In adolescenza si hanno quasi sempre idoli o eroi, nella mia e di molti altri, loro erano i miei. Il 21 luglio del 1987 uscì uno degli album d’esordio di maggior successo nella storia della musica: Appetite for Destruction. La firma? Ovviamente i Guns N’ Roses. Messo in commercio con il marchio Geffen Records, il disco rappresenta l’irruzione vera e propria della band californiana sulla scena. Appetite è un diamante, un non tanto piccolo capolavoro che fonde Rock N’ Roll classico spingendone le sonorità ai confini dell’Hard-Rock, sempre sotto l’egida delle radici blues. Punk attitude, sporco, di strada, vero come poche altre opere possono essere state create.
L’irruzione sconvolgente dei Guns N’ Roses
I Guns N’ Roses nel 1987 avevano da un paio d’anni trovato la loro formazione definitiva, dopo le esperienze embrionali degli Hollywood Rose e L.A Guns andate in fumo. Il quintetto si presentava quindi cosi: Axl Rose, Slash, Izzy Stradlin, Duff Mckagan, Steven Adler. Inizialmente per la produzione dell’album fu proposto Paul Stanley dei Kiss, ma successivamente il lavoro venne affidato al giovare Mike Clink. Clink ebbe non poche difficoltà per il missaggio del cd, non ultima la richiesta da parte della band di incidere le parti separatamente. Ma in uno studio californiano dal gennaio del 1987 iniziò il lavoro di uno degli album più importanti e venduti della storia della musica ( 30 milioni di copie nel mondo e primo nelle classifiche). Ripercorriamo qui i brani che lo compongono.
Welcome To The Jungle
La prima traccia è il sinistro ‘benvenuto’ ai guai più famoso della musica. Welcome To The Jungle è un autentico crescendo rossiniano che racconta il degrado, le promiscuità e i pericoli della Los Angeles degli anni ’80. Il riff distorto nella intro della Les Paul di Slash è una pietra miliare tra gli eroi dello strumento; e l’introduzione vocale che spesso Axl adopera nei live, è un avvertimento simile alla tromba per la carica della cavalleria in battaglia, “le Valchirie”. Un grido acuto e graffiato che aizza folle scalmanate da tre decadi sotto il monito di:” Do you know where you are?! You’re in the jungle baby! You’re gonna die!”. Sentenza che Axl ricevette da un folle clochard nel 1980 a Manhattan dopo aver abbandonato l’Indiana.
It’s So Easy
It’s So Easy è stato il primo singolo estratto dall’album. Inizialmente scritto da Duff McKagan, il brano presenta infatti un’atmosfera Punk con una linea di basso che lo contraddistingue per tutta la durata; facendone il marchio di fabbrica. La voce che qui Axl utilizza in un registro estremamente low ma canzonante, sardonico, parla di violenza e dell’arte del perder tempo. Fu ispirata da un incidente stradale al quale Slash assistette a New York sentendosi gridare contro:”Cars are crashing every night!”, riportata poi nel verso della strofa.
” Loaded like a freight train, flyin’ like an airplane, feelin’ like a space brain, one more time tonight ” Guns N’ Roses
Nightrain
Nightrain è uno splendido ‘omaggio’ ad un vino californiano il “Night Train Express“, alcolico abbondantemente usato dai Guns agli esordi. Essendo stati famosi per gli eccessi d’ogni forma, è facilmente intuibile come sia nata la leggenda che il brano sia effettivamente nato sotto effetto di questa sostanza. Izzy qui sale sugli scudi, elaborando un giro per chitarra ritmica rimasto iconico per potenza e coinvolgimento. Lo stesso riff portante di Slash, come il ritornello del resto, resero Nightrain un classico della band, anche d’apertura nei numerosi live.
Out Ta Get Me e Mr. Browstone
Out Ta Get Me è un pezzo duro, dal riff tagliente ed incisivo di matrice AC/DC, liberamente ispirato dalle scorribande di Axl con le forze dell’ordine ai tempi di Lafayette. Brano feroce, rancoroso, di pura rabbia e d’inadeguatezza sociale, inquieto e ai limiti della volgarità. L’esibizione al Ritz del 1988 ne è l’emblematica prova. In Mr. Brownstone invece emerge la parentela che lega i Guns a band eterne come gli Stones o gli Aerosmith. Canzone in cui il ritmo tribale della batteria scandisce il ‘mood’ dei 3 minuti e 46 che la compongono. Black Humour, inno all’ebrezza e alla vita sregolata, Brownstone è un neanche troppo velato riferimento all’eroina. Nonché allo spacciatore di nome Brownlees che all’epoca li riforniva. Quasi a riprendere il tono di Jack Skeletron in Nightmare Before Christmas.
Paradise City
Un ritornello che riporta alla mente i fasti degli anni ’70 è ciò che apre Paradise City. I Guns N’ Roses lanciano a parole la loro più alta speranza di vita: “Take me down to the Paradise City, where the grass is green and the girls are pretty, take … me … home !”. In stile Lynyrd Skynyrd il pezzo fu creato su un pulmino di ritorno da un concerto, intro e chorus sul quale Axl scrisse il testo. Los Angeles si svegliava dal sogno dell’era di Ronald Reagan scoprendosi quindi disillusa e corrotta. La doppia anima che caratterizza il brano, l’energia del ritornello e il satirico cinismo delle strofe fonda il sostrato su questo. L’apoteosi dell’ultima parte, il grido di Axl a suonar nuovamente la carica, l’accelerazione ritmica in puro Hard-Rock hanno consacrato Paradise City ad inno di chiusura di tutti i concerti dei Guns.
My Michelle e Think About You
My Michelle e Think About You sono probabilmente i due brani dei Guns che maggiormente risentono dell’influenza della musica dei Led Zeppelin. La prma è un’ode brutale e distorta a Michelle Young, amica della band e di Axl e alla sua vita intrisa di vicende private traumatiche e spiacevoli. Una canzone dura, dalle sonorità punk e cupe. Think About You è invece un ballad agrodolce su un amore finito, firma Izzy Stradlin. La canzone prosegue per quasi tutta la sua durata a ritmo sostenuto, raggiungendo uno splendido apice di canti e controcanti, prima di rallentare e risolversi in una chiusura malinconica e arpeggiata, stile Baby I’m Gonna Leave You.
Sweet Child O’ Mine
La hit per eccellenza, l’asso nella manica che li rese definitivamente Mainstream. Sweet Child O’ Mine è la perla all’interno dell’album. In vetta alla classifica Billboard Hot 100, tra i migliori singoli del 1988 e tra le migliori canzoni d’ogni tempo per Rolling Stone, usata ed abusata per centinaia di spot, sigle e campagne elettorali; in realtà è una poesia ‘elettrica’ dedicata all’allora fidanzata di Axl: Erin Everly. Un gaio ed immortale intro della chitarra di Slash, diventato mito ed emerso giochicchiando in una session strumentale con Steven Adler. Cosi come l’assolo, un’opera d’arte d’infinita classe ed uno stile tra i più riconoscibili della musica moderna. La particolarità del videoclip che vede suonare la band in bianco e nero inoltre, per poi tornare al colore solo nell’ultima sequenza; fanno di Sweet Child O’ Mine un riferimento per il genere e gli anni 80′.
You’re Crazy, Anything Goes e Rocket Queen
You’re Crazy è un’esagitata versione di un pezzo più lento, che nel successivo “G N’R Lies” verrà pubblicata in acustico. Tratta il tema di un amore fallimentare verso una ragazza ed il titolo lo evidenzia ironicamente. Anything Goes è il brano per cui i Guns vennero tacciati di sessismo e misoginia; equivoci in cui spesso la band è incappata per i contenuti dei loro testi. Accadrà ancora con One In A Million. Anche qui il cambio di ritmo nell’ultima parte, rende il pezzo di piacevolissimo ascolto. Ma è con la canzone di chiusura dell’album Rocket Queen, che i Guns N’ Roses ci danno il migliore dei commiati possibili. Sottovalutatissima, sensuale, provocatoria (si possono udire in sottofondo gemiti di un vero amplesso tra Axl e Adriana Smith, amica e volto tatuato sul braccio di lui) ma dolce ed entusiasmante nel finale; Rocket Queen è una vera e propria gemma nascosta.
La controversa copertina che li rese iconografici
Per la copertina, la primissima idea della band era di inserire un fotogramma del disastro dello Space Shuttle Challenger, esploso in volo il 28 gennaio 1986. Ma la Geffen gli fece notare il pessimo gusto della scelta. Successivamente un’immagine d’un artista di Los Angeles di nome Robert Williams fu notata da Axl e compagni. Williams era un esponente del movimento artistico Lowbrow Art, nato alla fine degli anni ’70 con il nome di Pop Surrealismo. L’opera chiamata dapprima Appetite For Destruction, dando casualmente il titolo all’album; raffigurava un mostro volante intento a fare giustizia salvando una ragazza stuprata da un robot. Con intenti anche di denuncia sociale contro il sistema industriale, la copertina fu messa sul mercato scatenando però come previsto numerose controversie.
Axl guardandosi l’avambraccio ebbe quindi l’illuminazione. La scelta cadde sull’immagine di uno dei suoi tatuaggi: una croce celtica raffigurante ad ogni estremità i teschi degli elementi della band. Disegnata da Billy White Jr, studente d’arte a Long Beach ed ispirata ai Thin Lizzy; la croce trasforma la copertina di Appetite in un’icona, un simbolo generazionale e logo del gruppo. Nonostante diversi capolavori come Don’t Cry, November Rain, Civil War furono esclusi, già scritti all’epoca e finiti poi nei due volumi di Use Your Illusion; Appetite For Destruction diventa e rimane a 33 anni di distanza, una pietra miliare del genere. Un album completo, quadrato, definito da esperti del settore e addetti ai lavori come perfetto. L’urlo primordiale con cui i Guns N’ Roses, emancipandosi dallo squallore delle realtà dei bassifondi, hanno detto al mondo:” adesso ci siamo noi!”.
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