Lo avevamo lasciato in una situazione apparentemente tranquilla e conclusa. Invece, da Tutto chiede salvezza 2, non aspettatevi colpi di scena o un lieto fine idilliaco. Perché la bellezza di questa serie è proprio questo: la trasposizione della vita vera. Che, purtroppo, non è fatta di colpi di scena o incastri di trama. E lo sa bene Daniele, che viaggia sempre in bilico tra la normalità e la follia, malato di una malattia che non ha un nome. A salvarlo la piccola Maria (il nome è un omaggio a Mario), uno dei personaggi principali intorno alla quale ruota questa stagione.

Cosa aspettarsi da Tutto chiede salvezza 2?

Questa la sinossi ufficiale. “Sono trascorsi due anni da quando abbiamo lasciato Daniele e la nave dei pazzi. Molte cose sono cambiate: Daniele e Nina sono diventati i genitori della piccola Maria e poco dopo la sua nascita si sono allontanati. Li ritroviamo che si contendono l’affidamento della bambina con il supporto delle rispettive e diversissime famiglie. Daniele, dopo l’intensa esperienza vissuta durante la settimana di TSO, ha scelto di diventare infermiere e, grazie all’intervento della dottoressa Cimaroli, sta per entrare come tirocinante nell’ospedale in cui era stato ricoverato. Ha cinque settimane per dimostrare al giudice che quello può diventare un impiego stabile, accreditandosi come un genitore affidabile. In questa nuova veste, Daniele conosce i nuovi pazienti della camerata, che lo costringono a riflettere sul suo eccesso di empatia verso il dolore degli altri e che rischiano di farlo deragliare di nuovo”.

La bellezza di questa serie è che non ha nessun colpo di scena particolare, anzi. Racconta in maniera precisa e fedele quella che è la vita, fatta semplicemente di alti e bassi. Non ci sono colpi di scena, aggiustamenti di trama o avvenimenti forzati. La malattia, quella di Daniele e di tutti i suoi compagni, è imprevedibile. E ciò che dall’esterno può sembrare una persona tranquilla, senza pensieri, può invece covare un dolore immenso. Che è ciò intorno al quale ruota questa stagione. Daniele si chiede come mai sembra sempre che per gli altri il dolore non esista. Quell’invidia quasi cieca nei confronti di chi dall’esterno sembra non avere problemi. E viene spontaneo empatizzare con Daniele, proprio perché anche chi sembra estraneo al dolore lo maschera in realtà benissimo dietro l’odio.

I nuovi personaggi

Alcuni tra i temi riportati esprimono bene una situazione attuale: la mancanza di supporto nei confronti di queste strutture da parte degli organi competenti, in primis. Il difficile percorso di due genitori praticamente adolescenti (entrambi, Daniele e Nina, hanno poco più di 20 anni), che si dividono tra università, lavoro, la piccola Maria e la spensieratezza mancata. Affrontati benissimo sono anche i temi della disforia di genere e del razzismo, che traspaiono in modo personale, senza impartire nessuna lezione di vita.

Un’interpretazione magistrale quella di Drusilla Foer, che ci regala un monologo paurosamente bello e potente. Ed è li che la serie ci dimostra quanto, in realtà, ognuno di noi sta affrontando la sua battaglia. E tutti i personaggi sono in qualche modo collegati a questo potente dolore che, come un filo rosso, comanda la loro vita. Eppure, proprio come accade nel mondo reale, in qualche modo si va avanti. Con le ferite aperte e tanta fatica, si va sempre avanti.

Marianna Soru

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