Cinema

“Armageddon Time – Il Tempo dell’Apocalisse”: il film di James Gray, 7 minuti d’applausi a Cannes

L’America malata di razzismo e classismo degli anni ’80. Dove il rimedio è nella fratellanza hippy, in un amico afroamericano al tuo fianco. E per nonno un Anthony Hopkins che ti prende per mano, ti chiede un abbraccio forte, e ti indica la strada. Quando la vita chiama a decidere che adulti vogliamo diventare. Chi si salva lo fa sempre perdendo qualcosa. “Armageddon Time – Il Tempo dell’Apocalisse“, di James Gray dal 23 Marzo al cinema. Sotto la presidenza di Ronald Reagan: l’ex attore di Hollywood con il fiuto del grande comunicatore.

Il Tempo di esser un vero uomo

Armageddon Time Il tempo dell'Apocalisse, foto SlugScript
“Armageddon Time Il Tempo dell’Apocalisse”, Foto “SlugScript”

Paul (Banks Repeta) è un ragazzino di dodici anni di Queens, il distretto più grande di New York, che ha per amico Johnny (Jaylin Webb). Uno bianco ed ebreo, l’altro nero. I genitori di Paul (Anne Hathaway e Jeremy Strong), decidono di allontanarlo da Johnny e mandarlo in una scuola prestigiosa, frequentata solo da bianchi. Un college, l’istituzione venerabile e borghese. Una lotta impari e controculturale, spacca gli Stati Uniti: la società è affetta da disuguaglianza. Entrambi i giovani cercano riscatto. Sarà nonno Aaron (l’85enne Anthony Hopkins) a insegnare al nipote il coraggio. Forse, a ‘coltivare la sua ribellione’. Raccontandogli che solo qualche decennio prima, gli ebrei venivano perseguitati e allontanati.

Difendere chi è discriminato: sarà la nuova ragione di vita del ragazzo. Sembrerebbe la lezione già scritta da Arthur Rimbaud: “Par delicatesse j’ai perdu ma vie“, per gentilezza ho perso la mia vita..”. Così il capostipite Aaron, insegna l’imperativo morale di non dover rimanere mai in silenzio. “A volte gli altri dicono brutte parole sui ragazzi neri“, dice il ragazzo al nonno. Nonno Aaron: “E tu che fai quando capita?“. Paul: “Beh, io non faccio niente, è ovvio“. Nonno: “E ti credi furbo?!”. Un cast eccellente con Oscar Isaac, Anne Hathaway, Robert De Niro, Cate Blanchett, Banks Repeta e Jeremy Strong. Inizialmente erano stati scelti per i ruoli principali Robert De Niro e Cate Blanchett che si ritirarono. Il regista James Gray, lo stesso di “I Padroni della notte“, con “Armageddon Time” porta sullo schermo un pezzo della sua vita e della sua famiglia. Lui è nato a New York nel 1969, e proprio come il bambino protagonista, è di famiglia ebrea della piccola borghesia, emigrata.

Armageddon e il nonno d’America

È stato difficile per me parlare con gli attori, perché volevano saperne di più sui miei genitori e io non volevo un’imitazione, quindi impedivo loro di prendere informazioni“, ha dichiarato il regista, aggiungendo di aver provato in fase di nontaggio, un senso di malinconia, rendendosi conto di aver raccontato la vita di persone che non ci sono più. “Mio fratello ha visto il film una settimana fa a New York e mi ha detto che gli ha fatto male, perché gli sembrava come se il tempo si fosse congelato”, dice Gray.

Amaro, con un senso di colpa che rischia di diventare anche proprio. Tra persecuzioni, antisemitismo, e la memoria dell’Olocausto; un fardello pesante al linguaggio della ragione, un nodo in gola per l’animo. Anthony Hopkins è perfetto a illuminare i significati del film. Racconta che nonno Aron è molto simile al suo nonno materno: “Eravamo terribilmente vicini. Mi ha dato un grande senso di fiducia per andare avanti con la vita”. Per la Hathaway, a cui è affidato il ruolo della madre Esther, è stata una grande responsabilità, per il carattere autobiografico della storia. Così per Strong, che recita la parte del padre Irving, severo e dignitoso, che per prepararsi e impersonare al meglio il personaggio, ha seguito vari idraulici.

Perché chiamarla ‘Apocalisse’

Banks Repeta, è al suo primo ruolo drammatico. Aveva girato l’horror “Le strade del male” (2020) e “Black Phone” (2021). Un’anima tenera, riccioli rossi e il vento in corpo, nei panni del piccolo Paul Graff. Un sognatore con talento artistico, e una peste a scuola. Ribelle ma con passione. Rapito dal compagno di classe di colore, che parla con stupore dell’allunaggio, avvenuto 11 anni prima, quando era troppo giovane per ricordarlo. Armageddon Time è il primo film girato in digitale da James Gray. Insieme al direttore della fotografia, avrebbero preferito su pellicola, ma a causa anche della incombente pandemia, hanno adottato la tecnologia digitale, e limitato il budget.

Il titolo del film è un riferimento alla canzone “Armagideon Time” dei “The Clash“. Il regista chiarisce meglio il significato del nome: “L’idea su cui si fonda il titolo è che si trattasse per Paul di un’apocalisse dover andare via in quel modo, andare in una nuova scuola e sentirsi sbattere in faccia la parola Neg*o”. Ma è anche un forte riferimento a Reagan, che parlava sempre dell’Armageddon, la revolution e la fine del mondo. Il Presidente sta per essere eletto, e la mamma ebrea ucraina (Anne Hathaway), dice: «Ci sarà una guerra nucleare!». Lui, 40° Presidente degli Usa, ha dato vita al sogno americano, all’America come la vediamo oggi. Lui che si era esposto dicendo «non vogliamo i voti dei razzisti… non li vuole il partito».

Il sogno Reagan, l’ombra Trump

Nel film, anche le prime tracce della famiglia Trump. “Con l’elezione di Trump i miei sentimenti si sono acuiti. Questo perché la famiglia Trump era molto presente a Kew-Forest. Fred Trump Sr. e la figlia Maryanne vennero addirittura a parlare a scuola”, dichiara Gray che non fa mistero delle sue impressioni politiche, delineate nel film. Le musiche sono di Christopher Spelman, compositore newyorkese, che ha già collaborato con James Gray nel thriller d’azione “I padroni della notte“; l’anno dopo il sodalizio prosegue nel dramma “Two Lovers” (2008); nel 2013 “C’era una volta a New York”, e “Civiltà perduta” (2016) con cui l’artista riceve due candidature per la Migliore musica originale. Presentato in concorso a Cannes 2022, “Armageddon Time – Il Tempo dell’Apocalisse“, ha ricevuto una standing ovation di ben 7 minuti. E il successo al botteghino si è confermato, con l’incasso nelle prime 3 settimane di programmazione di 1,8 milioni di dollari, e 72 mila dollari nel primo weekend.

Federica De Candia

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