Statistiche alla mano, 8 giovani su 10 sono in burnout. Dobbiamo affrontare il problema dello stress della nostra generazione.

Il futuro sembra così vicino, eppure così lontano. Questa è la percezione della giovenù contemporanea. Lo stress e l’angoscia regna sovrana. Vivono sotto pressione per le richieste del lavoro, sono sfiniti dai ritmi sempre più massacranti. La giornalista Elena Fausta Gadeschi ci chiama “affossati”. Parla della mia generazione, composta da Millennial ma non esclude anche ragazzi della Gen Z che sono sempre più vittime del burnout.

Il Burnout sembra essere la nuova piaga del XXI secolo:

Il burnout non è semplice stress. Il burnout è un disturbo psicologico che si sviluppa in risposta allo stress cronico sul lavoro, caratterizzato da una sensazione di esaurimento emotivo, disinteresse verso il proprio lavoro e una ridotta efficacia professionale. Si manifesta quando un individuo è esposto a un carico lavorativo eccessivo e costante, senza avere le risorse necessarie per far fronte alle richieste professionali.

Secondo la Classificazione internazionale delle malattie (ICD-11) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il burnout è definito come una sindrome legata allo stress cronico sul lavoro che non è stato adeguatamente gestito. Si tratta di una condizione medica che influisce sul benessere mentale e fisico dell’individuo, compromettendo la sua capacità di funzionare efficacemente sul luogo di lavoro e nella vita quotidiana.

8 giovani su 10 sono in burnout:

Anche l’Oms ha riconosciuto il burnout “contemporaneo” come una condizione medica associata a stress cronico di un certo tipo: quello sul lavoro non adeguatamente gestito.

Non si tratta solo di mancanza di organizzazione, frequente soprattutto nelle aziende di piccole e medie dimensioni. Si tratta anche (e soprattutto) di mancanza di chiarezza riguardo alle mansioni da svolgere, carichi di responsabilità eccessivi e scarso salario. Problematiche che noi millennials (e chi dopo di noi) sente sulla propria pelle. Questi sono tutte questioni che più iluiscono sulla produttività del lavoro ma anche sullo stesso ambiente lavorativo (quindi i rapporti tra colleghi).

Le cause del burnout sono le stesse che rendono il lavoro un luogo di confusione e precarietà (oltre che, ovviamente, stress), con conseguenze importanti sulla salute dei dipendenti. La sua diffusione è ancora oggi sottovalutata eppure a livello globale si stima che la percentuale di lavoratori che sperimenta sintomi di burnout sia intorno al 20%. A rivelarlo è un sondaggio condotto dal McKinsey Health Institute.

Giovani e burnout, le statistiche:

Secondo il sondaggio su 30.000 dipendenti in 30 Paesi, il 22% dei lavoratori a livello globale sperimenta sintomi di burnout, sebbene esistano differenze sostanziali tra le nazioni. Dalla ricerca emerge che:

  • i tassi più alti sono registrati in India (59%),
  • i tassi più bassi in Camerun (9%).

Nonostante la percentuale di esaurimento delle forze e conseguente stanchezza fisica e mentale sia alta (43%), l’Italia si colloca piuttosto bene nella classifica con una percentuale del 16%. Ma chi sono i lavoratori che patiscono di più lo stress cronico sul posto di lavoro? Coloro che non ricoprono posizioni manageriali e i lavoratori più giovani. Secondo un altro sondaggio pubblicato su People management, circa il 50% dei dipendenti appartenenti a Gen Z e Millennial si sente stressato sul posto di lavoro per la maggior parte del tempo.

Ma da dove deriva la statistica nel titolo? Dal fatto che tra loro, l’80% sarebbe addirittura pronto a rassegnare le dimissioni per colpa di una cultura aziendale tossica. Ecco che si parla dunque 8 giovani su 10. E in un Paese come il nostro che fatica ad attrarre talenti, ma anche anche a trattenerli, l’emorragia di ragazzi è un pericolo grave e uno degli ostacoli maggiori per le aziende, che vedono a rischio la loro produttività.

Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine