“Andrà tutto bene” si leggeva sui balconi di un’Italia che esattamente un anno fa piombò in quello che probabilmente è stato, ed è tuttora, uno dei periodi più bui dei suoi ultimi decenni. No, non andava tutto bene. La pandemia ci ha tolto tanto, e non tutto ci potrà essere ridato. Ma ha saputo anche creare unità laddove sembrava non potesse esserci altro che incertezza e solitudine. Ad un anno dal primo lockdown, molte cose non sono cambiate e anche la speranza talvolta vacilla. Però è vero, che andrà tutto bene. O perlomeno dovrà farlo.
Un anno di incertezze e continue attese
Siamo stati travolti da un nemico comune, senza volto, se non quello della sofferenza degli anziani soli, dei medici stravolti, dei giovani spenti nei loro anni che dovrebbero essere di fuoco. Davanti a noi il sistema si è rivelato per quello che anche lui è: fragile. Siamo stati costretti a sperimentare convivenze a cui molte volte la nostra vita frenetica non lasciava spazio, soprattutto quella con noi stessi. Nella solitudine delle mura di casa le reazioni sono state tante e diverse, ma ora più che mai abbiamo capito quanto l’essere connessi con il resto del mondo ci leghi in un sentimento di fratellanza. Non potevamo fare altro che adattarci, e lo smart working si è rivelato un utile alleato.
Cosa ci ricorderemo di questo lockdown?
Le immagini che ci hanno accompagnato durante il lockdown sono state tante, e forti. Più di tutte quella che ci ha messo di fronte all’aspetto più tragico della pandemia: la fila di bare nelle vie di Bergamo. Tante altre ci hanno mostrato la solitudine di un’Italia che si è ritrovata avvolta da un silenzio dal quale nacquero però voci spesso soffocate dal nostro rumore, come quelle della natura. Un’altra forte immagine simbolo rimarrà quella di Papa Francesco in una Piazza San Pietro vuota, che ci ha ricordato la nostra impotenza davanti ad un nemico misterioso. Un nemico che ci sta destabilizzando e contro cui una battaglia è possibile solo unendosi davanti ad esso. Ed è così che l’immagine del presidente della Repubblica Sergio Mattarella da solo all’Altare della Patria per il 25 aprile ci ricorda di come una nazione unita in questi momenti sia il primo vaccino di cui abbiamo bisogno.
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Martina Maria Mancini