È del 29% il calo, calcolato su su base annua dell’utile netto trimestrale. Ali Baba da segnali di crisi? I segnali arrivano in un momento in cui il rallentamento economico di tutta la Cina pesa sulle famiglie e sulla redditività delle imprese. Il colosso cinese dell’e-commerce è, ed è sempre stato, un attore chiave dell’economia digitale. Diventando un vero e proprio modello di riferimento, la Cina ha pubblicato una nuova serie di indicatori deludenti che stanno frenando la ripresa. Questo accade nonostante le manovre del governo per rilanciare la crescita del Paese. Il gigante asiatico cerca infatti di superare una crisi senza precedenti del suo vasto settore immobiliare, e con consumi stagnanti dovuti alla sfiducia di famiglie e imprese.
Ali Baba in calo: cosa è successo?
Tuttavia, nel primo trimestre, il colosso ha registrato un esercizio fiscale contratto del 29% su base annua, attestandosi a 24,3 miliardi di yuan (3,08 miliardi di euro). Questo contro i 34,3 miliardi di yuan dell’anno precedente. Il suo fatturato totale è però aumentato del 4% a 243,2 miliardi di yuan: un totale di 30,8 miliardi di euro. Il giro d’affari delle sue principali piattaforme di e-commerce, Taobao e Tmall, è in calo dell’1% -sempre su base annua.. Questo cambiamento di comportamento ha consentito alla casa madre di Pinduoduo di superare Alibaba in termini di capitalizzazione di mercato lo scorso novembre novembre.
Jack Ma, fondatore del marchio ed ex uomo più ricco della Cina, è ora in pensione dal suo gruppo. Non molto tempo fa aveva spronato i suoi ex colleghi ad adattarsi a queste nuove abitudini di consumo, ma soprattutto ad osare di più. Nel 2020, Alibaba è stata la prima azienda digitale in Cina a subire la “vendetta del potere”: le autorità hanno frenato, all’ultimo minuto, quella che sarebbe dovuta diventare una delle più grandi raccolte fondi della storia (34 miliardi di dollari) per la sua ex controllata Ant Group. Che è anche proprietaria di Alipay, il sistema di pagamento telefonico tra i più popolari in Cina. Solo un mese dopo il colosso andò sotto indagine, per ostacolo alla concorrenza: la condanna è stata una pesante multa (2,3 miliardi di euro).
Marianna Soru
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