Addio a Mario Facco, simbolo della Lazio

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Lo scorso 31 agosto, dopo una lunga malattia, è morto a soli 72 anni Mario Facco, terzino destro della Lazio dal 1968 al 1974, autentico pilastro della leggendaria “Banda Maestrelli”, ovvero la Lazio più amata di sempre dai tifosi, quella che in soli tre anni, guidata dal genio di Tommaso Maestrelli e trascinata dai gol di Giorgio Chinaglia, riuscì nell’impresa di passare dalla serie B alla conquista del primo scudetto.

 Mario Facco con la maglia della Lazio (foto dal web)

Una squadra entrata di diritto nella storia della Lazio e del calcio italiano, fatta di giocatori tanto bravi quanto “folli” e di uno spogliatoio diviso in due fazioni in conflitto tra loro, in perenne precario equilibrio, sempre sul punto di esplodere ma gestito perfettamente e sapientemente da quel maestro di calcio che fu Tommaso Maestrelli, signore e allenatore d’altri tempi, volato via troppo presto e sempre rimpianto dai tifosi laziali.

Mario Facco era alla Lazio ancora prima dell’arrivo di Maestrelli e perse il posto da titolare proprio nell’anno dello scudetto, vista l’esplosione calcistica di Sergio Petrelli. Nel 1974/75 passò all’Avellino, dove divenne capitano, eppure il filo che legava questo ragazzo milanese, cresciuto nell’Inter, alla maglia biancoceleste non si spezzò più e divenne indissolubile. Oltre a diventare campione d’Italia, Facco vinse con la Lazio anche la Coppa delle Alpi nel 1971, l’ultima edizione con squadre italiane partecipanti; allenatore di quel gruppo era un altro mito biancoceleste, Bob Lovati, anche lui lombardo.

La Lazio campione d’Italia 1973/1974 (PHOTO CREDITS: Il Messaggero- Sport)

L’amore di Mario Facco per i colori biancocelesti era alimentato quotidianamente su Radio Sei, dove era opinionista apprezzato e rispettato: opinioni mai banali e libere, espresse con la competenza che aveva e con l’eleganza che lo caratterizzava, opinioni talvolta dure verso la squadra che ha amato fino alla fine ma sempre fatte con stile, senza mai scadere nel livore o nella sterile polemica: non a caso Stefano Greco, giornalista ed esperto di storia della Lazio, ricorda sul sito sslaziofans.it che «Mario era amato da tutti perché era un vero signore, quasi un Lord inglese».

La preparazione e lo stile di Facco sono stati apprezzati per lungo tempo anche dalla Rai, con la quale l’ex laziale ha collaborato come opinionista delle partite di Lega Pro. Con lui il mondo Lazio perde un simbolo, l’ennesimo andato via troppo presto nella storia travagliata della società capitolina: basti pensare al Maestro, a Re Cecconi, Frustalupi, Fiorini, Bob Lovati e Chinaglia, tutti protagonisti, eccezion fatta per Giuliano Fiorini, della Lazio campione d’Italia del 1974.

L’affetto dimostrato dai laziali in questi giorni per Facco sui social e nelle radio è stato immenso e durante la partita contro il Frosinone, che i giocatori biancocelesti hanno giocato con il lutto al braccio,  la Curva Nord ha esposto lo striscione «Ciao Mario Facco, cribbio», in ricordo di una sua espressione tipica dialettale. Purtroppo prima della partita, poi vinta dalla Lazio grazie al gol di Luis Alberto, non c’è stato neppure un minuto di silenzio: decisione questa che non è stata affatto gradita dalla maggioranza dei tifosi e che ha fatto discutere. Sicuramente un laziale come Facco avrebbe meritato un tributo del genere.

I funerali dell’ex terzino della Lazio (PHOTO CREDITS: Corriere dello Sport)

Al di là della polemica, l’omaggio riservato all’ex numero 2 dai tantissimi tifosi, dagli ex compagni di squadra e da altri giocatori che fanno parte della storia della squadra (come ad esempio Cristian Ledesma), sono il giusto riconoscimento a ciò che Mario Facco è stato e ha rappresentato per la Lazio, e forse a lui sarebbe bastato così. Ai tifosi laziali mancherà la sua voce, la sua gentilezza e la sua lazialità. Addio Mario: ora che hai spiccato l’ultimo volo, vola sempre più in alto, come solo le grandi aquile sanno fare.

Gian Battista Mannone