Continua il dibattito sulla tutela dei diritti e il riconoscimento delle libertà anche agli esseri “non umani”. Il centro del dibattito è l’incredibile storia di Tommy e Kiko, due scimpanzé.

In questi giorni, negli Stati Uniti d’America, esattamente nello stato di New York, a suscitare scalpore e discussione è il caso di due scimpanzè, ingiustamente detenuti in gabbia dai proprietari.

I protagonisti sono Tommy e Kiko, due primati chiusi l’uno in una gabbia di cemento in un magazzino a Gloversville, l’altro in un negozio alle cascate del Niagara, nel mancato rispetto delle condizioni ideali del loro habitat, oltre che di salute.

La loro battaglia per la libertà è sostenuta dagli avvocati aderenti al progetto legale, “Non-human Rights Project”, unica associazione animalista che negli Stati Uniti, ha come missione quella di garantire il riconoscimento di diritti fondamentali, anche agli animali.
Questa organizzazione opera specificatamente su tre fronti: lite, ordine pubblico e formazione scolastica. In altri termini vengono presentate cause storiche, per l’ottenimento di diritti attraverso l’applicazione delle leggi di common law di habeas corpus ( che abbia corpo), con il conseguente lancio di campagne incentrate sui diritti fondamentali degli animali, per dotare di strumenti e risorse gli avvocati che offrono supporto ai casi di violazione degli scimpanzè.

Gia in passato ci furono numerosi tentativi di salvarli, purtroppo falliti a causa dei lunghi tempi di ricorso ai Tribunali, provocando la morte di alcuni. Fu il caso risalente al dicembre del 2013, dei 4 scimpanzè ,Tommy, Kiko, Hercules e Leo, rispetto ai quali i legali presentarono in Tribunale azioni volte a garantire l’ottenimento delle libertà e quindi “l’affrancamento” dalla schiavitù per usare il termine tipicamente riferito agli schiavi africani, facendo ricorso proprio alla stessa legge, che nel lontano 1839, li condusse alla libertà dopo essersi ribellati nella goletta negriera spagnola di “Amistad”.

Casualità fu che la notizia emerse solo ad un giorno di distanza dalla celebrazione della “Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù”, approvata il 2 Dicembre del 1949 dall’assemblea generale della convenzione delle Nazioni Unite, per la repressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui.

Attualmente riproposta, è la richiesta presentata dai legali di liberare Tommy e Kiko, in una riserva naturale presso il “North American Primate Sanctuary” la cui missione è avanzare e difendere il benessere dei primati in cattività, usati come oggetti di ricerca o sfuggiti da situazioni di violenza, ospitando oltre 700 esemplari non umani , tra cui scimpanzè, cappuccini, macachi, scimmie scoittolo, gorilla ecc…

L’obiettivo è quello di riportarli in un habitat il più possibile naturale, insieme ai loro simili, assicurandogli tutte le cure e l’accudimento necessari per tutto il resto della loro vita.

Lo spessore di questa vicenda, unito alla solidarietà di molti, ha innescato numerose riflessioni specie sul concetto giuridico di persona.

Molti intellettuali, filosofi e avvocati si interrogano infatti sul significato del termine, e in particolar modo sul perché ancora oggi, nonostante i numerosi progressi nel campo scientifico e tecnologico e con l’evolversi della morale, ci sia ancora questa arretratezza che porta a non equipare la razza animale a quella umana , nel riconoscimento formale di diritti legalmente tutelati come l’integrità e libertà fisica.

In particolare è la legge americana, quella che applica una netta distinzione tra “persone” e “oggetti”, e di conseguenza identifica questi animali come delle semplici cose, negando loro tutti i diritti a cui si ha accesso in quanto persone, nonostante essi siano dotati di una sensibilità e intelligenza fuori dal comune, impedendogli dunque la scarcerazione.

L’impressionante vicinanza nel Dna con la specie umana, rende gli sciampanzè la specie maggiormente simile agli uomini non solo biologicamente ma anche nei comportamenti, infatti questi animali giocano in modo inquietantemente simile ai nostri bambini, usano utensili “moderni”, utilizzano anche il linguaggio dei segni ( come il pointing), sanno riconoscersi vicendevolmente, quando avvertono o percepiscono pericoli sono in grado di dare allarme al resto del branco, e si lasciano andare anche a manifestazioni di affetto e solidarietà tipiche della specie umana.

Tutto ciò rende sorprendente la notevole somiglianza tra le due specie.

Proprio su questo riconoscimento verte il dibattito del filosofo Jeff Sebo, direttore del programma di studio sugli animali della New York University, ed esperto di etica animale. Infatti il professore è intervenuto più volte sul caso, e ha sottoposto alla Corte d’Appello una relazione a sostegno del riconoscimento dello stato di persone a Tommy e Kiko, insistendo inoltre sulla loro liberazione.
Essendo i concetti di “essere umano” e “persona” usati in modo interscambiabile, seppur nettamente distinti, il filosofo ha proposto come idea, quella di introdurre un nuovo concetto, ossia quello di “ persona non umana”, nel quale rientrerebbero tutte quelle specie che godono di alcuni diritti pur non appartenendo all’Homo Sapiens.

In base a ciò, è ingiusto considerare solo gli esseri umani come delle persone, perché visti come gli unici ad avere la capacità di utilizzare la ragione e il linguaggio articolato in maniera più elaborata rispetto a questa specie animale.

Infatti proprio perché queste scimmie fanno le stesse cose, dovrebbero godere anche esse degli stessi diritti legali.

Quindi è solamente sfatando queste convinzioni che si può spianare la strada per un mondo in cui gli esseri animali come gli umani, possano essere trattati nel modo più degno possibile.

Che sia finalmente questa l’occasione, in cui la denuncia di tale episodio, trasformi queste semplici constatazioni scientifiche in un vero e proprio successo legale?

Che conduca ad una equiparazione del mondo animale a quello umano, ad un riconoscimento dei loro diritti e ad una maggiore sensibilità e rispetto degli uomini nei confronti dei primati e non? Gli interrogativi sono molti!

Nonostante ciò, continuano le lotte per la scarcerazione di questi animali e le speranze nutrite, affinchè anche i nostri cugini primati siano inclusi in questa lotta per la libertà sono molte, ma al momento la strada da percorrere è ancora lunga.

Martina Onorati