Al ladro! Hanno rubato la Gioconda!

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Di Redazione Metropolitan

È successo veramente, il 21 agosto 1911. Fu opera di un imbianchino italiano, Vincenzo Peruggia che, trasferitosi a Parigi in cerca di lavoro, lo trovò al Louvre. Quale occasione migliore per escogitare il furto della Gioconda, e riportala a casa?

Vincenzo organizzò la rapina, che andò a buon fine. Nessuno sospettò di lui. Riuscì, dunque, a tenere con sé la Monna Lisa per un paio d’anni. Poi fu scoperto, e si palesò anche il suo scopo: non aveva agito per denaro, ma solo per riportare il quadro in Italia.

Leonardo Da Vinci – “Monna Lisa”
(Foto dal web)

Il furto, il ritrovamento, l’ingenuità di Vincenzo: non si parlava d’altro, e anche la fama della Monna Lisa crebbe ulteriormente. Ad arricchire la considerazione del dipinto, intervennero poi anche altri artisti, che offrirono al pubblico nuove versioni del quadro, come quella di Marcel Duchamp o di Andy Warhol.

Marcel Duchamp – “L.H.O.O.Q.”
(Foto dal web)

La Gioconda diventa un simbolo, non solo della pittura rinascimentale, ma dell’intera storia artistica dell’umanità, fino a trascendere limiti temporali e restrizioni materiali. Ci sono canzoni che parlano del capolavoro di Da Vinci. Non solo l’inno dei mondiali nel 2006, ma anche, e soprattutto, il brano Monna Lisa di Ivan Graziani.

È il 1978, quando il cantautore e chitarrista italiano, della stessa generazione di Lucio Battisti e Francesco De Gregori, compone il brano. Prima traccia dell’album Pigro, la canzone parla di quel famoso Vincenzo che anni prima aveva organizzato il furto d’arte più celebre della storia.

Andy Warhol – “Mona Lisa”
(Foto dal web)

Sì, vorrei rubarla, / vorrei rubare quello che mi apparteneva / Sì, vorrei rubarla / e nasconderla in una cassa di patate, di patate.

Abbiamo telefonato ad Anna Bischi, moglie del cantautore, per avere qualche informazione in più riguardo l’ispirazione del brano. Perché aveva scelto di parlare proprio della Gioconda?

Ci racconta che l’idea risale a quando, nella fine degli anni ’60, Ivan studiava storia dell’arte ad Urbino. Così, con i suoi compagni, si immaginava di compiere il furto goliardico della Muta di Raffaello, custodita nel Palazzo Ducale della città. “Gli studenti ci passavano di fianco ogni giorno, sarebbe stato facilissimo rovinarla o portarla via. Non c’erano tutti i controlli di oggi”, ci spiega Anna.

Raffaello Sanzio – “La Muta”
(Foto dal web)

La scuola è una gran cosa / e soprattutto se ti insegnano ad amare / i capolavori del passato, / però è un peccato che tu non li puoi vedere, né toccare.

Oggigiorno però è più semplice vedere e toccare quei capolavori. Abbiamo la meraviglia a portata di click: ci serve solo un telefonino per studiare un quadro. E se questo non dovesse bastare, prendere un treno e comprare i biglietti per una galleria non è più cosa impensabile.

Il Louvre è uno dei musei più visitati del mondo. La sala della Gioconda è affollata ogni giorno da centinaia di turisti che sperano di realizzare lo scatto perfetto. Alcuni lo fanno per moda, altri perché attratti dallo sguardo magnetico della Monna Lisa.

Stanza della Gioconda al Louvre
(Foto dal web)

“Quando siamo stati al Louvre”, racconta Anna, “Ivan si sistemava di fuori, ad osservare le persone che entravano nel museo, disegnando i loro volti”. I fruitori di un’opera d’arte diventano dunque protagonisti, al pari dell’opera stessa. Perché andiamo nei musei? Cosa cerchiamo? Il selfie perfetto, o la pace per la nostra anima?

Foto segnaletica di Vincenzo Peruggia
(Foto dal web)

Quel che è certo, è che Vincenzo Peruggia, al Louvre, cercava solo un modo per onorare la propria patria. E quale modo migliore per farlo, se non attraverso i risultati artistici? Dopotutto, citando il film Quasi Amici, l’arte è “la sola traccia del nostro passaggio sulla terra”.

 

 

 

Laura Bartolini