L’impresa di Andrea Bulgarella viene fondata dal nonno dell’imprenditore, suo omonimo. Era l’anno 1902 e l’azienda recitava il seguente slogan:
Da oltre cento anni costruiamo il futuro.
Inizialmente si costruivano strade, ponti e lavori pubblici, ma negli Anni Settanta, Bugarella nipote decide di allargare le loro competenze anche all’edilizia privata. Negli Anni Ottanta poi trasferisce il baricentro della sua impresa in Toscana, spostandone la sede a Pisa. Qui si occupa di recuperare gli edifici storici, sia nel trapanese – da cui proviene – che nella nuova regione. Per questo motivo acquista moltissimi alberghi in tutta Italia, fra i quali anche il gran hotel Misurina a Cortina, la Tonnara di Bonaga Valderice in provincia di Trapani, la colonia marina Principe di Piemonte a Tirrenia e il celebre gran hotel Palazzo di Livorno. Andrea Bulgarella, insieme al suo gruppo di lavoratori, ottiene numerose concessioni edilizie come il Parco delle Torri a Pisa (che rimane incompiuto), la piazza del Terzo Millennio (sempre a Pisa) e diversi hotel a Erice mare, Viareggio, Palermo ed Empoli. Il gruppo Bulgarella, inoltre, si occupa anche di trasporto marittimo collegando Trapani, le Egadi e Pantelleria.
La difesa di Andrea Bulgarella, ovviamente, suggerisce che il suo assistito sia totalmente fuori ogni implicazione con la mafia; ecco le parole dell’avvocato Giulia Padovani:
L’assistito si dichiara completamente estraneo ad ogni addebito e ci tiene a precisare con forza che non ha mai avuto alcun contatto con nessun gruppo associativo criminale, men che meno di stampo mafioso. Per quanto riguarda il merito della vicenda l’indagato è sereno e provvederà a difendersi presso le sedi competenti.
Il procedimento a carico di Bulgarella si è chiuso da tempo con un nulla di fatto già nella fase delle indagini preliminari. I magistrati di Firenze, il procuratore Giuseppe Creazzo ed i pm Alessandro Crimi e Angela Pietroiusti, erano invece convinti che Bulgarella fosse addirittura l’imprenditore di riferimento di Cosa Nostra. I carabinieri del Ros, che condussero le indagini, avevano ipotizzato che Bulgarella avesse reimpiegato in Toscana i capitali del clan di Messina Denaro. Accuse pesantissime che, come detto, sono evaporate già prima di arrivare davanti al giudice.
Andrea Bulgarella,la storia
«Ho ricevuto la scorsa settimana una convocazione da parte della commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario ( presieduta dalla senatrice pentastellata Carla Ruocco, ndr). Sono molto contento e spero si riesca a fare qualcosa per uscire da questa terribile situazione, in cui sono ormai precipitato da tempo». A dirlo è l’ingegnere siciliano Andrea Bulgarella. Nell’ottobre 2015, Bulgarella venne coinvolto in una maxi inchiesta antimafia condotta dalla Procura di Firenze.
I carabinieri del Ros del capoluogo toscano, coordinati dal procuratore Giuseppe Creazzo e dai pm Alessandro Crimi e Angela Pietroiusti, ipotizzarono che Bulgarella fosse uno dei principali imprenditori di riferimento di Cosa nostra. A lui e ad altre dieci persone vennero contestati, oltre all’associazione per delinquere, una sfilza di reati: dal riciclaggio all’appropriazione indebita. Fra le accuse, persino quella di aver agevolato il super boss Matteo Messina Denaro. Il procedimento, che vide coinvolto anche Fabrizio Palenzona, allora vicepresidente di Unicredit, finirà in un nulla di fatto. Ad aprile 2018 sarà infatti la stessa Procura di Firenze a chiedere l’archiviazione per tutti gli indagati.
Stesso destino l’anno successivo per una costola del fascicolo che era stato trasmesso per competenza a Milano. Ma nonostante l’archiviazione da tutte le accuse già nella fase delle indagini preliminari, sulla testa di Bulgarella, per le banche italiane, da quel giorno è rimasto lo stigma di essere comunque legato alla mafia. Una situazione degna di Kafka e a cui non sembra esserci rimedio, come ricordato di recente anche dal difensore di Bulgarella, il professor Giovanni Guzzetta. «Nonostante Bulgarella sia stato scagionato da tutte le accuse – ha detto il costituzionalista e avvocato – per la banche continua ad essere considerato un soggetto estremamente pericoloso: ad oggi nessun istituto di credito sul territorio nazionale è più disponibile ad aprirgli un conto corrente».
I sistemi di controllo delle banche, aveva precisato Guzzetta, «oltre a non consentire alcuna informazione, hanno in essere una procedura che appena si digita il nome di Bulgarella, in un qualsiasi istituto bancario, fa apparire un “alert” che blocca tutte le operazioni».
Le banche, quando l’indagine della Dda di Firenze divenne di pubblico dominio per una fuga di notizie, prima obbligarono Bulgarella a rientrare dei fidi in pochi giorni, e poi gli chiusero i conti senza alcuna spiegazione formale. E da allora non c’è stato verso di recedere da quel provvedimento unilaterale. Alla richiesta di spiegazioni, tutte le banche si sono trincerate dietro il classico muro di gomma. Per la legge Bulgarella è innocente, per le banche è colpevole. Senza un conto corrente, l’attività imprenditoriale di Bulgarella, fino a quel momento di grande successo, è finita su un binario morto.
«Avevo un gruppo alberghiero di circa 20 hotel nei posti più belli d’Italia: da Misurina a Favignana. Purtroppo ho dovuto cederne la gestione essendo per me, senza un conto corrente, diventato impossibile mantenerla». L’ingegnere Bulgarella ha provato ad andare avanti per un po’ ma, privo di un conto corrente, qualsiasi attività è impedita sul nascere, come ad esempio avere il pos per ricevere i pagamenti dai clienti. «Io mi sono sempre opposto alla mafia», prosegue Bulgarella, che nel corso degli anni fu anche oggetto di diversi attentati intimidatori.
Grande è l’amarezza per una storia di un imprenditore di successo che si era specializzato anche nei restauri di dimore e palazzi storici. «Ho subito danni d’immagine e patrimoniali enormi, da quell’indagine: sto pagando il fatto di essere siciliano (Bulgarella è originario di Erice in provincia di Trapani, ndr). Evidentemente ci sono pregiudizi difficili da superare nel nostro Paese».
Proprio per arginare il potere delle banche di chiudere e negare il conto corrente, è da una oltre un anno in attesa di essere approvato al Senato una proposta di riforma del codice civile da parte della Lega. «La banca non può in alcun caso esimersi dall’apertura di un rapporto di conto corrente. La banca non può recedere dal contratto di conto corrente prima della scadenza del termine quando i saldi siano in attivo», è il testo del nuovo articolo 1857 bis.
«La normativa impone – si legge nella relazione di accompagnamento – al cittadino l’esclusivo utilizzo di un conto corrente sul quale canalizzare emolumenti derivanti dal rapporto di lavoro, pensioni e ogni altra transazione proveniente da uffici pubblici o negozi privati oltre una somma determinata: il conto corrente deve essere considerato uno strumento da garantire a chiunque e indispensabile per la sopravvivenza nel ciclo economico e sociale del Paese». Visto lo stallo, i senatori della Lega hanno tentato di inserire la norma sotto forma di emendamento nella legge di conversione del Dl Ristori ter. Proposta bocciata. Eppure è impensabile che paradossi come quello di Bulgarella possano verificarsi ancora.