Tra natura ed introspezione nasce il nuovo album di Luca Vicenzi e Davide Cappelletti
La vita è simile alla spuma di un’onda, successiva allo scontro di essa sugli scogli; si dissolve lentamente, senza rimanerne traccia. Ma nel momento in cui, onde susseguenti applicano lo stesso principio della prima, la spuma si amalgama con le altre, ed è allora che prende consistenza, non dissolvendosi mai. Il nuovo album “Godspeed” in uscita in dicembre 2017 del duo elettronico Cumino, è costituito da undici onde che susseguendosi rendono l’ascolto privo di dissolvenza, privo di scogli che possono interromperlo. E’ un mare in piena, trasporta emozioni, sensazioni, ricordi, stimoli, con i quali l’ascoltatore rammenta la propria esistenza attraverso un viaggio mentale più che fisico.
I Cumino nascono nel 2010 come duo di musica sperimentale dall’incontro di due ragazzi provenienti da scene musicali differenti ma che si incontrano in un’alchimia ben riuscita. Luca Vicenzi chitarrista e sperimentatore sonoro, (tra l’altro anche scrittore) e Davide Cappelletti (Hellzapop), producer elettonico e polistrumentista. Il loro sound si rifà allo stile dei Telefon Tel Aviv (IDM), a produzioni di artisti come Four Tet, Jon Hopkins e atmosfere rarefatte del gruppo inglese The XX con sound indie pop ed indie rock. Nel marzo 2012 rilasciano il loro primo album “Tomorrow in the battle think of me” in formato digitale e gratuito sul web, seguito dall’EP (extended playing) “Inner voice” e dall’altro EP “Just Melt”. Quest’ ultimo contiene 4 tracce estratte da colonne sonore di un documentario naturalistico manipolando i contenuti musicali. Il 18 novembre uscirà la nuova traccia “Pockets”.
Godspeed, prodotto e registrato presso Frequenze studio Monza, e masterizzato da Matteo Caldera al Glashaus Studio è un collegamento distaccato con la realtà, con cui intraprendere la voglia di conoscere e conoscersi. E’ un viaggio alla ricerca del sè, ed il loro sound misto di ambient, leggero dub ed elettronica è una piccola zattera che ci accompagna tra il passato, il presente ed il futuro. Synth e distorsori si muovono in questo Archipelago (traccia n.4) connettendo le varie isole con gocce di musica. Sonorità malinconiche fatte di arpeggi ed accordi gestiti dalla chitarra di Vicenzi accompagnati dai glitch imprevedibili causati da picchi brevi ed improvvisi delle onde sonore degli strumenti di Cappelletti.
La musica è un ode, un’evocazione della vita tra continui K.O e continue sofferenze, tra la determinazione di proseguire e la malinconia del dover fermarsi. Hyppocampo (traccia n.7) descrive benissimo queste diatribe esistenziali con giri jazz e kick di sottofondo affiancati sporadicamente dai toni bassi del phase dei sintetizzatori. Shelter (traccia n.8) si apre simulando le note dissonanti del film Eraserhead di David Lynch modificando la modulazione dell’onda sonora, accomunando l’ascoltatore a quella parte horror del film per poi proiettarlo in uno stato celestiale in cui sembra trovare la pace apparente a differenza del film!
In Steps (traccia n.11) i phase distortion rendono la sonorità del duo intrigante, scandita da piatti costanti e kick in chiave downtempo sottolineando il ritmo incessante di quell’oceano che tutto ingoia ma niente sputa, un continuo crescendo ove le speranze più profonde raggiungono quei fondali inesplorati, richiudendosi tra i riff della chitarra veemente di Luca Vicenzi.
Il culmine lo si ha all’inizio con Alps (traccia n.1). Il titolo è tutto dire, le Alpi, la grandezza, la magnificenza di guardarle dal basso, la velocità con la quale passa tutto in secondo piano rispetto alla società post-industrial di oggi, in quella rivoluzione industriale ove denaro e sentimenti sono contrastanti e gli ultimi per la salvaguardia del proprio io si corazzano di pietre per non aprirsi. Alps è l’opposto, è la voglia di cimentarsi alla ricerca di un posto nel mondo, facendosi più domande possibili e convivere con qui quesiti al fine di sorvolare la natura, con lo scopo di ritrovare se stessi.
Come dichiara la stessa band milanese: “A questo mondo imperfetto e alle moltitudini che ci si muovono dentro, alle cose mai fatte, a quelle fatte male e a quelle realizzate, alle porte mai aperte, a quelle che si apriranno in un futuro non scritto che si fa largo ogni giorno dentro al caos mentre cerchi di fermare il fiume con le mani o mentre lo assecondi facendoti portare. Alle solitudini e all’abbandono, al bisogno di calore e di starsi addosso, al mostrarsi, al nascondersi e all’accettare.”
Mattia Gargiulo