Mentre noi guardiamo ai “nostri” iper-ricchi come Musk e Gates, c’è una dinastia immensamente più ricca di loro: i Saud in Arabia Saudita. Una critica all’iniqua distribuzione della ricchezza che, complice un sistema fiscale inadeguato, perpetua diseguaglianza sociale.

Quattro volte il patrimonio di Musk e Gates… Insieme. Così il Messaggero descrive questa famiglia. La famiglia Saud, al vertice della monarchia dell’Arabia Saudita, è considerata la dinastia più ricca al mondo, con un patrimonio stimato di 1,1 trilioni di sterline (1,4 trilioni di dollari). Questa cifra supera di gran lunga le ricchezze di noti magnati come Elon Musk, il cui patrimonio netto è di 264,8 miliardi di sterline (304 miliardi di dollari), e Bill Gates, con 81,5 miliardi di sterline (105 miliardi di dollari).

Anche la famiglia reale britannica, con un patrimonio complessivo di 69 miliardi di sterline (88 miliardi di dollari), impallidisce al confronto. Le loro proprietà includono il Ducato di Cornovaglia, la tenuta di Lancaster e prestigiose location come il Savoy Hotel e la Somerset House.

Una panoramica veloce, troppo ricchi, ma perchè? Ecco i Saud, la dinastia saudita

La straordinaria ricchezza dei Saud deriva principalmente dalle immense riserve petrolifere del Paese. Questo ha permesso loro di condurre uno stile di vita lussuoso, caratterizzato da jet privati, yacht, palazzi e collezioni d’arte di inestimabile valore. Tra gli acquisti più noti figurano un castello francese del valore di 235 milioni di sterline (300 milioni di dollari) e il celebre “Salvator Mundi” di Leonardo da Vinci, acquistato per 349,6 milioni di sterline (450 milioni di dollari). Inoltre, hanno acquisito uno yacht per 392 milioni di sterline (500 milioni di dollari). La famiglia Saud conta circa 15.000 membri, ma la maggior parte della ricchezza è concentrata nelle mani di circa 2.000 di essi. Il capo della dinastia, re Salman bin Abdulaziz Al Saud, regna dal 2015. Tuttavia, il figlio Mohammed bin Salman (MBS), attuale Primo Ministro, è già considerato il vero leader del Paese.

La sua influenza si estende a livello globale, grazie alla gestione delle risorse petrolifere e a investimenti strategici. Dopo il crollo dell’Impero Ottomano, le monarchie del Golfo hanno visto crescere esponenzialmente il proprio patrimonio. L’Arabia Saudita, insieme a Paesi come Bahrein, Oman, Qatar e Kuwait, continua a prosperare grazie alla dipendenza mondiale dal petrolio. La dinastia Saud, con il suo mix di ricchezze naturali e lusso, rappresenta oggi l’apice della potenza economica tra le famiglie regnanti.

Quanto valgono 1,1 trilioni di sterline?

Questi numeri sono così immensi che sembrano non avere una vera estensione, ma non è così. Per rendere comprensibile la ricchezza della famiglia Saud al lettore medio, possiamo fare alcuni paragoni. Il patrimonio della Casa Saud, stimato in 1,1 trilioni di sterline (1,4 trilioni di dollari), è equivalente a circa 16 volte il patrimonio di Silvio Berlusconi, che si attesta intorno ai 6 miliardi di sterline (7,5 miliardi di dollari).

In altre parole, se la ricchezza di Berlusconi fosse rappresentata da una modesta villa di lusso, quella della famiglia Saud sarebbe come possedere un intero quartiere di ville milionarie in ogni capitale del mondo contemporaneamente. Un altro esempio concreto: con 1,1 trilioni di sterline si potrebbero acquistare tutti i club calcistici delle prime divisioni europee più prestigiose (Premier League, Serie A, Bundesliga, La Liga e Ligue 1) e avanzerebbero comunque centinaia di miliardi. Questo patrimonio è così vasto che, se fosse suddiviso tra i circa 8 miliardi di abitanti della Terra, ognuno riceverebbe circa 137 sterline (170 dollari).

Per dare un ulteriore esempio, la famiglia Saud possiede una ricchezza quattro volte superiore alla somma dei patrimoni di Elon Musk e Bill Gates messi insieme, mostrando chiaramente la loro influenza economica spropositata rispetto anche ai maggiori capitalisti globali.

Storia di come sono diventati ricchi i Saud: dalle origini al petrolio in Arabia Saudita

La storia della dinastia Saud ha inizio nel XVIII secolo, quando Muhammad ibn Saud, leader di un piccolo emirato nella regione del Najd, si alleò con il predicatore riformista Muhammad ibn Abd al-Wahhab. Questa alleanza non fu solo religiosa, ma anche politica: la dottrina wahhabita, un’interpretazione ultra-conservatrice dell’Islam sunnita, divenne lo strumento ideologico per legittimare il potere della famiglia Saud, che aspirava a unificare le tribù frammentate della Penisola Arabica. Questo primo Stato saudita fu distrutto dall’Impero Ottomano nel 1818, ma la dinastia riuscì a riorganizzarsi e a fondare un secondo regno.

La svolta avvenne con Abdulaziz Ibn Saud, che tra il 1902 e il 1932 riconquistò e unificò la Penisola Arabica, proclamando la nascita del Regno dell’Arabia Saudita. La ricchezza della dinastia aumentò in modo esponenziale con la scoperta del petrolio nel 1938, grazie alle concessioni date alla compagnia statunitense Standard Oil (oggi Aramco). Da quel momento, il controllo delle riserve petrolifere più grandi del mondo ha garantito ai Saud un potere economico e politico senza precedenti.

Tuttavia, la ricchezza della famiglia Saud è stata spesso criticata per la mancanza di redistribuzione all’interno del Paese. Nonostante il petrolio abbia portato sviluppo, gran parte della popolazione vive con limitati benefici derivanti da questa immensa fortuna. L’Arabia Saudita rimane un Paese con profonde disuguaglianze, dove i diritti delle donne, delle minoranze religiose e degli oppositori politici sono frequentemente violati.

Geopolitica e riforme controverse: perchè i Saud sono troppo ricchi?

Negli ultimi anni, la guida della famiglia Saud è stata segnata dal protagonismo del principe ereditario Mohammed bin Salman (MBS), noto per le sue ambizioni riformatrici e per le controverse politiche interne ed estere. Il piano Vision 2030, lanciato nel 2016, promette di trasformare l’economia saudita, riducendo la dipendenza dal petrolio e promuovendo settori come il turismo, la tecnologia e le energie rinnovabili.

Nonostante i proclami modernizzatori, MBS ha attirato pesanti critiche per il suo approccio autoritario. La repressione degli oppositori politici, come il caso dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi nel 2018, ha scatenato condanne internazionali, evidenziando il lato oscuro del regime saudita. La famiglia Saud si è distinta per l’uso delle risorse petrolifere come strumento di potere geopolitico, influenzando mercati globali e sostenendo alleanze strategiche con gli Stati Uniti, l’Europa e, più recentemente, la Cina.

In politica estera, il regno saudita si è posizionato come contrappeso all’influenza iraniana nella regione. Questa rivalità si manifesta in conflitti per procura, come la devastante guerra in Yemen, dove l’Arabia Saudita è accusata di gravi violazioni dei diritti umani. Parallelamente, il governo di MBS cerca di ripulire la propria immagine attraverso iniziative di soft power, come l’organizzazione di eventi culturali e sportivi di rilievo internazionale, spesso accusati di essere un tentativo di “sportswashing” per nascondere le violazioni interne.

Critiche ai “troppo ricchi” Saud: la dinastia Saudita ha semplicemente troppi soldi

La straordinaria fortuna della famiglia Saud, stimata in 1,1 trilioni di sterline (1,4 trilioni di dollari), rappresenta uno dei maggiori paradossi economici globali. Mentre questa somma rende la monarchia saudita più ricca delle principali famiglie reali e dei maggiori imprenditori del pianeta, una larga parte della popolazione saudita vive con un reddito ben al di sotto delle possibilità offerte da una nazione con così tante risorse. La centralizzazione delle entrate petrolifere nelle mani di circa 2.000 membri della dinastia reale ha creato un sistema in cui i benefici economici rimangono confinati a un’élite estremamente ristretta.

Per comprendere l’entità di questa concentrazione, basti pensare che il 10% del PIL saudita è direttamente controllato dalla famiglia reale. Gran parte di questi fondi viene utilizzata per mantenere uno stile di vita caratterizzato da palazzi da miliardi di dollari, jet privati e collezioni d’arte inestimabili, spesso acquistate con fondi che, in altri Paesi, sarebbero destinati a sanità, istruzione e infrastrutture.

Un sistema economico basato sulla disuguaglianza

Nonostante il Regno sia il maggior esportatore di petrolio al mondo e uno dei Paesi con il più alto reddito pro capite della regione, molti cittadini sauditi soffrono di disuguaglianze economiche significative. Un esempio emblematico riguarda i lavoratori stranieri, che costituiscono oltre il 30% della popolazione e spesso vivono in condizioni precarie, percependo salari bassissimi per lavori essenziali ma sottovalutati.

Inoltre, mentre la famiglia Saud accumula ricchezze astronomiche, gran parte della classe media saudita dipende ancora dai sussidi statali per accedere ai servizi di base, una situazione aggravata dall’incapacità di diversificare l’economia in modo significativo. Gli investimenti nella sanità pubblica e nell’istruzione rimangono inferiori rispetto ad altre nazioni con risorse simili, alimentando ulteriormente il divario tra élite e popolazione comune.

Un sistema fiscale che peggiora queste premesse

In Arabia Saudita, la struttura fiscale differisce significativamente da quella di molti paesi occidentali. Tradizionalmente, il regno non ha imposto un’imposta sul reddito personale né una tassa sul patrimonio. Questo significa che né i cittadini comuni né i membri della famiglia reale, inclusi i Saud, sono soggetti a tassazione sui loro redditi personali o sulle loro ricchezze. La principale fonte di entrate per lo Stato saudita proviene dalle esportazioni di petrolio e gas, gestite principalmente dalla compagnia statale Saudi Aramco. Le entrate derivanti da queste risorse naturali hanno storicamente sostenuto le finanze pubbliche, riducendo la necessità di tassare i cittadini.

Tuttavia, negli ultimi anni, l’Arabia Saudita ha introdotto alcune forme di tassazione indiretta. Ad esempio, nel 2018 è stata implementata una tassa sul valore aggiunto (IVA) inizialmente al 5%, successivamente aumentata al 15% nel 2020. Questa misura è stata adottata per diversificare le entrate statali e ridurre la dipendenza dal petrolio. Per quanto riguarda la famiglia reale, non esistono informazioni pubbliche dettagliate sulle loro contribuzioni fiscali. Data la mancanza di imposte sul reddito e sul patrimonio, è probabile che i membri della famiglia Saud non paghino tasse personali significative. Inoltre, la gestione delle finanze reali è spesso caratterizzata da una notevole opacità, rendendo difficile determinare con precisione il loro contributo al fisco nazionale.

In sintesi, la struttura fiscale saudita, unita alla mancanza di trasparenza nelle finanze della famiglia reale, suggerisce che i Saud non siano soggetti a tassazione personale significativa. Questo solleva interrogativi sulla giustizia fiscale e sulla distribuzione equa delle risorse nel regno.

Opulenza astronomica e disagio sociale, il mondo in cui vivono ricchi come i Saud nella povertà della nazione Saudita

Un aspetto particolarmente critico è la mancanza di trasparenza nella gestione delle finanze statali, che rende difficile distinguere i fondi pubblici dalle ricchezze personali della famiglia reale. La monarchia Saud ha utilizzato la propria fortuna per consolidare il potere sia a livello nazionale che internazionale. Per esempio, si stima che centinaia di milioni di dollari siano stati spesi in acquisti simbolici come il castello Louix XIV in Francia (costato circa 300 milioni di dollari) e il controverso quadro “Salvator Mundi” attribuito a Leonardo da Vinci (450 milioni di dollari).

Questi acquisti, seppur giustificati come strumenti per migliorare l’immagine globale del Regno, sottolineano il divario tra le priorità della famiglia reale e le necessità della popolazione. In un Paese in cui il tasso di disoccupazione giovanile è ancora preoccupante, tali spese sembrano un insulto diretto ai bisogni reali della società saudita.

Petrolio e vulnerabilità economica, troppo ricchi i Saud, troppo iniqua l’economia Saudita

Nonostante i tentativi di diversificazione economica attraverso il piano Vision 2030, la dipendenza dal petrolio rimane un grave rischio per la sostenibilità della ricchezza saudita. Circa il 70% delle entrate statali proviene ancora dall’industria petrolifera, rendendo il Paese vulnerabile alle oscillazioni dei prezzi globali. Le ricadute della pandemia di COVID-19 hanno dimostrato quanto rapidamente una crisi globale possa erodere i bilanci di una nazione che fa affidamento su una risorsa unica.

Questa dipendenza ha effetti negativi anche sull’ambiente. L’Arabia Saudita è tra i principali contributori globali alle emissioni di CO2, e i piani di transizione verso energie rinnovabili sono ancora in una fase embrionale. La lenta risposta ai cambiamenti climatici non solo mina l’immagine del Regno, ma rischia di compromettere la stabilità economica di un sistema costruito interamente sul petrolio.

Tra propaganda e repressione: i ricchi Saud non sono espressione di un disagio solo Saudita

La famiglia Saud ha saputo mantenere il potere anche attraverso una gestione attenta del consenso politico. I proventi del petrolio sono stati utilizzati non solo per finanziare la loro opulenza, ma anche per comprare alleanze politiche e reprimere qualsiasi forma di dissenso. Le accuse di violazioni dei diritti umani, come il caso dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, mostrano come il regime saudita sia disposto a utilizzare ogni mezzo per preservare il proprio dominio. Inoltre, la monarchia investe ingenti somme per migliorare la propria immagine internazionale, ospitando eventi sportivi di livello mondiale e finanziando istituzioni culturali. Tuttavia, molte di queste iniziative sono percepite come tentativi di “sportswashing” per distogliere l’attenzione dalle problematiche interne, come la violazione dei diritti delle donne e l’incarcerazione di attivisti per i diritti civili.

La ricchezza della famiglia Saud non rappresenta solo un simbolo di potere economico, ma anche un fattore di divisione e disuguaglianza all’interno del Paese. Mentre i membri della dinastia continuano a vivere nel lusso, gran parte della popolazione saudita fatica a ottenere benefici concreti da questa fortuna. La mancata trasparenza, la dipendenza dal petrolio e le repressioni politiche indicano un sistema che privilegia l’élite a scapito della sostenibilità economica e sociale a lungo termine

I Saud non sono semplicemente un’anomalia saudita: sono il prodotto di un sistema capitalistico globale che alimenta disparità insostenibili. Il loro patrimonio, tanto vasto da sfidare ogni immaginazione, è il simbolo di un’economia che permette a pochi di accumulare così tanto denaro da non avere letteralmente il tempo per spenderlo, nemmeno impegnandosi. A questo punto, viene da chiedersi: questa ricchezza inutile li accompagnerà nella tomba, come un moderno rituale faraonico? Ma diversamente dai faraoni, non lasciano piramidi, solo un mondo sempre più iniquo.

Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine