“Festa di famiglia” è un vero tributo alla drammaturgia.
Andato in scena dal 4 al 6 maggio al Teatro Vascello, il dramma dai tratti ironici, al punto giusto, è uno spettacolo che merita attenzione, sia per quanto concerne la parte puramente testuale sia per il cast di alto livello, formato dalla compagnia delle “Miti Pretese”.
Il dramma è un fiore all’occhiello, grazie alla collaborazione drammaturgica dello scrittore Andrea Camilleri, unico nella sua genialità di scrittura e di creazione. Il testo è tratto dai testi Pirandelliani, i quali descrivono perfettamente il ruolo della donna e dell’uomo, dei rapporti affettivi e delle dinamiche famigliari.
“Festa di famiglia” è una riflessione acuta e intelligente sulla violenza e i soprusi, talvolta praticati proprio dentro le mura domestiche, in modo silenziosamente urlato. L’evento che scaturisce le varie problematiche è il sessantesimo compleanno di Donna Ignazia, madre di tre figlie tanto diverse ma vicine nel loro dolore interiore, nei loro singoli drammi.
Frida è paragonabile ad una “lupa” in vero stile Pirandelliano, sbarazzina e disinvolta, la “lupa” è una donna che porta con sé un dolore immenso, una violenza sessuale che l’ha macchiata di una vergogna che porta come un macigno. Il padre, ormai defunto, era il carnefice di questa nefandezza, colui che ha “assassinato” l’animo di sua figlia, rendendola una meretrice, una donna “peccaminosa”. Frida è in conflitto perenne con Ignazia, sua madre, che cerca di rimuovere inconsciamente ogni trauma familiare, colpevolizzando sua figlia di ribellarsi alla vita di bambina che le è stata tolta.
Mommina, è una madre e casalinga perfetta, una moglie fedele e vittima di abusi e di violenze da parte di un marito ossessivo. Mommina è il simbolo della nostra società, delle violenze domestiche e di un femminicidio imperante e purtroppo dilagante. Denuncia di codeste manifestazioni, “Festa di Famiglia” è un inno alla ribellione dinanzi ad ogni tipo di sopruso, è una lista di nomi di donne che hanno perso la vita a causa di uomini piccoli e violenti, proprio come Enrico.
L’ultima coppia, formata da Donata e Leone, è una coppia apparentemente infelice ma che difatti si ama in modo smisurato. Frustati dal non essere genitori, Donata recita perfettamente un ruolo che non è il suo; Una donna forte ed in carriera, la quale si rifugia in gocce ansiolitiche, affogando il suo dramma interiore in un mare di gocce, ma che non mitigheranno il turbinio della sua anima.
Festa di Famiglia è il caos Pirandelliano, quel caos che crea e distrugge la vita, in modo tumultuoso. Ma la vera “mater” del dramma è la donna, la donna che si ribella, la donna tormento ma ispirazione. La donna come dialettica degli opposti; bene o male. Donna fedele, come Caterina, la madre del poeta siciliano o donna come Giulia de la “A morsa”, una madre allontanata dalle proprie mura domestiche.
Una drammaturgia davvero interessante, dall’impronta religiosamente Pirandelliana. Sei attori di una bravura sincera, una veridicità inaudita. Le MitiPretese insieme agli interpreti maschili (Fabio Cocifoglia e Diego Ribon) hanno dimostrato e confermato un vero logos dinanzi l’arte teatrale e la recitazione.

Ultimo e non di certo per importanza, va ricordato l’ausilio drammaturgico operato dal grande ed inimitabile Andrea Camilleri. Come l’odore di lumia (limone n.d.r), disperso per le strade della Sicilia, Andrea Camilleri lascia il proprio essere in tutto ciò che fa e che scrive.