Anticonformista, blasfema e trasgressiva sono i tre aggettivi più usati per descrivere Arahmaiani. Parliamo di un’artista indonesiana, che ha voluto diventare una sacerdotessa di rituali contemporanei per ridare sacralità al corpo, potere alla spiritualità strumentalizzata dalle istituzioni religiose e valore all’equilibrio tra le energie femminili e maschili.
Il PAV (Parco Arte Vivente), ha ospitato a Torino – nella prima personale a lei dedicata – il racconto della sua carriera artistica, con la mostra “Politics of Disaster. Gender, Environment, Religion”. Un viaggio nella storia dell’Indonesia, un territorio affascinante ma che in Occidente, viene spesso guardato soltanto da un punto di vista turistico e di sfruttamento.
L’eclettica artista, si distingue per la criticità delle sue opere, con le quali non risparmia accuse al potere e alle istituzioni religiose, inclusi gli integralismi islamici e le repressioni dello stato indonesiano. Il suo essere critica e “controcorrente”, le è costato il carcere e il divieto di esporre i suoi lavori, sino alla fine della dittatura militare di Suharto nel 1998. Emblematiche a tal proposito, “Etalase” (1994), teca di vetro con esposte all’interno una statuetta di Buddha, una bottiglia di Coca-Cola, il Corano e una confezione di preservativi; e “Lingga-Yoni” (1993) definita “opera spiritualmente sovversiva” che le ha causato minacce di morte e l’accusa di blasfemia, costringendola a lasciare il paese.
Arahmaiani: la lotta per la liberazione femminile è una lotta di classe
La prospettiva di Arahmaiani è definita “eco-femminista” poichè coniuga l’analisi dello sfruttamento del corpo e del lavoro delle donne con lo sfruttamento delle risorse naturali. Le sue opere, caratterizzate da un mix di ironia e tragicità, mirano a distruggere leggi sociali intrinsecamente ingiuste e ideologie violente, per mostrare un’alternativa fatta di dialogo e spontaneità.
La sua pratica, vicina al movimento delle donne in Indonesia non è certamente ascrivibile alle categorie del femminismo occidentale, troppo preoccupato per l’indipendenza e l’auto-affermazione individuale, rispetto allo stato di disuguaglianza e drammatica iniquità del sud del mondo (…). La sua prossimità è, piuttosto, con le posizioni del femminismo marxista.
Arahmaiani infatti, si allontana dal femminismo di stampo occidentale e si accosta ad un approccio filo-marxista, dove la lotta per la liberazione femminile non può che essere una lotta di classe. La sua idea di libertà, è stata pienamente espressa in “His-Story” (2000), quando l’artista ha invitato il pubblico a scrivere sul suo corpo. Un vero e proprio gesto di ribellione, contro il divieto di toccare le donne in pubblico. Arahmaiani è un’artista provocatrice, la quale critica e contrasta le società patriarcali. Società che vedono l’attivismo e l’emancipazione femminile contronatura, e il corpo fertile della donna simbolo di impurità. Arahmaiani è una donna ribelle, che lotta contro le menti contaminate dal pregiudizio. Non si accosta a nessun tipo di femminismo o ideologia, ma esprime un concetto più ampio di libertà e indipendenza.