Un fattore di cui si sta parlando in modo più diffuso soltanto nell’ultimo periodo riguarda gli effetti che il ciclo mestruale può avere sulle performance sportive. Negli ultimi tempi infatti alcune atlete hanno cominciato a rendere note le loro storie e come il ciclo sia stato talvolta un ostacolo alle prestazioni. La medagliata olimpica britannica Dina Asher-Smith, ad esempio, la scorsa estate durante gli Europei di atletica leggera aveva sottolineato come non ci fossero ancora molti studi a riguardo. Non si può dire che la situazione si sia evoluta ma se non altro sta maturando via via una maggiore consapevolezza.
Dina Asher-Smith: “Se il ciclo riguardasse gli uomini, avremmo milioni di modi diversi per combatterlo”

La questione c’è da sempre ma nell’ultimo periodo si è sfatato il tabù del parlarne in modo tranquillo, come dovrebbe essere in qualsiasi situazione dal momento che si tratta di una questione fisiologica. A contribuire a questo ci hanno pensato alcune campionesse del mondo dello sport, tra le prime ad essere giustamente e direttamente interessate. Da parte loro però è arrivato anche un piccolo grido di allarme: la mancanza di ricerca a riguardo dell’impatto sulle prestazioni sportive.
Dina Asher-Smith la scorsa estate si era dovuta fermare durante la finale europea dei 100m a causa dei crampi provocati dal ciclo. Poco dopo poi nelle interviste rilasciate alla BBC aveva sottolineato: “Le persone non ne parlano spesso perché vedono che le donne sono sempre state così costanti e poi all’improvviso c’è un casuale calo. Dietro le quinte stanno lottando davvero, ma poi da fuori tutti dicono ‘Cos’è successo? Che strano’, quindi si potrebbe migliorare con maggiori fondi per la ricerca. Mi sembra quasi che se riguardasse gli uomini, avremmo avuto milioni di modi diversi per combatterla, ma per le donne ci vorrebbero maggiori fondi“.
Federica Pellegrini, i tecnici devono prendere maggiore dimestichezza con l’argomento
Qualche mese dopo le dichiarazioni di Dina Asher-Smith, la pluricampionessa di nuoto Federica Pellegrini aveva ribadito il concetto e portato la tematica con maggiore vigore anche in campo italiano. Nello specifico, aveva discusso la tesi di laurea sulla questione e concesso un’intervista alla Stampa. Tra dolori e talvolta la perdita di forze la nuotatrice si era accorta della necessità di dover agire in modo diverso per rapportarsi al meglio con gli allenamenti. Il suo passo avanti fu infatti, come rivela lei stessa, la ricalibrazione delle sessioni di lavoro in base alla condizione fisica.
Proprio da questo punto si era poi mossa per affrontare il discorso a livello tecnico e soprattutto per far prendere coscienza agli allenatori sulla necessità di approfondire le questioni. Queste alcune delle sue parole rivolte alla Stampa: “Ai tecnici di nuova generazione conviene prendere dimestichezza con l’argomento perché le ragazze ne vogliono parlare. Poi per i parametri scientifici servono medici, persone competenti che ti aiutino a esaltare ciò che in quelle date funziona come sempre, la resistenza per esempio“.
Mikaela Shiffrin si sofferma anche sull’aumento del rischio infortuni
Di recente poi anche un’altra leggenda dello sport, spostandoci sulle discipline invernali, ha riportato alla ribalta la questione. Mikaela Shiffrin ha sottolineato anche i rischi di infortuni fisici che potrebbero potenzialmente derivare. Il ciclo può infatti portare ad un aumento dello stress per il corpo e la mente, maggiore fatica e dolore oltre ad un maggiore rischio di danni ai legamenti.
Ora servono aggiornamenti e studi
Nel suo piccolo ogni donna che abbia mai praticato uno sport ha dovuto rapportarsi con il ciclo mestruale. Tale fattore porta molto presto a doversi rapportare in modo adeguato con il proprio corpo in primo luogo e poi anche ad una maggiore accortezza nella preparazione degli allenamenti. Il problema però è che se all’interno degli ambienti femminili vi è coscienza di ciò da sempre, così non è al di fuori. Purtroppo la tematica rimane piuttosto trascurata e raramente tenuta in considerazione nel suo impatto sulle prestazioni sportive. Testimonianza di ciò è la presenza di poche ricerche a riguardo e al giorno d’oggi investire su tali analisi dovrebbe essere quasi scontato.
Servirebbe da un lato anche una maggiore attività divulgativa e normalizzatrice. Per molti parlare del ciclo appare ancora un tabù e ciò non fa che rallentare i processi. Un maggiore approfondimento a livello scientifico aiuterebbe anche per favorire l’aggiornamento dei tecnici delle varie discipline in modo che possano appunto muoversi con allenamenti più adatti alle situazioni. Adesso un primo passo è stato fatto grazie alla condivisione delle testimonianze da parte di alcune protagoniste dello sport. Ora però necessario fare il successivo perché questa tematica venga finalmente affrontata con la giustizia che merita.
Maria Laura Scifo
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