Le firme vengono raccolte, quindi la Lega propone di sabotare il referendum di cittadinanza: l’insulto alla democrazia di un partito (e un governo) che attacca i diritti e le libertà dei suoi cittadini.
Il senatore della Lega Claudio Borghi sembra non aver ben compreso il significato della parola “democrazia” o forse non vuole semplicemente governare un paese che sia, com’è sempre stato, democratico. Infatti, recentemente annunciato l’intenzione di presentare una proposta di legge volta a eliminare la possibilità di raccogliere firme online per la richiesta di referendum. Casualmente, proprio dopo l’affluenza popolare massiva rispetto all’ultimo referendum. Il messaggio è chiaro: se il popolo esprime la sua volontà, questo governo vuole fermare il popolo, a costo di piegare la legge al proprio volere. Intendiamo permetterglielo?
Questa dichiarazione arriva a seguito del successo della raccolta firme digitale per il referendum sulla cittadinanza, solleva molteplici questioni sia di natura costituzionale che democratica. La proposta è non solo profondamente problematica dal punto di vista dei diritti civili, ma anche rivelatrice della paura che il potere della partecipazione popolare genera in una parte della classe politica.
Lega e referendum di cittadinanza: Borghi insulta i Padri Costituenti, non c’è altro modo per dirlo
La proposta avanzata da Claudio Borghi della Lega, volta ad abolire la raccolta firme online per i referendum di cittadinanza rappresenta un attacco diretto alla partecipazione democratica e ai diritti civili. Borghi ha giustificato la sua proposta sostenendo che la soglia delle 500.000 firme, stabilita dai padri costituenti, fosse stata pensata come un “traguardo difficile”, destinato a garantire che solo questioni di reale rilevanza arrivassero al voto popolare. Secondo Borghi, la facilità di raccolta delle firme tramite piattaforme digitali sminuirebbe questo strumento democratico, permettendo a influencer o gruppi organizzati di proporre referendum su temi marginali o strumentali, come ha ironicamente accennato con l’esempio di un referendum sull’abolizione del cappuccino.
Tuttavia, questa argomentazione è profondamente sbagliata e pericolosa. La soglia delle 500.000 firme non è stata concepita per essere un ostacolo alla partecipazione popolare, ma come una garanzia di serietà per i quesiti referendari, come discusso durante l’Assemblea Costituente. L’obiettivo era quello di permettere ai cittadini di incidere sulle decisioni politiche in modo significativo, senza rendere il processo inaccessibile o esclusivo. Borghi distorce dunque il significato originario della Costituzione, che non voleva limitare la partecipazione, ma incoraggiarla in modo responsabile. Questo è a tutti gli effetti un insulto alle basi di quella che, almeno in teoria, è la tenuta democratica del nostro paese, che è costata caro a chi ci permette ora di attraversarla.
L’inconsistenza allarmante delle argomentazioni della Lega rispetto al referendum: una spiegazione facile
Inoltre, la proposta di Borghi di abolire le firme online ignora la realtà del progresso tecnologico. Oggi la firma digitale è accettata in numerosi ambiti legali, fiscali e amministrativi (Borghi forse ignora l’esistenza e l’uso massivo della firma digitale ad oggi…) , dimostrando di essere uno strumento sicuro e affidabile. Se lo Stato italiano la riconosce per operazioni complesse, non c’è motivo di considerarla inadatta per la raccolta firme referendaria. Anzi, la digitalizzazione offre un’opportunità unica per ampliare l’accesso alla partecipazione politica, soprattutto per coloro che vivono in aree remote o che hanno difficoltà logistiche nel firmare fisicamente. Borghi (Lega) critica il referendum di cittadinanza e con le sue parole attacca la tenuta democratica, ma non è il solo nè il primo.
Invece di vedere la digitalizzazione come un’opportunità per avvicinare i cittadini alla politica, la percepisce come una minaccia alla “serietà” del referendum. Questo timore sembra più legato alla paura che questioni come i diritti civili possano ottenere slancio grazie alla maggiore accessibilità della raccolta firme. La sua proposta di abolire le firme online appare quindi non proprio una difesa della democrazi. Piuttosto come un tentativo di frenare l’ascesa di movimenti progressisti e inclusivi. Il messaggio è chiaro: il popolo utilizza uno strumento lecito e legittimo per contrastare una misura che considera autoritaria, quindi va decostruita la misura allo scopo di silenziare le richieste del popolo. C’è solo un modo per descrivere questa proposta: inaccettabile.
Abbiamo intenzione di subire altre minacce e attacchi ai nostri diritti civili?
Questa posizione non è solo antidemocratica, ma pericolosamente elitaria. La proposta di Borghi suggerisce implicitamente che il diritto di partecipazione dovrebbe essere limitato a chi può permettersi di superare barriere fisiche o burocratiche? Ciò esclude certamente di fatto gran parte della popolazione che potrebbe trovare più semplice ed efficiente partecipare tramite mezzi digitali. O anche solo sceglierlo, coerentemente con una democrazia che alla Lega (e non solo) sta sempre più stretta. Ridurre le opportunità di partecipazione, soprattutto in un contesto in cui i cittadini chiedono maggiore trasparenza e coinvolgimento, è grave. Significa allontanarsi dai principi fondamentali della democrazia rappresentativa e partecipativa.
In conclusione, la proposta di Borghi non è solo incostituzionale, ma rappresenta un attacco frontale ai diritti civili e alla democrazia stessa. Cancellare la raccolta firme online renderebbe più difficile per i cittadini far sentire la propria voce. Poi, soffocherebbe anche il dibattito su questioni cruciali, come la riforma della cittadinanza. È una mossa volta a limitare la partecipazione popolare e proteggere lo status quo.
Abbiamo ancora la struttura della democrazia, e non abbiamo paura di usarla
La proposta di Borghi di eliminare la raccolta firme online non è solo un attacco frontale alla democrazia partecipativa, ma si inserisce furbamente in un contesto storico di crescente disinteresse e disillusione politica. È chiaro che la Lega e altre forze conservatrici stanno cercando di sfruttare questo clima di apatia collettiva per restringere ulteriormente gli spazi di partecipazione popolare. La scarsa partecipazione civica non è un fenomeno isolato, ma una tendenza globale, che in Italia assume contorni particolarmente preoccupanti. L’astensionismo record nelle ultime tornate elettorali, la disaffezione verso i partiti e le istituzioni, e il crescente disinteresse verso i meccanismi democratici non sono altro che il terreno fertile in cui attecchiscono proposte autoritarie come quella di Borghi.
Va anche detto che la proposta di Borghi di eliminare la raccolta firme online si inserisce furbamente in un contesto di crescente disinteresse politico. La scarsa partecipazione civica è una tendenza preoccupante che stiamo osservando in Italia e altrove. Tuttavia, è importante sottolineare che, nonostante queste derive, la struttura formale della democrazia rimane intatta: il sistema referendario, la Costituzione, e i meccanismi di controllo democratico continuano a esistere, anche se indeboliti da una politica sempre più oligarchica e distante dai cittadini. Viviamo in quella che alcuni studiosi chiamano “società post-democratica“, dove le istituzioni democratiche restano in piedi, ma la partecipazione attiva è in declino.
La politica si sta trasformando in un gioco per pochi, dove il popolo è relegato a spettatore passivo, con il potere concentrato nelle mani di élite economiche e politiche sempre più distanti dalle esigenze quotidiane dei cittadini. Ma è proprio in questo contesto che proposte come quella di Borghi devono essere denunciate con fermezza. Ridurre gli strumenti di partecipazione, come la possibilità di firmare online per un referendum, significa aumentare ulteriormente il distacco tra cittadini e istituzioni, rendendo la democrazia ancora più inaccessibile per le persone comuni. È un disegno autoritario, mascherato da tecnicismo, che vuole approfittare della crisi della partecipazione per consolidare il potere di una minoranza, mentre la maggioranza resta sempre più emarginata dal processo decisionale.
Non un passo indietro, la Lega (o altri) non deve toccare il referendum di cittadinanza
Questo non significa che siamo impotenti. Come il referendum insegna, ci sono ancora strumenti per contenere le pericolose derive autoritarie del governo. Il problema non è tanto la mancanza di strumenti, quanto piuttosto la loro sottoutilizzazione. I cittadini devono riprendere in mano il proprio diritto di partecipare attivamente, informandosi e organizzandosi per usare al meglio questi mezzi. Se non lo facciamo, rischiamo di vedere questi diritti progressivamente erosi.
Borghi e chi sostiene proposte simili stanno chiaramente tentando di ridurre lo spazio di azione dei cittadini, limitando la loro capacità di mobilitarsi su questioni cruciali come la cittadinanza o i diritti sociali. Il loro messaggio è che meno partecipazione è meglio per il paese. Ma questo è il momento in cui dobbiamo essere più vigili, attenti e soprattutto informati. Usare i nostri diritti democratici non è solo un’opportunità, è un dovere. E se non li difendiamo, questo governo, che ha già dimostrato una propensione autoritaria, non esiterà a toglierceli del tutto.
Sta a noi, come popolo, riprendere la parola nel dibattito pubblico. La democrazia non è un meccanismo che funziona automaticamente: richiede la nostra attenzione, la nostra partecipazione e, soprattutto, la nostra vigilanza. Se non ci mobilitiamo ora, rischiamo di consegnare il futuro nelle mani di una politica sempre più lontana dai bisogni reali della gente.