“Crescere è doloroso” diceva Meredith Grey in una vecchia puntata di Grey’s Anatomy. Ma crescere è anche inevitabile. Diventare adulti, invece, sembra oggi sempre più una meta riservata a pochi, anche in Italia. Per descrivere il fenomeno è nato un nuovo termine: adulting, che è anche il titolo di un libro di Kelly Williams Brown.
Nella definizione dello Urban Dictionary, adulting viene spiegato non come un’età ma come una serie di comportamenti da persone “mature e responsabili”: avere un lavoro fisso, che impegni dalle 9 del mattino alle 5 del pomeriggio; comprarsi un’auto; mettersi sulle spalle un mutuo o un affitto, e fare tutto quello che fa una persona adulta, come diventare genitore.
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Ma perché è diventato così difficile?
Facciamo un passo indietro. C’era una volta un mondo in cui arrivati ad una certa età anagrafica si trovava un lavoro, poi una casa, si lasciava quella di mamma e papà e si andava a vivere da soli; anno prima anno dopo si trovava un compagno o una compagna e poi sarebbero arrivati i bambini. Il lavoro sarebbe probabilmente rimasto quello, perché nessuno, a meno di gravi danni o errori, ci avrebbe cacciati e perché, una volta messa su una famiglia, sarebbe stata una scelta molto azzardata e avremmo avuto da pensare a tutt’altro. E amen. Questo è il mondo in cui sono cresciuta anch’io, figlia di due Baby Boomers, quei ragazzi nati tra il 1946 e il 1964 e che hanno visto davanti a loro prospettive di miglioramento e crescita rispetto al passato prossimo, la rivoluzione culturale e la guerra del Vietnam.
La generazione a cui appartengo, quella dei Millenials, sembra invece trovarsi davanti a un grosso interrogativo e a molte difficoltà, soprattutto economiche, come ci riportano i dati Istat su occupazione e povertà. Ma c’è anche dell’altro. A parere di diversi studi sociologici, uno su tutti il Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo, il motivo è il cambiamento storico.
“Crescere è doloroso. Chiunque vi dica il contrario sta mentendo. Ma la verità è che qualche volta più le cose cambiano più restano le stesse. E qualche volta, oh, qualche volta il cambiamento è bello. Qualche volta il cambiamento è… Tutto.” Meredith Grey
I Millenials sono nati tra il 1981 e il 1997, hanno vissuto l’11 settembre e la rivoluzione digitale: non hanno impugnato un cellulare o un ipad prima di andare all’asilo, ma hanno visto nascere e arrivare a casa i primi modelli e hanno imparato ad averci a che fare per il lavoro e per lo studio, oltre che per lo svago. E hanno vissuto in pieno un periodo storico fatto di crisi: pensavano di andare avanti e stare meglio dei genitori e invece stanno peggio; pochi di loro riescono ad avere continuativamente un lavoro e un guadagno stabile; pochi di loro hanno le entrate necessarie per un mutuo, un affitto o un figlio.
Dunque, hanno, abbiamo, maggiori difficoltà a fare una vita da adulti entro i limiti temporali che fino ad oggi sono stati considerati quelli giusti. Ma siamo, appunto, in un periodo di cambiamento: troveremo il modo di farcela, uscendo dai vecchi schemi e trovandone di nuovi. Più adatti a noi. E nel frattempo, godiamoci il viaggio.
Federica Macchia