Le TURBORECENSIONI SUPERVELOCI funzionano in tre stadi di sintesi.
MACH 3 è la sintesi massima, con voto.
MACH 2 entra leggermente più nel dettaglio, restando in poche righe.
MACH 1 invece diventa analisi più approfondita, cercando comunque di restare snella (anche se in questo caso è difficile), ma esaustiva.
Scegliete la velocità che più vi è congeniale.
Avengers:Endgame (qui, la recensione classica) è un film fantastico/fantascienza/action/avventura del 2019. Diretto da Joe & Anthony Russo, scritto da Cristopher Markus e Stephen McFeely con fotografia di Trent Opaloch, montaggio di
Jeffrey Ford e Matthew Schmidt, musiche di Alan Silvestri.
Nel cast, tra gli altri, Robert Downey Jr., Chris Evans, Mark Ruffalo, Cris Hemsworth, Scarlett Johansson, Jeremy Renner e Josh Brolin.
MACH 3 – TURBO
Se seguite l’MCU (Marvel Cinematic Universe) e lo avete fruito tutto da Iron Man fino a Captain Marvel, probabilmente Endgame l’avrete abbondantemente visto.
Ma se così non fosse, fatelo.
È un film gigantesco, bello, scritto bene, estremamente furbo ed intelligente. Ma soprattutto, emotivamente folgorante. I suoi (pochi e piccolissimi) ‘veri’ problemi, così come i suoi immensi e molteplici pregi, sono legati al suo essere il finale di altri 21 film.
Per gli spettatori ‘profani’, la visione è sconsigliata. Se avete tre ore di tempo e nient’altro da fare, magari ve le passerete divertendovi.
Il mio consiglio, però, è di recuperare tutte le puntate precedenti e correre al cinema.
25-26/30
MACH 2 – SUPERVELOCE
Il film gestisce con sapienza tutti gli aspetti del tipo di narrazione che incarna, a metà tra il cinema e la serie tv, con pregi e difetti che ne derivano. Ha corpo interno solido, ma splende al massimo come culmine di una lunga serie di storie interconnesse.
Ci sono dei piccoli problemi nel ritmo interno del film, che alle volte sembra volersi concentrare di più sull’essere un omaggio a tutta la saga piuttosto che una storia all’interno della stessa e soffre di una marcata (per quanto ormai abituale, nel Marvel Cinematic Universe) carenza di idee visivamente creative.
Tutto è messo in scena in maniera competente, ma non ci sono (o ci sono molto poche) trovate di composizione, montaggio, movimenti di macchina, sound design o fotografia che siano realmente degne di nota e tutto si muove trascinato dalle interpretazioni, dalle coreografie, dal design degli eroi, ma soprattutto dalla scrittura dei personaggi e delle situazioni.
Fortunatamente tale scrittura, al servizio di questo stile narrativo ibrido, sa fare cose meravigliose, potentissime e commoventi, che potrete vivere solo con un film del genere e che valgono ben più del prezzo del biglietto (a patto di aver visto tutti i film che lo precedono nel MCU)
Andate in sala (doverosamente preparati) il prima possibile, per sbalordirvi in lacrime.
MACH 1 – RECENSIONE
Difficile giudicare un film come questo.
Per farlo, devo fare un discorso sulla struttura narrativa dell’intero progetto MCU e perdonatemi se mi dilungherò più del dovuto.
Togliamoci via il dente, perché fino ad ora abbiamo parlato relativamente bene di questo bellissimo film e voglio ricominciare a farlo il prima possibile.
Avengers: Endgame è parte e conclusione di un mosaico enorme e dipende da altri 21 film… dipenderà probabilmente anche da altri 21 a venire, visto come Captain Marvel ha gettato nuova luce su eventi di storie molto antecedenti e che sembrava non avessero ormai molto da dire.
I film di questo mosaico hanno un paio di grossi problemi, perché nessuno di loro è una storia o un prodotto realmente autosufficiente.
Il primo problema è l’abbattimento della personalità dei singoli ‘episodi’ al fine di una visione d’insieme. Affinché ogni pellicola sembri parte di un universo condiviso, si è scelto di renderle (quasi) tutte molto simili tra loro e molto standard da un punto di vista delle idee visive. Il che è un vero peccato, perché è triste vedere come quel materiale originale così colorato, delirante, psichedelico, assurdo, espressionista e formalista non trovi una traduzione altrettanto creativa nelle ‘versioni’ per il grande schermo.
È incredibile come la matematica anarchia allucinata con la quale Perez e Lim costruivano le tavole di Infinity Gauntlet (l’arco narrativo a fumetti dal quale gli ultimi due Avengers prendono spunto) non trovi alcun corrispettivo nella materia filmica di Infinity War, ma soprattutto di Endgame.
In secondo luogo, la ragnatela di storie rende praticamente impossibile giudicare molti dei suoi film come prodotti unici. Alcuni vivono meglio di altri in solitaria, ma altri chiedono allo spettatore di aver visto praticamente tutto il resto per mostrarsi nel loro splendore. Alcune cose che in un film possono essere considerate debolezze di sceneggiatura trovano in dieci film più avanti una giustificazione, un motivo di essere o cambiano persino di senso.
Questo rende impossibile relazionarsi a molti di questi film come tali, perché per essere giudicati a pieno necessitano della visione di molte, moltissime, forse troppe altre pellicole, magari peggiori e mediocri.
Al contempo, tale situazione rende altrettanto impossible giudicare la saga come una serie perché, per quanto Endgame sia un punto fermo per molte linee di racconto, la storia è in continuo divenire e finché il progetto non sarà del tutto chiuso, non potremo avere una visione d’insieme.
La natura ibrida del MCU gli dona accesso a tante cose buone (e splendide) di entrambi i mondi, ma anche a molti lati negativi, costringendo il pubblico in un ricatto di fruizione che crea un cortocircuito di giudizio non consentendo a (quasi) nessun film di essere pienamente, UN film.
Endgame soffre di entrambi questi difetti, anche più della sua controparte Infinity War, che aveva nella sua geniale costruzione della sceneggiatura e nella bellezza dell’interazione dei personaggi (alcuni dei quali non si erano mai incontrati prima), una compattezza e uno slancio orizzontale fortissimo.
Endgame ha l’infame compito di dover essere milioni di cose in una. È un tributo sentito a tutta la saga fino a questo punto, ma è anche il seguito di IW, ma è anche prosieguo di molteplici percorsi che alcuni personaggi avevano intrapreso nelle pellicole a loro dedicate.
Laddove però per alcuni si tratta di una conclusione, per altri è uno step intermedio. E questo pesa sul ritmo del film che possiede un respiro epico o conclusivo in certi punti e in altri no, glissando rapidamente sulla catarsi o sulla ‘chiosa’ di alcuni personaggi perché tanto ‘poi li rivedremo’.
Non tutte le parti drammatiche hanno il tempo di respirare come devono perché inserite in mezzo, magari, a qualcosa di rocambolesco.
Il film deve sviare l’attenzione, riprenderla, far ridere, far piangere, chiudere, aprire, togliere, mettere, presentare, salutare e probabilmente è davvero troppo.
Non perché il tutto sia mal gestito, anzi, ma perché la natura stessa del progetto rende un’impresa del genere davvero (e scusate il termine) eroica. Il solo compierla con dignità è atto degno di rispetto, perché forse fare tutto alla perfezione era davvero impossibile.
Ed è un peccato.
Ciò detto…
Così come ci sono cose che scricchiolano a causa del tipo di scelta narrativa, la modalità di fruizione del MCU ha portato al cinema una cosa che prima non esisteva.
La familiarità, la poliedricità dei personaggi e quel senso di appartenenza che hai nel portarti dietro, nel corso di più ore (o anni, se hai avuto modo di vedere tutto al cinema, nel corso del tempo) delle personalità che fa piacere rivedere. C’erano già stati esempi del genere con altre lunghe saghe, ma mai niente si era spinto così oltre.
E niente meglio dei supereroi poteva prestarsi ad un progetto del genere. Con la voglia sempre forte di vedere un nuovo personaggio, un nuovo potere, un nuovo aspetto dell’universo narrativo, una nuova metafora, un nuovo asso nella manica.
E così come ci ha dato la familiarità, ci ha dato la meraviglia nel vedere queste personalità interagire tra loro e farci scoprire cose nuove. Emozionarci, prenderci alla sprovvista, darci quello che volevamo e quello che non sapevamo di volere sono tra le cose che questa saga ha saputo fare meglio e che poteva fare solo con questo metodo di racconto.
Se giochi bene le tue carte, se sai esattamente quali passi fare e come far interagire le personalità che popolano i tuoi racconti, puoi davvero raggiungere qualcosa di fantastico.
Quando sai dare corpo a quei personaggi e creare dramma con quei corpi, non c’è niente che ti possa fermare.
E Avengers: Endgame oltre a molti dei difetti del progetto, ha in se tutti i suoi meravigliosi pregi.
Ha la furbizia e la giocositàdi blandire lo spettatore appassionato a suon di sinceri e coerenti ammiccamenti. Ha l’intelligenza di sovvertire le aspettative di chi guarda e di tenerlo sempre in dubbio su cosa succederà. Conosce inoltre quali tasti premere e quali dei tanti fili tirare della rete intessuta nelle precedenti pellicole, al fine di far esultare, ridere o commuovere il suo pubblico, con picchi di catarsi e potenza drammatica da far scoppiare più di un cuore.
E quando le cose si fanno serie e abbraccia il potenziale dei suoi pregi al massimo, raggiunge vette inarrivabili da altre forme di racconto filmico.
Sono sinceramente triste per chi non ha potuto godere di questa storia nel corso degli anni, crescendo con essa, guardandola in sala.
Perché un pregio importante di questa storia è che magari non è sempre una storia di cinema con la C maiuscola.
Ma è sempre stata una storia di SALA.
E per uno che ama la sala, tornarci ogni anno con frequenza quasi semestrale con l’obiettivo di scoprire nuovi eroi o ritrovarne di vecchi e sentire l’aria tremare era sempre una bella esperienza di comunione.
Assistere ad Endgame nel buio e davanti al grande schermo, con un pubblico di persone unite per lo stesso motivo, che stanno zitte, esultano, applaudono, si commuovono e vivono un’esperienza cinematografica insieme è uno dei ricordi che mi porterò dietro per sempre, finché avrò memoria.
Perchè l’MCU è stato un’esperienza del presente, generazionale. E se è vero che le grandi opere resistono allo scorrere del tempo, la nostra vita non lo fa. Ed è bello riempire un’esistenza con dei momenti di gioia condivisa, dei momenti da ‘io c’ero’. Perchè, come dice un certo sintezoide, alle volte ‘una cosa non è bella perchè dura’.
Quello che riesce a fare l’MCU non è impresa da poco.
Ed è una cosa che, filmicamente, è possibile solo con un progetto del genere.
Siete ancora in tempo.
Andate in sala preparati.
Vendicatori, uniti.
ALESSANDRO ROMITA
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