Assoluzione perché incapace di intendere e di volere al momento del fatto. È questa la sentenza della prima corte d’Assise di Roma nei confronti di Gianluca Ciardelli, il giornalista e autore televisivo che uccise la moglie Lorella Tomei a maggio 2021 in un appartamento del quartiere Balduina. Dovrà restare 15 anni nella Rems di Ceccano.
Il figlio Simone, margine della sentenza, parlando a Repubblica ha detto che «dopo le perizie me l’aspettavo. Quello che penso è che lo Stato e la giustizia italiana, così com’è adesso, non tutela le famiglie che hanno in casa persone con queste patologie. Quindici anni in una Rems non è una sentenza che tutela le famiglie né la collettività. Mio padre aveva avuto diverse crisi: penso che se lo Stato fosse più presente… forse non tutti i delitti, ma alcuni delitti si potrebbero evitare». Simone Ciardelli con il padre «non ha più rapporti».
Si attendeva solo la sentenza che è quindi arrivata recependo quanto era stato chiesto dal Pm titolare dell’inchiesta, Antonio Verdi. Ciardelli, 63 anni, verrà quindi ristretto e curato presso una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Anche il Pm, durante la requisitoria finale, pur sottolineando come, in casi analoghi, avrebbe richiesto il massimo della pena, ha constato i pesanti disturbi dell’uomo che lo hanno spinto a compiere l’efferato omicidio.
La perizia su Gianluca Ciardelli
La perizia, della quale si era discusso il 22 novembre, parlava di un soggetto affetto da una grave forma di disturbo bipolare maniacale, con una lunga storica clinica. “Il suo è un disturbo dell’umore gravissimo – hanno detto in aula gli esperti – il suo tentativo di occultamento degli oggetti utilizzati per colpire la signora furono grotteschi e maldestri”. Al momento dell’omicidio, hanno spiegato i due specialisti, l’imputato era “privo di copertura farmacologica, anche al suo psichiatra aveva mentito affermando che stava continuando ad assumere i farmaci per la sua grave patologia. “Resta l’alta pericolosità sociale” hanno affermato i due periti spiegando che l’uomo, anche in caso di assoluzione per infermità mentale, dovrà continuare a restare in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems). E così è stato.
Come si intuisce facilmente, Ciardelli dopo aver commesso il delitto ha rimosso completamente ogni cosa preoccupandosi come fosse possibile che la mogle era immobile nel letto: in realtà era giò senza vita e la perizia ha sottolineato la chiarezza dello “stato psichico alterato”. Gli specialisti che si sono occupati del caso, Rolando Paterniti e Vittorio Fineschi, hanno parlato di Ciardelli definendolo “un soggetto affetto da una grave forma di disturbo bipolare maniacale”: per eliminare le tracce di sangue avrebbe usato una “candeggina che non ha effetti” e quindi non adatta al suo scopo.
La vittima, Lorella Tomei, fu uccisa con un oggetto verosimilmente in ceramica i cui cocci furono fatti sparire nell’immondizia ma in maniera “grottesca e maldestra”: nel momento dell’omicidio, Ciardelli non stava assumendo farmaci ma al medico che lo stava curando raccontò la versione opposta.