Amadeus e Sanremo, negli ultimi giorni non si parla di altro che della sua uscita infelice nei confronti di Francesca Novello. Il presentatore si difende, chiarendo di essere stato frainteso. La colpa potrebbe dunque essere insita nel linguaggio.
Amadeus e Sanremo, da alcuni giorni è questo l’argomento dominante. La frase incriminante, pronunciata dal presentatore nei confronti di Francesca Novello, è la seguente:
“E’ una… come dire… una sorta di scommessa personale perché a volte non per forza devi conoscere, ero curioso… questa ragazza molto bella, ovviamente sapevamo essere la fidanzata di un grande Valentino Rossi, ma è stata scelta da me perché vedevo… intanto la bellezza, ma la capacità di stare vicino a un grande uomo stando un passo indietro malgrado la sua giovane età” – Amadeus
Le reazioni non si sono fatte aspettare, e Amadeus è stato indicato come sessista, e l’uscita definita estremamente infelice. Il presentatore ha subito ribattuto di essere stato frainteso, precisando che quello che intendeva era che la Novello non avesse approfittato della fama di Valentino Rossi per farsi pubblicità. Ma non è questa la sede per analizzare le vere intenzioni di Amadeus, piuttosto lo spunto per un’analisi che riguarda tutto il Paese.

Oltre lo scandalo
Al di là dello scandalo Sanremo, è importante constatare, a partire da questo incidente linguistico, come la lingua sia sintomatica della mentalità e della società. Orwell descrive la lingua come il primo ambito in cui si concretizzano i problemi politici ed economici di un paese. Infatti il linguaggio non è un mero mezzo di comunicazione, bensì la rappresentazione concreta della società: la lingua dà forma ai pensieri, e li influenza. Basti notare quanto il linguaggio influisca anche sulle cose più quotidiane con un semplice esempio: in inglese a tutte le calamità naturali venivano dati nomi femminili, come l’uragano Katrina (tendenza poi invertita in seguito a forti pressioni da parte di gruppi femministi). E come non ricordare 1984, sempre di George Orwell, in cui il Grande Fratello impone la neolingua, estremamente succinta, che non permette determinati pensieri; dopotutto se non si hanno le parole non si è neanche in grado di pensarli.

La lingua è il riflesso del Paese
Interessante è l’esempio della lingua italiana durante il Fascismo. La Reale Accademia d’Italia si impegnò per raggiungere l’autarchia linguistica (anche se fallì miseramente) e furono vietate parole straniere per le insegne di imprese. Così la lingua riflette la situazione politica italiana sotto il Duce, come in qualche modo lo scivolone linguistico di Amadeus riflette la società italiana. Senza entrare in diatribe inutili, prendendo le scuse del presentatore in buona fede, resta comunque un problema più grande. Se Amadeus non è stato capito dalla stragrande maggioranza del pubblico un problema c’è: il linguaggio riflette l’ancora lampante differenza che c’è in Italia fra il ruolo dell’uomo e quello della donna.

La lingua come mezzo di misura
La lingua è sintomatica: è il primo elemento che dovremmo andare a controllare, di tanto in tanto, per essere sicuri che il paese stia funzionando. Al riguardo due libri varrebbe la pena di leggere sul tema, i quali spiegano molto bene l’uso politico che si può fare della lingua e come difendersene. Il primo è del già citato George Orwell, Perché scrivo, il quale analizza cosa ci spinge a scrivere, e i vari utilizzi della lingua. L’altro è invece decisamente più tecnico, e si concentra sul tema della propaganda, strumentalizzazione per eccellenza della lingua: How Propaganda works, di Jason Stanley. La lingua e la società vanno di pari passo: quando non ci saranno più incomprensioni linguistiche come quella di Amadeus a Sanremo, potremo essere tutti un po’ sollevati, perché significherà che la società sarà un po’ meglio, un po’ meno peggio.