“Saluto la fraternità degli uomini, il mondo delle arti, e Anna Magnani“. Nell’aprile 1961, Jurij Gagarin, partito da Mosca a bordo della sua navicella spaziale Vostok, mandò questo messaggio. Compiendo la rotazone della terra, in quel momento di estrema euforia, il cosmonauta ha voluto essere il più celebrativo possibile: poche parole, ma le più indispensabili. Gli stornelli di Anna Magnani, la sua pungente invettiva, sembravano necessari anche in orbita, da Roma fino allo spazio. Perché ‘Roma è una città a parte’, con le sue macchiette e i miti. E ‘nannarella‘ è sempre stata Anna Magnani per i romani. Bisogna aver visto Roma per parlare della bellezza dell’attrice. Come la Lupa del Campidoglio, famelica e divoratrice con gli occhi; generosa e materna ti accoglie e ti salva. Quel riso amaro fatto di accento romano. Che un po’ per scherzo, un po’ sul serio, ti fa sua e non te n’accorgi.
Lavorava come doppiatrice alla “Fono Roma” fondata dall’ingegnere Salvatore Persichetti, e gli studi di registrazione erano nello stesso edificio abitato da Trilussa, Palazzo Corrodi. Alla morte del poeta romano Carlo Alberto Salustri, rimasero nel suo appartamento Rosa la governante e Pomponio, “un gattone nero grosso come un agnello”. Fu Anna a raccontare l’episodio su “Paese Sera“. Lei, accorgendosi che il gatto non era più nel palazzo, e che mai avrebbe lasciato la casa del suo padrone, venne a sapere che era stato portato via da un “personaggio” della Fono Roma dentro un sacco, per la superstizione del suo colore nero. Decise così di scioperare nel doppiaggio del film finché non fosse tornato a casa. Il giorno dopo, il gatto venne riportato al suo posto.
Dal set ai gatti per strada
Fu la prima a prendersi cura dei gatti di Largo di Torre Argentina. Ormai la colonia felina tra i ruderi di questa area sacra dell’antica Roma, è un patrimonio riconosciuto, anche grazie a lei. Ricorda il figlio Luca: “Verso sera “bisognava tagliare la carne”, piccoli pezzetti e striscioline sottilissime con l’aiuto delle forbici, nelle mani delle due cameriere. Per Lady, e tutti gli altri gatti di casa, tra cui l’amato, piccolo gatto tigrato rosso. Franco Zeffirelli ricordava quando Anna Magnani andava a svolgere le sue mansioni di ‘gattara’. E si copriva sempre con un foulard per non farsi riconoscere, e nel buio della sera, andava col cesto di cibo per i gatti randagi.
“Alle feste preferisco la solitudine, per riempirmi la serata bastano due gatti che giocano sul tappeto”. Zeffirelli la ricorda anche sul set di “Bellissima” di Visconti con Walter Chiari, quando nel mezzo delle riprese, si fermò per curare dei gattini randagi coperti di pulci. Visconti, che non aveva per nulla approvato quella distrazione, in un momento di nervosismo aveva scagliato via uno dei cuccioli. “Se ti azzardi a farlo un’altra volta, ti giuro che non mi rivedi più finché campi“. Le parole dell’attrice, fulminarono il maestro.
Anna quanto sei bella a prima sera
Lei doveva essere Cesira mentre Sophia Loren era stata scritturata per la parte della figlia Rosetta, nel film “La ciociara” del 1960. Il regista George Cukor rifiutò di girare il film, sostituito da Vittorio De Sica, convinto che Sophia, con il suo carattere, non poteva interpretare il ruolo della ragazzina violentata. E sacrificò così la parte di Anna. Una sera, la Magnani, incontrò a cena De Sica, dopo che non si erano più rivisti ne sentiti, e lei sciolse le titubanze di lui con un “Vitto’, te possino...”. “Ah, che sera… nun se rimedia ‘na lira pe’ Roma, …Er barista je portava la guantiera, Colla bira e cor caffè che allora c’era“. Strofe di “Com’è bello fa’ l’amore quando è sera“, da “Mamma Roma” film del 1962 di Pier Paolo Pasolini. “Quando se semo sposati eravamo venti persone. Semo iti in chiesa uno alla volta, il primo è partito alle nove, e l’ultimo a mezzogiorno. Partivamo staccati dieci minuti uno dall’altro per nun dà nell’occhio. Perché mi’ marito era ricercato da la Polizia..”. Così parlava Roma Garofolo, la musa-prostituta di Pasolini.
Si vede dallo sguardo com’è Anna Magnani, non serve conoscerla. Si presenta così, sempre. Con il suo coraggio indomito. Sul palcoscenico, a piedi nelle strade, e sullo schermo, dove, in qualunque film, interpreta solo se stessa. Un raro personaggio che sembra non aver mai badato alla popolarità, a cui sorrideva con amarezza, scontentezza e insicurezza. “Tra una lacrima di troppo e una carezza di meno“, così si presentava, e senza vezzi, diceva “Assomiglio alla mia cavalla“. Animale nobile, coraggioso, e nervoso. Nessuno ne dubitò mai. Jean Renoir regista che la volle per “La carrozza d’oro” del ’52, scrive di lei : “La Magnani è la quinta essenza dell’Italia, e anche la personificazione più completa del teatro, del vero teatro con scenari di cartapesta una bugia fumosa e degli stracci dorati, dovevo logicamente rifugiarmi nella commedia dell’arte e prendere con me in questo bagno la Magnani, le sono grato per aver simboleggiato nel mio film tutte le altre attrici del mondo”.
Storia d’amore e di vulcani
Un piatto di spaghetti finito in testa a Roberto Rossellini. Non è la scena rubata a qualche film, era la realtà. Viscerale con quel suo slancio esistenziale, una che aveva nella pancia la facoltà di pensare e agire, Anna Magnani piaceva così a Rossellini. Che la scelse, fuoco perfetto per il suo film “Roma città aperta“. “Finirà, Pina, finirà. E tornerà pure la primavera. E sarà più bella delle altre, perché saremo liberi“: la storia del cinema si divide in prima e dopo “Roma città aperta“. E anche le storie d’amore al cinema, sembrano dividersi in prima e dopo Anna Magnani e Roberto Rossellini. Eruttò come un ‘vulcano’, in un cratere di rivalità incandescente, l’amore della diva del cinema. “Stromboli“, il nuovo film promesso alla Magnani, lo farà la Bergman: così titolavano i giornali dell’epoca. Doppio tradimento, sentimentale ed artistico, per Anna. Che sbarca a Vulcano. Avendo chiesto direttamente ad Hollywood, un film per lei, ambientato anch’esso su di un’isola vulcanica. I moti dell’animo, fuochi e scintille in eruzione, sembravano trovare reale rappresentazione nell’ambiente circostante. La vendetta era brucente come lava. Un cratere venne dedicato ad Anna: è su Venere, largo 26 km.
Il Time titolava: “Divina, semplicemente divina”. “Ti ho sentito gridare Francesco dietro un camion e non ti ho più dimenticato”, scrive Giuseppe Ungaretti. “Anna verrà
Col suo modo di guardarci dentro… Raccoglieremo i cani per strada, Ci inventeremo qualche altra cosa“: “Anna” di Pino Daniele, è lei. Nessun dubbio. Si riconosce al primo ascolto. Il cantautore napoletano ha composto il brano per Fantastico del 1989, condotto da Massimo Ranieri. Fu il presentatore a chiedere all’amico quella che doveva essere la sigla finale. Pino pensò ad un omaggio ad Anna Magnani. Addirittura ne fu incisa una copia a casa di Daniele su una musicassetta. Ma il capostruttura Rai, non si convinse. E Anni dopo, Pino lanciò da solo il pezzo. Da un ‘mascalzone latino’, la dedica a una vera italiana. Una donna sola contro la guerra. “Dimmi quando questa guerra finirà..“: libera, come era, con una mano in petto, in una città, in un mondo che aspetta ancora Anna.
Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema