Sordi e Fellini: un’amicizia su Lungotevere

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Di Redazione Metropolitan

” Io e Federico facevamo lunghe passeggiate la sera. Sognavamo, parlavamo di aspirazioni, progettavamo di diventare, io un grande attore e lui, sosteneva sempre ‘ti assicuro Albè che un giorno diventerò un grande regista, forse il regista più grande del mondo’ “. Alberto Sordi e Federico Fellini, un’amicizia atavica che consolida l’amore di due giganti del cinema alla musa della settima arte. Oltre l’amore per il set, tra Federico e Alberto, c’era la condivisione di un obiettivo, di un sogno, di un’ambizione e di una povertà dalla quale scappare, a gambe alte e con un’idea sempre in testa. Come è nata questa amicizia, e ,quando, nacque ‘Alberto Sordi’ ? Di lui tutto si può dire, tranne che non avesse un grande spirito di resilienza.

Quando tolsero dai manifesti de “I vitelloni” il nome di Alberto Sordi

Tutto accadde a causa del primo film di Federico Fellini “Lo sceicco bianco”. Il film non venne ben accolto alla mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, e dovette subirne le aspre critiche non solo lo stesso regista, ma anche Alberto Sordi che risultava al pubblico meccanico e per nulla ilare (Come ci viene riportato dalle parole di Federico Fellini: «Purtroppo la comicità di Sordi in quegli anni era capita da pochissimi. Forse perché aveva qualcosa di folle come accade a tutti i talenti innovatori. O forse perché non aveva una dimensione né ironica né sentimentale, ma era grottesca con un fondo di sgradevolezza che non piaceva» ).

L’attore romano poteva recitare a patto che…

Particolare che, purtroppo, influenzò alcune scelte in merito ai futuri film di Fellini, il quale, dopo il disastroso insuccesso de Lo sceicco bianco, dovette arrendersi a girare la vita di tre ragazzi della provincia riminese. Alberto Sordi poté interpretare la parte del personaggio omonimo solo a patto che il nome dell’attore non comparisse nei manifesti. Sordi sapeva che, dopo il fallimento del primo film, scappare non si poteva, né si sarebbe potuta intraprendere una strada all’indietro: bisognava tentare il tutto per tutto. Nonostante il film faticò a trovare una distribuzione: «I vitelloni non voleva distribuirlo nessuno, andammo in giro a mendicare un noleggio come disperati. Mi ricordo certe proiezioni allucinanti».

Alla fine arrivò nelle mani di una casa di produzione che, però, avrebbe preferito un nome differente da “vitelloni”, «ci consigliavano un altro titolo: Vagabondi! con il punto esclamativo. Dissi che andava bene, però suggerivo di rafforzare l’invettiva con un vocione da orco che sulla colonna sonora tuonasse Vagabondi!». In effetti il termine ha una etimologia molto complessa e all’epoca non sarebbe stato facilmente comprensibile il senso del termine ai più. Cercando, oggi, il termine sul Vocabolario Treccani troviamo che la parola ha una semanticità figurativa solo dopo il 1953, cioè l’anno di uscita del film omonimo diretto da Federico Fellini: lo stesso regista dice di non aver mai sentito questa parola se non una volta da un contadino.

Successivamente chiesto ad un filologo l’origine del termine, Fellini si sentì rispondere che derivava dall’incrocio tra le parole italiane indicanti la carne di bue e quella di vitello; si voleva in tal modo denotare una persona priva di una identità ben definita o che comunque non sapeva bene cosa fare nella vita.

L’ironia di Alberto Sordi, perché non piaceva?

I vitelloni sarà un successo al botteghino. Il film e il personaggio di Alberto donano nuova linfa a quella maschera romana che aveva perso la sua freschezza. Dopo l’insuccesso de Lo sceicco bianco e Mamma mia, che impressione! in molti erano pronti a relegare il comico romano nell’angolo di quelli che ‘ ci avevano provato’. Tuttavia, non è facile capire il perché del giudizio serafico che critici, e spettatori dell’epoca, diedero della comicità di Alberto Sordi. Sordi era ‘folle’, così come la sua ironia. La follia è l’ingrediente fondamentale di un piatto che non rispetta i canoni del gusto a cui siamo abituati. Un piatto speziato, semmai, che ci proietta fuori dalle coordinate di un palato abitudinario, un nuovo modo di concepire il cibo e la comicità. Il nuovo, come sempre, ha bisogno di un certo momento di incubazione (di paura) prima di esplodere e diventare irresistibile. In quel momento che nacque Alberto Sordi.

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