La nomofobia è una delle più recenti malattie causate dall’universo digitale. Questa patologia colpisce soprattutto giovani e giovanissimi ed è causata dalla dipendenza eccessiva dagli smartphone. Recentemente in Italia è stata presentata una legge bipartisan per introdurre il divieto di accedere e di usare piattaforme social per i ragazzi al di sotto dei 16 anni senza il consenso di un genitore o di un tutore.

Nomofobia, cos’è questa malattia e i dati italiani

La nomofobia e la dipendenza da smartphone, fonte terranuova.it
Nomofobia, fonte terranuova.it

Ansia, panico, agitazione, cambio continuo di umore e problemi ortopedici come il cosiddetto “collo da sms” sono solo alcune delle conseguenze che la dipendenza eccessiva da smartphone può comportare. Questo a causa di una vera e propria malattia dovuta alla paura ossessiva di rimanere scollegati dalla rete una volta che ci distacchiamo dai nostri dispositivi elettronici. Questo fenomeno prende il nome di nomofobia, una parola mutuata dall’inglese no mobile e phobia e colpisce giovani e giovanissimi non risparmiando nemmeno i bambini. Nel nostro paese, infatti, un rapporto dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, voluto da Save the Children, ha evidenziato come il rischio di esposizione costante a schermi digitali riguarda utenti sempre più piccoli.

Infatti nel nostro paese il 78,3% dei ragazzini utilizza internet tutti i giorni a traverso lo smartphone con aumento registrato durante il periodo della pandemia. Secondo il recente rapporto Eures circa l’82% dei giovani italiani rischia la dipendenza da smartphone. Infatti, secondo l’Istituto Demoskopica, oltre un milione di italiani manifesta un rapporto problematico con i social di cui 430 mila sono giovani tra i 18 e i 23 anni.

I provvedimenti nel mondo e la proposta di legge italiana

Di fronte al problema della crescente dipendenza dagli schermi digitali molti paesi hanno preso provvedimenti per tutelare i più giovani dai rischi connessi. Già dal 2018 in Francia, ad esempio, è vietato il cellulare a scuola per chi non abbia compiuto ancora 15 anni. In Inghilterra invece una circolare ne vieterà l’utilizzo anche durante la ricreazione per i ragazzi minori di 16 anni.

In America, nello stato di New York, la governatrice Kathy Hochu ha realizzato una proposta di legge attualmente in discussione. Se questo provvedimento legislativo venisse approvato, nello stato di New York sarebbe concesso l’uso degli smartphone a scuola solo senza connessione internet e per le comunicazioni tra ragazzi e genitori.

Nel nostro paese invece è stata presentata una proposta di legge bipartisan denominata “Disposizioni per la tutela dei minori nella dimensione digitale”. Essa cambierebbe le disposizioni del decreto legislativo 101 del 2018 secondo cui l’età minima per accedere alle piattaforme social è di 14 anni con tolleranza da parte dei gestori dei ragazzi di 13 anni. Se venisse approvata la nuova legge sarebbe prevista innanzitutto l’introduzione dell’obbligo della verifica dell’età al momento d’iscrizione alla piattaforma mentre sarebbe totalmente vietato l’utilizzo dei social per i minori di 16 anni senza il consenso o la presenza di un genitore o di un tutore.

Il comportamento responsabile dei genitori

Oltre a provvedimenti restrittivi dei singoli governi, per tutelare i più piccoli c’è bisogno anche di un’educazione consapevole da parte dei genitori che spesso non avviene. In un articolo su Today.it, lo psicoterapeuta Giuseppe Lavenia, presidente dell’Associazione nazionale dipendenze tecnologiche (Di.te.), ha affermato che:

Il 17 per cento dei bambini tra i 3-4 anni naviga già nell’universo digitale con smartphone e tablet di proprietà della famiglia e il 45 per cento di essi viene introdotto a questa tecnologia come forma primaria di intrattenimento. Questi numeri non sono semplici statistiche; riflettono una trasformazione culturale profonda nella quale la tecnologia digitale diventa protagonista già nelle prime fasi dello sviluppo”.

Molti bambini infatti imparano l‘uso del cellullare semplicemente come passa tempo dato loro dai genitori per tenerli buoni in sale d’aspetto o sui treni o la sera prima di andare a dormire. Occorre invece un utilizzo più consapevole con questi mezzi favorendo soprattutto il dialogo e il confronto con il minore a rischio dipendenza proponendo, spiega Lavenia,” alternative, spazi di condivisione e attività che possano riempire quel vuoto emotivo a cui il dispositivo sembra rispondere”.

La vera sfida infatti, conclude lo psicoterapeuta, “è educare e sensibilizzare sia i giovani sia i loro genitori sull’uso consapevole della tecnologia. È essenziale un lavoro di squadra che coinvolga istituzioni, scuole, famiglie e il tessuto sociale più ampio per creare un ambiente che promuova un equilibrio tra vita digitale e vita reale, facendo leva sulla formazione, sull’informazione e sul supporto piuttosto che sulla restrizione”.

Stefano Delle Cave

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