste, esempi
Le veline fasciste decadono in seguito all’Ordine del Giorno Grandi il 25 luglio 1943, data che segna la caduta del fascismo. Tuttavia, ricompaiono nel settembre dello stesso anno con la proclamazione della Repubblica Sociale Italiana, regime collaborazionista voluto da Hitler e guidato da Mussolini, il cui fine era quello di governare parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi dopo l’armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943. Le note di servizio del regime resteranno fino al 24 aprile 1945, giorno prima della Liberazione. Di seguito, alcuni esempi di veline fasciste:
- 21 Ottobre 1933: Il Corriere della Sera e il Mattino hanno pubblicato due disegni riproducenti il Duce. Uno è piaciuto, l’altro no; vale quindi, anche per i disegni, la norma vigente per le fotografie e cioè che debbono essere precedentemente presentate all’Ufficio stampa del Capo del Governo per avere l’autorizzazione alla pubblicazione.
- 11 Luglio 1935: Si fa assoluto divieto di pubblicare fotografie di carattere sentimentale e commovente di soldati in partenza, che salutano i loro cari
- 17 Luglio 1935: Il Messaggero è stato sequestrato per una foto che si risolveva in propaganda pro Etiopia.
- 7 Dicembre 1935: Non pubblicare, nelle corrispondenze, notizie dei bombardamenti dei nostri aerei nell’Africa Orientale.
- 4 Gennaio 1936: Non pubblicare fotografie sul genere di quella pubblicata questa mattina dal Messaggero, che dimostrino intimità dei nostri soldati con abissini.
- 4 Novembre 1938: Entro domani o dopodomani pubblicare qualche bella fotografia di funzionari in uniforme. Non scrivere sotto le fotografie a quale Ministero appartengono.
- 13 Giugno 1939: Ignorare la Francia. Non scrivere nulla su questo paese. Criticare invece sempre e comunque l’Inghilterra. Non prendere per buono nulla che ci venga da quel paese.
Il dissenso dei giornalisti del tempo e uno sguardo al mondo di oggi
Con l’istituzione del Minculpop i contenuti ispezionati non riguardavano solo arte, letteratura, ma ogni forma di comunicazione doveva passare in radio e giornali; anche il controllo dell’informazione politica diventa più serrata. I giornalisti, infatti, potevano riportare esclusivamente notizie inviate dal Minculpop; la repressione della libertà era quindi dietro l’angolo, i giornalisti di regime avevano il solo compito di esaltare il Mos Maiorum fascista e riportare le loro verità.
Il dissenso da parte di una fazione di giornalisti che non vedevano di buon occhio il controllo della libertà di Stampa non è mancato; la partecipazione dei fascisti italiani alla Guerra civile spagnola diventa l’avvenimento storico predominante che provoca l’aumento di giornalisti dissidenti, come Indro Montanelli, e la relativa cancellazione dell’albo; Ennio Flaiano, per esempio, passa all’attività clandestina come conseguenza. Sono stati giornalisti antifascisiti Piero Gobetti, Corrado Alvaro, Ernesto Rossi, Giovanni Amendola e proprio quest’ultimo spronerà Benedetto Croce, giornalista e filosofo, alla realizzazione del Manifesto degli intellettuali antifascisti. Amendola in una lettera del 20 aprile 1925 scrive:
«Caro Croce, avete letto il manifesto fascista agli intellettuali stranieri? … oggi ho incontrato varie persone le quali pensano che, dopo l’indirizzo fascista, noi abbiamo il diritto di parlare e il dovere di rispondere. Che ne pensate voi? Sareste disposto a firmare un documento di risposta che potesse avere la vostra approvazione? E, in caso, vi sentireste di scriverlo voi?»
Carteggio Croce-Amendola, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, 1982
Il giorno dopo, Bendetto Croce risponderà:
«Mio caro Amendola … l’idea mi pare opportuna. Abbozzerò oggi stesso una risposta, che a mio parere dovrebbe essere breve, per non far dell’accademia e non annoiare la gente. »
Carteggio Croce-Amendola, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, 1982
Oggi la libertà di stampa a livello mondiale è, purtroppo, minacciata dall’AI, dalla disinformazione, dalla propaganda e anche dai contenuti fake. Le analisi compiute dal World Press Freedom Index non sono rosee; in numerosi paesi la libertà dei media non è in condizioni ottimali. Come riportato sul sito del World Press Freedom Index:
«La situazione è “molto grave” in 31 paesi, “difficile” in 42, “problematico” in 55 paesi e “buono” o “soddisfacente” in 52 paesi. In altre parole, l’ambiente per il giornalismo è “cattivo” in sette paesi su dieci e soddisfacente solo in tre su dieci.»
2023 World Press Freedom Index – journalism threatened by fake content industry
Christophe Deloire,Segretario generale della RSF afferma:
«L’indice mondiale della libertà di stampa mostra un’enorme volatilità delle situazioni, con grandi aumenti e cadute e cambiamenti senza precedenti, come l’aumento di 18 posizioni del Brasile e il calo di 31 posizioni del Senegal. Questa instabilità è il risultato di una maggiore aggressività da parte delle autorità in molti paesi e la crescente animosità nei confronti dei giornalisti sui social media e nel mondo fisico. La volatilità è anche la conseguenza della crescita del settore dei contenuti falsi, che produce e distribuisce disinformazione e fornisce gli strumenti per fabbricarla.»
2023 World Press Freedom Index – journalism threatened by fake content industry
Stella Grillo