90 minuti da brividi hanno portato il Racing Club de Avellaneda a vincere il nono titolo della sua storia. La squadra di Licha López, di Chacho Coudet e di Diego Milito hanno fatto impazzire i biancocelesti di Avellaneda, e i festeggiamenti all’Obelisco sono durati fino al sorgere dell’alba. Come ha fatto? Ve lo spieghiamo noi.
90 minuti da brividi
90 minuti separavano l’Academia dal titolo. Bastava vincere. E il vantaggio di Solari di inizio ripresa e poi la traversa di Licha poco dopo hanno iniziato a far urlare i tifosi ammassati già dal pomeriggio ad Avellaneda. Ma al 94′ la punizione di Rodríguez ha dato il pareggio al suo Tigre in disperata lotta salvezza. 1 a 1. E quindi? Quindi bisogna ascoltare la radio a bordocampo e vedere se il Defensa y Justicia ce l’avesse fatta ad ottenere quei 3 punti che avrebbero rimandato tutto all’ultima gioranta, che le avrebbe messe una contro l’altra al Cilindro.
Ma da Florencio Varela è arrivata la buona notizia: il Defensa y Justicia ha pareggiato al 98′ contro l’Unión Santa Fe, ed è finita 1 a 1. Defensa y Justicia non ha vinto. La classifica è invariata: più 4 Racing a una giornata dalla fine della Superliga. E quindi? Quindi Racing Campeón.
Brilla blanco y celeste
In pochi minuti l’obelisco di Plaza de la República si è riempito di tifosi del Racing de Avellaneda. Una festa andata avanti tutta la notte fino al sorgere del sole, col bus dei campioni d’Argentina – con l’idolo, capitano, simbolo, capocannoniere Licha López davanti a tutti – che si è tuffato nella festa a notte inoltrata. Nell’oscurità argentina ha brillato il sentimento blaco y celeste.
Dopo cinque anni il Racing de Avellaneda è tornato a consacrarsi campione d’Argentina. Lo ha fatto grazie ad un Licha molto più che capocannoniere con 17 gol. Un capitano, un caudillo, pronto alla battaglia e a sobbarcarsi l’intero peso della squadra sulle sue possenti spalle.
Come lo ha fatto: Academia
Il Racing lo ha fatto portandosi in vetta alla classifica dalla quarta giornata e non mollandola più, vivendo ogni partita come una finale, con passione, garra e cervello. Incluso quando sono arrivati i due schiaffi che il River Plate gli ha rifilato nella stagione (una in campionato, una ai quarti di finale di Libertadores), rialzandosi e restando compatti verso l’obiettivo finale.
Lo ha fatto con una colonna vertebrale di giocatori importanti: dal portiere Arias, passando per Donatti in difesa, dal cileno Diaz a centrocampo, fino al volante Zaracho, ragazzo premiato anche dalla convocazione in nazionale. E ovviamente, neanche a dirlo, grazie al capitano e bomber López.
Il Racing lo ha fatto grazie ad una abnegazione totale al suo mister Chacho Coudet, che finalmente si è tolto la zavorra dello sconfitto, esultando per la prima volta dopo due finali perse con il Rosario Central. Dimostrando di essere un tecnico propositivo, che si assume rischi, che osa e sa vincere. E così è entrato nella storia del Racing, una delle gradi del calcio mondiale.
Lo ha fatto anche dietro le scrivanie. La dirigenzia de la Academia, infatti, con l’arrivo da Manager di Diego El Principe Milito, insieme con il presidente Blanco e il tecnico Coudet, hanno dimostrato di essere un tridente perfetto per formare una squadra pronta a vincere con giovani interessanti
El Clásico
Ma a determinare la vittoria di questo campionato non può che essere stata una singola partita. È vero, qualcuno di voi dirà che un campionato non si vince in una singola partita. Ma chi vi scrive assicura che il derby di Avellaneda vale molto di più di 3 punti.
Il Clásico contro l’Independiente è stata la montagna più alta da scalare, perfino più alta del River. Perché la sfida tra Diablos e Academia vale – sempre e per sempre – moltissimo da tutti i punti di vista, soprattutto se il rivale può farti sprofondare. Ad Avellaneda a volte è valso intere stagioni.
Licha Lopez (Racing) esulta dopo il gol sul campo dell’Independiente (fonte: ole.com.ar)
Ne parlammo, su queste pagine, di quella delirante vittoria del Racing per 3 a 1 sul campo degli eterni rivali di quartiere, senza tifosi ospiti e oppressi dai 40 mila e passa diavoli. Ma Arias in porta e Licha davanti si ersero sopra tutti riuscendo a portare a casa una vittoria in un momento decisivo contro un rivale d’eccezione.
Quella vittoria è valsa il nono titolo della storia del Racing Club de Avellaneda nel calcio professionistico. Quella vittoria ha giustificato le altre 17 in campionato, i 42 gol fatti e i 15 subiti. Ha giustificato il dolore, le malinconie, il buon gioco visto a tratti e la difesa a oltranza vista in altri. Insomma, quando si dice che un Clásico vuol dire più di tre punti…Dale Campeón!