Ancora una volta un processo penale che termina con la prescrizione del reato. Ancora una sconfitta della giustizia italiana, oggi di fronte ad un padre che ha stuprato la figlia di appena 8 anni

I fatti risalgono a più di venti anni fa, quando un padre separato abusò della figlia di appena 8 anni. Gli inquirenti hanno stabilito con certezza che, tra il 1995 e il 19 l’uomo abusò della figlia, allora minorenne. Inoltre, egli acconsentì che alcuni suoi amici facessero la stessa cosa.

Divenuta maggiorenne, la ragazza ha deciso di denunciare tutto, dando inizio ad un processo penale terminato con una condanna a 10 anni di reclusione ma non confermata in appello.
La Corte di Appello di Venezia, infatti, ha statuito che, pur riconoscendo le responsabilità dell’uomo, egli non sarà condannato penalmente in quanto il reato si è ormai prescritto.

Il reato ipotizzato, la violenza sessuale, viene sanzionato con una pena che va dai 5 a i dieci anni di reclusione per l’ipotesi base e tra i 6 e i 12 nel caso ricorrano determinate aggravanti.

I fatti riaprono, di nuovo, l’eterno dibattito, a livello socio-politico e giuridico, sulla utilità e giusta applicazione della prescrizione nel nostro sistema.
L’uomo, che sarebbe dovuto essere condannato per aver violentato la figlia, non risponderà mai di tali atrocità. 

Il padre stupratore non sarà mai condannato perché la Corte di Appello di Venezia si è adeguata ad una recente giurisprudenza della Corte di Cassazione che, trattando un caso simile, ha abbreviato i tempi di prescrizione.

La prescrizione e il caso specifico della violenza sessuale su minori

Nel nostro ordinamento penale vige l’esigenza del contemperamento di interessi diversi: punire chi ha commesso un reato senza violare il giusto processo, passando per la necessità di garantire la certezza delle situazioni giuridiche. 
Deputato a questo scopo è l’istituto della prescrizione: se entro un certo termine colui che ha commesso un reato non viene condannato in via definitiva il reato si estingue. Non sarebbe accettabile condannare una persona dopo tanti anni dalla commissione del fatto. Né che un processo duri così tanto tempo che il reo non abbia la possibilità di sapere se sarà condannato o meno.

Il periodo di prescrizione corrisponde al massimo della pena edittale stabilita dalla legge, salva la determinazione di minimi comunque inderogabili. Per questo se la pena è minore il termine di prescrizione sarà minore, con ciò facilitando la prescrizione. Al contrario se il reato è più grave sarà sanzionato con una pena maggiore da cui deriverà un periodo più lungo di prescrizione.

Il periodo di prescrizione solitamente non risente di eventuali circostanze attenuanti o aggravanti, salvo che si tratti di “circostanza ad effetto speciale”, per le quali lo stesso legislatore stabilisce un aumento o diminuzione del massimo edittale della pena con conseguente riverbero sulla prescrizione.

Proprio questo è il caso di cui stiamo trattando. Quando la violenza sessuale è commessa “nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore […]”, o persona minore di 14 anni, il periodo di reclusione aumenta dai 5-10 ai 6-12 anni.
Così stando le cose, se tutto fosse andato normalmente, l’uomo per andare esente da responsabilità avrebbe dovuto far passare 12 anni dalla commissione del fatto, invece che 10. Potendo solo a seguito godere dell’inerzia del nostro sistema processuale.

La pronuncia della Corte di Appello di Venezia, però, rifacendosi all’orientamento maggioritario in Cassazione, ha stabilito che l’aggravante in questione non sarebbe un’aggravante ad “effetto speciale”. Pur essendo una circostanza “indipendente” non prevedrebbe una diminuzione/aumento di pena superiore ad 1/3, requisito che il legale per far sì che l’attenuante/aggravante esplichi i suoi effetti anche sul periodo di prescrizione.

Allora, la circostanza di cui stiamo parlando non consente di alzare a 12 anni il periodo di prescrizione (in quanto l’aumento di pena è inferiore ad 1/3), facendolo invece rimanere a 10, tempo trascorso  tra gli 8 e i 18 anni, età dopo la quale la ragazza ha denunciato i fatti ed è iniziato il processo.

Prescrizione sì prescrizione no: non tutto è perduto 

Dovendoci limitare a prendere atto di tale decisione, dobbiamo sottolineare che lo stesso giudice non l’ha però data completamente per vinta a quell’ignobile uomo che ha stuprato la figlia.

All’ormai donna, infatti, è stato riconosciuto il diritto ad un risarcimento pari a 100.000 Euro dal parte del padre.
Tale decisione evidenzia che i giudici hanno comunque preso atto della responsabilità anche penale dell’uomo in quanto, altrimenti, se nessun reato si fosse consumato a nessun obbligo di risarcimento civile collegato al reato l’uomo avrebbe potuto essere chiamato.

Ciò che però è inaccettabile è che ancora una volta un procedimento penale per fatti così gravi finisca con il nulla di fatto, causa prescrizione, con un responsabile a piede libero e una persona senza giustizia. Non solo per avversità ma anche per le lungaggini che affliggono i nostri tribunali e, a volte, l’inefficienza degli stessi giudici.

#Metropolitan Magazine Italia

Di Lorenzo Maria Lucarelli