And Just Like That è il sequel della celeberrima serie Sex and the city, in onda in questi giorni su Sky in contemporanea in America e in Europa.
La scelta narrativa che apre la serie è abbastanza forte e e mette un punto alle avventure sentimentali di Carrie Bradshaw. Forse mette un punto a un’era.
Nel giugno del 1998 andava in onda la prima puntata di Sex and the city. Inizialmente la serie era un’inchiesta sul sesso a New York e seguiva le avventure fuori e dentro il letto di quattro brillanti donne nella città che non dorme mai.
La serie è andata in onda per 6 stagioni fino al 2004, ha ispirato due film e un prequel.
Ambientato in una invidiabile New York post Covid, And Just Like That, non inizia con il tema musicale di Douglas Cuomo. Questo possiamo interpretarlo come un triste presagio. Come ci manca quella foto di Carrie sull’autobus che ci ricorda i successo del suo primo libro.
In questa serie, successi professionali le tre protagoniste ne hanno davvero pochi ( almeno fino alla puntata sei che è uscita in Italia questa settimana).
And Just Like That : cosa non mi convince
Quello che colpisce, non è tanto che And Just Like That abbia come protagoniste tre donne mature.
Non è neanche la sequela di luoghi comuni su come sta cambiando la sessualità appiccicate a personaggi tagliati con l’accetta.
Quello che non mi torna, è che nessuna delle protagoniste lavori!
Carrie non scrive più…
Carrie, nonostante le sue montagne di Manolo è sempre stata una brillante giornalista e tutte le puntate della serie partivano da un’inchiesta che stava conducendo per una rivista. Questo rendeva viva la serie! La curiosità della nostra beniamina e la sua continua esplorazione a colpi di abiti bellissimi di situazioni fuori dal comune, luoghi cool e corpi maschili per risolvere qualche interrogativo sulle relazioni che anche noi ci ponevamo o che comunque avrebbe potuto riguardarci.
Carrie e le sue amiche: così lontane da noi per vita e guardaroba ma così vicine per disavventure amorose o uomini disastrosi accumulati.
Quante volte ci siamo sentite fragili, disperate e disilluse proprio come lei? Piene di domande senza risposte, convinte dell’esistenza di una anima gemella e ancora più certe di una cosa: che l’amicizia, quella sì, è davvero per sempre.
Ora, vedova ed ereditiera, vaga senza più la spina dorsale del suo personaggio. Non voglio faere della critica spicciola ma la sua schiena da operare nel quarto episodio forse è proprio un’epifania della perdita di ossatura del personaggio. La nostra beneamina ritrova il suo brio infatti, quando è costretta a uscire con un uomo per poter concludere il suo libro. Ecco di nuovo all’opera la mia amata Carrie. Quella a cui penso ogni volta che, come in questo momento, batto veloce sui tasti del Mac in ginocchio sul letto sorseggiando un bicchiere di vino rosso.
Che fine ha fatto la super donna in carriera Miranda?
La workaholic Miranda, per tutte le stagioni ha sempre avuto il problema di lavorare troppo. In questa serie, proprio lei che quando è nato il piccolo Brady non è riuscita nenache a portare a termie la maternità, lascia tutto per diventare un’attivista e si riscrive all’universita. Okay, ci sto. Funziona. Però perchè non può fare un corso e continuare ad esercitare la professione di avvocato? Ha solo cinquantacinque anni e non è neanche cosi abbiente, a sentire le lamentele del marito…
Charlotte tutta casa e tennis
Charlotte era quella che aveva mollato il mordente lavorativo per prima. Diciamo che almeno non ci ha deluse. Però, come erano divertenti i vernissage che organizzava nella sua galleria. Perché invece di ammazzarsi di tennis, ora che le figlie (una delle due in transizione) sono grandi, non può aprire una galleria con il suo meravoglioso e facoltoso marito? (l’uomo migliore della serie, nonche il più brutto, of course).
Cosa è cambiato?
Se vent’anni fa le conversazioni vertevano sugli appuntamenti delle protagoniste, ecco che le nostre eroine ora parlano di recite scolastiche e della vita sessuale dei propri figli mentre si mettono gli occhiali per leggere il menù e battibeccano sul fare o meno la tinta ai capelli ormai grigi, come spesso accade in questa fase della vita. Ma rinunciare al lavoro, è del tutto anacronistico. Questo vuol dire mettersi ai margini di una società non la vecchiaia, le rughe di troppo o le diottrie di meno.
Cosa ha rappresentato Sex and the City
All’epoca della sua uscita, Sex and the City è stato rivoluzionario per il suo modo di rappresentare sul piccolo schermo un modello femminile che non aveva paura di mostrarsi sessualmente libero o di trattare tematiche ancora considerate tabù dalla società. Credo di aver imparato anche un po’ di termini tecnici grazie alla serie e per questo penso che sia davvero un’occasione mancata per parlare della sessualità delle donne di cinquant’anni in maniera realistica e calata nel reale. Anche se vorrei che il reale rimanesse l’upper class newyorkese, sia chiaro!
Penso ad altre protagoniste della stessa eta: Gilian Anderson splendida mamma di Otis in sex education, Philippine Leroy-beaulieu la sofisticata Sylvie di Emily in Paris atrettanto da capogiro. Cinquantenni, punto di riferimento per i più giovani e con guardaroba pazzeschi e appropriati all’età.
Luoghi comuni in personaggi non comuni
Perchè anche l’outfit più bello deve rappresentare qualcosa, il modo in cui ci vestiamo ci rappresenta inequivocabilmente e sottolinea il ruolo che ricopriamo nella società o il nostro lato creativo. Se questo non ha un corrispettivo nell’apporto concreto che portiamo allora è solo una maschera. Come maschere sono i personaggi dalla sessualità aperta della serie. La comica non binaria di cui si innamorano tutte le donne perchè più sicura e sensuale di molti uomini, la figlia in transizione di Charlotte, gli amici gay delle protagoniste…
E gli uomini? Che fine hanno fatto? Resi del tutto inoffesnivi da un girl power posticcio e troppo ostentato, sono diventati invisibili!
And Just Like That : cosa ho amato
E allora perché non riesco a smettere di guardarlo? Perché aspetto il giovedì che esca un nuovo episodio? Per lo stesso motivo per cui spesso mi lancio in un rewatch della serie sognando di trovare una puntata non vista. E invece nullla. Tutti gli amanti di oguna delle quattro e tutti gli oufit di Carrie a memoria, senza colpo ferire. Perchè questa serie nel bene e nel male ha accopagnato l’educazione sentimentale della mia genrazione, insegnando sopratutto che più di una scopata vale la pena una solida amicizia con delle donne brillanti e dotate di sense of humor con cui parlare. La vera rivoluzione sta nel mettere la conquista in secondo piano e l’amicizia tra donne, la sisterhood per prima molto prima del femminismo da Nateflix.
In molti dicono che la mentalità da cercasi principe azzurro disperatamnte di Carrie abbia creato danni, ma mentre questa ricerca andava avanti, la nostra protagonista metteva alla prova se stessa come donna libera, indipendente e (ai bei tempi) affermata professionalemnte. Nel settimo episodio del revival, Carrie, la nostra columnist torna a mostrarsi alla sua finestra, davanti al suo amatissimo mac, mentre scrive un nuovo libro. La ritroviamo, non curante delle stagioni che passano alle prese con il raccontare la morte di Big che, oltre a spezzarle il cuore l’ha resa meno “brillante” ed eccessivamente cupa.
Ed è così che, sotto consiglio della sua editor, decide di tornare a uscire con gli uomini perché sia nel libro che nella vita ha bisogno di qualche nuova emozione e un po’ di speranza in più nei confronti dell’amore. E in quel momento ricominciamo mentalmente a sentire quella sigla che abbiamo tanto amato….
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