Amanda Gorman, problemi con i suoi traduttori europei: “Troppo bianchi” per la poetessa “fieramente nera” dell’Inauguration Day

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Di Redazione Metropolitan

Da alcuni giorni, l’editoria europea è coinvolta in un dibattito che vede protagonista Amanda Gorman, la poetessa afroamericana divenuta icona della lotta al razzismo dopo esser stata invitata a leggere, come da tradizione, un componimento poetico in occasione della festa per il giuramento di Joe Biden. Una sfida che la 22enne ha superato a pieni voti, lo scorso 20 gennaio, destando un certo clamore per la potenza e la sicurezza mostrata sul palco dell’Inauguration Day. Non senza rimarcare le difficoltà che proprio in quei giorni stavano attraversando gli americani, intenti ad ascoltarla con le ferite ancora aperte dalla follia di quell’assolto a Capitol Hill, avvenuta due settimane prima. Intitolata “The Hill We Climb”, quella della Gorman è infatti una poesia che invita all’unità, e che induce a sperare in una riconciliazione dell’America, affinché prosegua verso una “more perfect union”: quell’unione perfetta che già l’ex Presidente Obama declamava in un suo famoso discorso. Perché “la nazione non è rotta” – recita una strofa – “ma semplicemente incompiuta”.

Questa volta, però, a far parlare non è l’efficacia dell’esibizione della Gorman, né il suo gusto nel vestire, ma le persone scelte per tradurre all’estero la sua poesia, che uscirà ovunque a fine marzo. Paesi Bassi e Spagna sono in particolare i due paesi in cui gli incarichi assegnati hanno sollevato critiche tanto incisive che, se nel primo caso hanno generato il ritiro spontaneo del traduttore, nel secondo hanno portato la stessa casa editrice a tornare sui propri passi. Il motivo? La “whiteness”, un ‘crimine’ commesso dalla scrittrice olandese Marieke Lucas Rijneveld prima, e dal catalano Victor Obiols poi, perché entrambi “troppo bianchi”.

I traduttori scartati

Nel caso della Rijneveld, era stata la casa editrice Meulenhoff a sceglierla perché “affine a Gorman nello stile e nei toni”: la poetessa 29enne – vincitrice nel 2020 dell’International Booker Prize con il romanzo Il disagio della sera – si era mostrata così tanto entusiasta che riportò la notizia dell’incarico ricevuto in un tweet, ripostato poi dalla stessa Gorman, facendo presagire nient’altro che un lieto fine. Quello che si muove sul web, però, ha il sapore dell’inaspettato. E infatti, contro ogni aspettativa, gli utenti si sono rivoltati, nel giro di pochi secondi, puntando il dito proprio contro la scrittrice olandese che, a detta loro, non sarebbe stata all’altezza dei versi della Gorman: perché sì, la Rijneveld è donna, giovane ed anche impegnata in cause come l’uguaglianza di genere, ma non puoi parlare di certe tematiche se non le hai vissute sulla tua pelle. Ancora di più, se quella pelle è bianca. Un carico di responsabilità, questo, troppo pesante per la Rijneveld, che ha infatti deciso di rinunciare all’incarico, mostrandosi “scioccata dal clamore” – come scrisse lei stessa su Twitter – ma allo stesso tempo comprensiva verso tutte “le persone che si sono sentite ferite dalla scelta della casa editrice Meulenhoff”. Le sue ragioni sono state spiegate anche nella poesia che, in risposta, ha deciso di scrivere a fine febbraio, ribadendo la disponibilità a farsi da parte quando “qualcuno sa rendere una poesia più abitabile di te”. Insomma, la vicenda si sarebbe potuta risolvere come un malinteso, se non fosse che, poche settimane fa, una sorte simile è toccata allo scrittore Oblios: lo stesso che, dopo aver giusto appena finito di tradurre l’opera della Gorman in catalano, è stato bloccato dall’editore perché gli Stati Uniti avevano fatto sapere che non era più “la persona giusta”. E in effetti: oltre a non essere nero, Victor è anche uomo, non più giovane.

A quel punto, esclusa qualsiasi ipotesi di malinteso, si è iniziato a gridare, ancora un volta, alla dittatura del “politicamente corretto”, nonché al “razzismo al contrario”, il “razzismo degli antirazzisti“, per intenderci, causato proprio dagli estremisti del Black Lives Matter che, in tal modo, starebbero conseguendo il risultato opposto a quello auspicato: dividere, più che unire. Lo stesso Oblios, alla Stampa, ha voluto alludere al razzismo, facendo notare come nell’epoca del Black Lives Matter, in realtà, non dovrebbero esistere i “diversi”, nemmeno se questi a loro volta si ritrovano ad essere vittime di discriminazione. E aggiunge: “Io capisco molto bene la discriminazione culturale, la mia lingua, il catalano, era stata praticamente cancellata dalle dittature spagnole. Però questi temi trattati così sfociano nel fanatismo. Quando si cerca a tutti i costi la purezza si arriva al dogmatismo. […] In fondo io, nel mio piccolo, sto subendo quello che hanno patito le persone di colore per secoli: la discriminazione per questione di razza, genere ed età”.

Sarebbe dunque una contraddizione, secondo Oblios, quella dimostrata dai ‘rivendicatori’ di genere e razza. Una contraddizione che, fra l’altro, delegittimerebbe la sua credibilità nell’aver tradotto autori del calibro di Omero e Shakespeare. Se non posso tradurre un poeta perché è una donna, giovane, nera e americana del XXI secoloha affermatoallora non posso neanche tradurre Omero perché non sono un greco dell’VIII secolo a.C., o non avrei potuto tradurre Shakespeare perché non sono un inglese del Cinquecento”.

“Lay down our arms”

Ad onor del vero, c’è anche chi, sull’altro versante, non ci vede una questione razziale, ma solo una volontà di fare spazio ad una categoria che si sa essere ancora fortemente discriminata, e non solo in America. Ci sono dati che confermano quanto gli autori non bianchi siano tuttora penalizzati nel far sentire la loro voce: un aspetto che la Gorman stessa ha fatto notare parlando della sua identità di donna nera. Dunque, senza in nessun modo mettere in dubbio le capacità dei due scrittori, il punto sarebbe quello di valorizzare il messaggio della poetessa afroamericana a tutto tondo, cambiando prospettiva: quindi, guardando dalla sua. Anche la giornalista e attivista Janice Deul aveva scritto sul giornale olandese Volkskrant che la scelta era “incomprensibile” e che bisognava affidarla a qualcuno come Gorman: “Un’artista della parola parlata, giovane, una donna e fieramente nera”. E a chi l’ha contestata, facendole notare che neanche un’artista nera allora avrebbe potuto tradurre un autore bianco, lei ha risposto sottolineando che si riferiva “a questa specifica poesia di questa specifica oratrice in un tema che riguarda Black Lives Matter”, dunque incentrata sui temi della discriminazione razziale e scritta da una persona particolarmente impegnata a riguardo.

Quel che si deve ammettere, comunque, è che fino a qualche anno fa non destava così tanto scalpore che un uomo, ad esempio, pontificasse sulle esperienze femminili. Mentre ora le cose stanno cambiando. Giusto che sia così. Dare voce a chi quella ‘esperienza’ può raccontarla da vicino può essere un modo per far arrivare in maniera più diretta un messaggio che necessita di essere compreso fino in fondo. E allora, facciamo un passo indietro. We lay down our arms so we can reach out our arms to one another”, recita la poesia della Gorman. Facciamolo.

Francesca Perrotta