Argentina: il Rosario Central si dissangua

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Di Redazione Metropolitan

La Superliga volge al termine, e il Racing de Avellaneda è a 90 minuti dal titolo. Ma dalle parti di Rosario è un altro il tema che cattura l’attenzione: la possibile retrocessione del Rosario Central nel ’19/’20. Due mesi fa festeggiava la vittoria della Copa Argentina. E ora, la metà canalla della città del fútbol, trema e si dissangua, osservando il promedio che potrebbe condannarli alla B.

Las Canallas della città del fútbol

Rosario è la terza città Argentina, cosmopolita e pregna di bellezze architettoniche (tra cui il monumento alla bandiera). È la città al centro della zona più produttiva del paese, agraria, industriale e culturale. Ma soprattutto è conosciuta dagli appassionati e non solo come la città del calcio – la ciudad del Fútbol. La città dove sono nati e cresciuti orde di giocatori che hanno conquistato il paese, il continente e il mondo. Non a caso, tra questi, c’è un certo Messi, che nel 1987 nacque da un operaio di origini italiane e da una donna delle pulizie in un sobborgo di Rosario. È la capitale accademica del gioco.

Due stili di vita, paragonabili solo alla fede religiosa, dividono la città: Canallas da un lato e Leprosos dall’altra. Ossia, Rosario Central e Newell’s Old Boys. Un clasíco, risalente a più di un secondo fa, diede vita ai soprannomi delle due squadre. Il Central non si presentò ad una partita d’esibizione contro i rivali cittadini, organizzata dalle Dame di Carità di un ospedale di Rosario per sensibilizzare il popolo sui pericoli della lebbra. Il Newell’s invece arrivò al campo in orario, ma la partita non si disputò, e gli appellativi con i quali dirigenze e tifosi delle due squadre si accusarono nei giorni (e anni) seguenti rimasero scolpiti nella storia: Canaglie (Rosario Central), e Lebbrosi (Newell’s Old Boys). La prima è la squadra delle classi meno abbienti, la seconda di quelle più altolocate. Queste differenze (come quasi tutte nel mondo del calcio) col tempo si sono assottigliate, ma nell’immaginario collettivo sopravvivono.

Ma l’epiteto “città del calcio” non lo si deve soltanto alla folgorante rivalità che separa la città. E nemmeno al fatto che le due di Rosario sono le squadre con più titoli lontano da Buenos Aires. Non lo si deve neanche a Messi e alle figure che hanno attraversato Newell’s e Central (Maradona, Bielsa, Tata Martino, el Fideo Di Maria, Samuel, Mascherano, Balbo, el Flaco Menotti, Batistuta, Kempes). No, lo si deve soprattutto al fatto che – com’è tipico degli argentini – Rosario ha consacrato miti e leggende che vanno ben al di là dell’immaginazione. Il più conosciuto di questi è el Trinche Carlovich. Giocatore di origine serba dal mancino artistico e fantasioso. Uno sconfitto dalla nascita, che ha incantato la città negli anni ’70 nella serie B di Rosario a suon di rabone e tunnel (incarnando la filosofia di calcio argentino) e che soprattutto condusse una rappresentativa rosarina alla vittoria contro la selección. Insomma, una città in cui il calcio è più che parte della quotidianità della gente: il calcio è Rosario e la sua gente.

El Trinche Carlovich, mito del calcio Rosarino (fonte dal web)

Il panorama nero del Rosario Central

Ma di questi tempi, dalle parti del Gigante de Arroyito, la paura la sta facendo da padrone. Il Rosario Central e la sua gente infatti stanno tremando e si stanno dissanguando, alla ricerca di punti che possano far evitare la retrocessione. Dopo aver sollevato il trofeo (preceduti da 23 anni di astinenza) della Copa Argentina solo qualche mese fa, tutto è andato storto. 14 risultati negativi consecutivi. Dirigenza spaccata, allenatore esonerato (Bauza), allenatore scelto per il dopo Bauza esonerato dopo appena sei giornate insieme al DS (Ferrai e Cetto) e los guerreros – la parte più calda del tifo – hanno fatto sentire tutta la loro rabbia nei confronti di giocatori e dirigenza dopo la sconfitta (l’ennesima) di domenica contro un San Lorenzo in crisi (tornato alla vittoria dopo 15 risultati negativi). “Jugadores…la conch(*) de su madre!” hanno strillato.

E adesso?

Adesso la situazione è negativa. Il promedio – il cervellotico metodo di retrocessione argentino che calcola la media delle ultime tre stagioni – fa sì che il Rosario Central debba stare attentissimo alla prossima stagione dopo il ventesimo posto dell’anno scorso e il dodicesimo di quello ancora precedente. Dovrà chiudere bene queste ultime due partite di campionato e darsi la spinta per cambiare rotta nel prossimo. In mezzo ci sarà (ironia della sorte) la Supercoppa Argentina contro un Boca Juniors estremamente in forma di questo periodo. Vincere un trofeo potrebbe dare la scossa alla squadra e alla dirigenza per centrare l’obiettivo salvezza l’anno prossimo (dovrà arrivare tra i primi della classe). Certo, in questo momento si stanno rapidamente dissanguando: non si ha ancora un nome per la panchina, c’è una finale da giocare e l’ambiente è più che demoralizzato. In più mettiamoci che los leprosos si stanno sfregando le mani, e l’ansia in città sta aumentando a dismisura, da entrambi le parti. Ma le canaglie – nonostante tutto – non muoiono facilmente. Di questo si può star certi.