La cantautrice inglese torna dal vivo per un’estate all’insegna del rock e dell’ultima tranche di promozione del suo album di studio, “Hunter”, uscito alla fine d’agosto. Dopo Milano, oggi è la volta della Capitale. Domani sera la Nostra sarà a Soliera prima di sbarcare altrove in Europa.
E così, per chi avesse perso l’occasione di applaudire Anna Calvi lo scorso novembre, la chance si presenta davvero imperdibile. C’è tutto ciò di cui abbiamo bisogno: una notte d’estate di quelle rilassanti, ottima musica, pubblico disciplinato e una location capitolina nuova di zecca: il Social Park di Roma Nord, situato a poca distanza dal ‘competitor‘ ufficiale, Villa Ada.
Una struttura da poco inaugurata che somiglia più a un piacevole campeggio attrezzato, immerso in natura, tra pini marittimi e il fiume, che a un grigio impianto concertistico perso nella periferia, come pure tanti altri.
Il palcoscenico è montato a un’estremità d’erba verde sintetica in un campo da calcetto (del resto siamo nell’area dei campi sportivi di Tor di Quinto, non lontano da Foro Italico e Stadio Olimpico) e il suono di musica d’ambiente che fuoriesce dagli altoparlanti ‘pre-live’ ci pare più che adatto all’occasione. Al termine del set del gruppo d’apertura giusto i tempi tecnici del cambio palco, quindi il momento che tutti noi aspettavamo.
Sono passate le 23 da circa dieci minuti quando Anna Calvi si prende la scena, di fronte ad alcune centinaia di fans che ora iniziano a farsi sentire.
Sorride e ringrazia. Nessuna posa da star: chitarra elettrica a tracolla (la sua fida Fender Telecaster), presenza scenica e stile da vendere. Indossa una camicetta pitonata color vinaccia, pantaloni di lino neri e stivaletti bianchi.
I capelli sono sciolti e tinti anch’essi di nero: la fanno apparire ancor di più una sorta di strega, sensuale incantatrice di sogni diretti idealmente dalla cinepresa di un David Lynch da qualche parte a Twin Peaks.
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Come di consueto, la accompagnano Mally Harpaz (tastiere e percussioni) e Alex Thomas (batteria, drum machines e voce di supporto), trio ormai più che collaudato che la segue fin dagli esordi. Il concerto dura appena un’ora, come sa bene chi ha già visto/ascoltato dal vivo la nostra beniamina.
La quale, predilige evidentemente l’intensità emotiva di un set di canzoni magari breve ma dotato di una potenza evocativa che ha pochi uguali nella scena indie/rock contemporanea. Sono 11 i brani presentati: 6 estratti dall’ultimo lavoro in studio, “Hunter”, 4 dal disco d’esordio omonimo e un’ipnotica, lunga cover interpretata in chiusura (si tratta di “Ghost Rider” dei Suicide, perla nera newyorkese del 1977, a metà strada tra elettronica vintage, beat sintetici e canzone d’autore sconvolta e straniata).
Chi scrive ricorda bene i primi live della Calvi in Italia – parecchi anni fa in piccoli/fumosi club chiusi da tempo – il battesimo di fuoco alla ragazza: ebbene, ci sentiamo di affermare che nulla di quella fiamma è andato perso. Le capacità canore (l’estensione, il controllo, la duttilità che spazia dal sussurro al grido) e la tecnica chitarristica si sono ulteriormente affinate, lo show è ben calibrato e l’affiatamento con la band indiscutibile. Le influenze (Nina Simone, Jeff Buckley, Patti Smith, Siouxsie, Diamanda Galas, il blues e il canto d’opera) risultano ormai interiorizzate e zampillano qua e là senza che mai si abbia l’impressione del calco stilistico.
Si parte di slancio, con l’evocativa e potente “Hunter” e le sue atmosfere che diremmo quasi celestiali/paradisiache. Anche “Indies or Paradise” conserva quello stesso impeto, mentre invece “As a man“, “Wish” e soprattutto “Swimming Pool” danno al pubblico le impressioni e i colori di un arrangiamento che sa farsi languido, avvolgente, intimista.
La strumentale, virtuosa e chitarristica “Rider to the sea” è come un richiamo per tutto coloro che si innamorarono di lei col disco d’esordio del 2011: l’applauso è forte e lo è ancor di più per la successiva, trionfante “Suzanne & I” dall’incedere trionfante. Di nuovo, con “I’ll be your man” sperimentiamo quell’alternanza tra ‘ombre e luci’, ‘alta e bassa marea’, graffi e squarci dell’anima e poi ritirata nell’oscurità.
“Desire” è forse il brano più gradito dal pubblico: incantesimo marziale e vagamente medio orientale, occasione per Anna di offrire ancor di più al pubblico la sua dote e il suo senso così rari per il canto, lasciando andare le redini e governando quel cavallo imbizzarrito con la maestria della fuoriclasse. Segue la scossa glam e cantilenante di “Don’t beat the girl out of my boy“, singolo luminoso estratto da “Hunter“, quindi il trip scurissimo e allucinato della già citata cover “Ghost Rider“.
Grazie ancora Anna: i tuoi concerti sono forse i più difficili da raccontare, ma tra i più intensi da vivere. Ombre e luci, tormento ed estasi. Pathos a volontà. Torneremo ad applaudirti molto presto.
Parole: Ariel Bertoldo
Immagini: Pasquale Colosimo