Il vice del presidente libico al Serraj, Fathi Al-Mejbari, ha chiesto ufficialmente all’Italia di stoppare la missione navale pronta a partire.

E’ una dura presa di posizione contro l’Italia ed il proprio premier al Serraj quella di Fathi Al-Mejbari, lanciata dai microfoni della televisione LybiaChannel. Il vice presidente del Consiglio Presidenziale libico ha infatti dichiarato che la missione navale italiana è “un’infrazione degli accordi”, in particolare delle clausole sulla sovranità della Libia del trattato di amicizia e cooperazione stipulato ai tempi da Berlusconi e Gheddafi. Un’altra epoca, praticamente. Inoltre, sempre secondo Al-Mejbari,  l’accordo stipulato recentemente da al Serraj con il premier italiano Gentiloni non sarebbe rappresentativo della volontà del governo di unità nazionale, quindi illegittimo.

Al-Mejbari, nell’intervista a LybiaChannel, ha fatto appello  al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e alla comunità internazionale perché si esprimano (in senso negativo, ovvio) sulla missione italiana. Inoltre, a come riportato dallo stesso sito di LybiaChannel e citato dall’Ansa, «Al-Mejbari ha anche chiesto alla Lega Araba e all’Unione Africana di esprimersi al riguardo, condannando tale violazione, sostenendo e appoggiando la Libia». Nessun appello è stato invece rivolto al Papa, ma confidiamo che arriverà presto.

La Farnsesina, nel frattempo, ha risposto alla stampa italiana sulla vicenda. Le parole di Fathi Al-Mejbari sulla presunta violazione della sovranità libica, secondo fonti del Ministero degli Affari Esteri italiano, «rientrano nella dinamica di un dibattito interno libico – che l’Italia rispetta pienamente – e non inficiano in alcun modo il rapporto di cooperazione tra i due Paesi». Inoltre, la cooperazione tra i due paesi mira a «potenziare la lotta contro i trafficanti di esseri umani e a rafforzare la sovranità libica, il tutto all’interno di una cornice giuridica certa».

Cosa ci dice la dichiarazione (sia pur ufficiosa) del Ministero degli Esteri? Due cose: la prima è che il governo di al Serraj non è ben saldo, ma questo era già chiaro da tempo. Non potendo contare su una forza militare ad egli legata, Serraj è costretto ad appoggiarsi alle milizie e alle tribù che hanno deciso di appoggiare il suo governo, che quindi hanno un potere di veto e di ricatto non indifferente sul premier. La seconda, invece, è di ordine molto più pratico: Al-Mejbari non conta poi così tanto, altrimenti le sue parole sarebbero state tenute in ben altra considerazione, tanto a Tripoli quanto a Roma.

L’unico a guadagnarci da queste dispute da cortile è sempre il generale Haftar, che dal discredito dell’avversario può fare passi avanti in termini di reputazione e prestigio internazionale.

Lorenzo Spizzirri