La scrittrice Banana Yoshimoto, nata il 24 luglio 1964, compie 56 anni, con oltre 40 romanzi pubblicati. Malinconia e poesia del Giappone contemporaneo
Kitchen, romanzo d’esordio: il cibo come surrogato dell’amore
“Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com’è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Se possibile le preferisco funzionali e vissute. Magari con tantissimi strofinacci asciutti e puliti e le piastrelle bianche che scintillano”. (tratto da Kitchen, 1988)
Il cibo e l’abbandono, l’amore venuto a mancare, il loro legame indissolubile nella ricerca di questa ragazza, protagonista di Kitchen, nel romanzo d’esordio di Banana Yoshimoto. Oggi la scrittrice giapponese, tra le più apprezzate in Occidente, compie 56 anni. Il suo primo romanzo è un inizio col botto, con più di 60 ristampe in Giappone e due film ispirati al romanzo, uno per la Tv giapponese e una versione prodotta a Hong Kong da Yim Ho nel 1997.
E’ sempre Kitchen, nella cui edizione è inserito anche il breve racconto Moonlight Shadow, ad averle fatto vincere il 16° Izumi Kyoka Literary Prize nel gennaio del 1988. I temi della solitudine giovanile nel Giappone contemporaneo e dei legami familiari ormai frantumati in un caleidoscopio universo onirico, sono nella letteratura della Yoshimoto una costante. Insieme a quello eterno e contaminante del lutto non elaborato e al culto della casa, che nei suoi romanzi la Yoshimoto riesce a far sentire sempre, anche in poche e nude frasi, un’estensione dell’anima.
I temi: l’amicizia, l’amore, la solitudine, la casa, l’abbandono, la morte….
In un altro suo grande successo, il romanzo Tsugumi, pubblicato nel 1989, la pensione che sta per essere trasformata in un grande albergo diventa il luogo dell’iniziazione ai momenti cruciali nel passaggio nella vita adulta: il distacco, il cambiamento, l’abbandono. Momenti che le due amiche protagoniste vivranno insieme, così come la malattia mortale che affligge una delle due.
… e le sette religiose
Altro tema ricorrente è quello delle sette religiose, molto diffuse nel Paese, che troviamo in romanzi come L’ultima amante di Hachiko (1994) e Honeymoon (1997). Dalla ragazza cresciuta nella comunità religiosa diretta dalla nonna veggente-guaritrice che insofferente, decide di fuggire seguendo un ragazzo deciso però, un giorno, a fare ritorno in India e quindi a lasciarla, alle inquietanti scoperte sulla setta di appartenenza dei genitori di Hiroshi, marito ed ex vicino di casa e compagno di infanzia di Manaka, la coppia protagonista di Honeymoon che a un certo punto si decide per una luna di miele consolatrice.
Gli adulti assenti ma ugualmente ingombranti
Nei romanzi della Yoshimoto gli adulti impongono la loro ingombrante presenza anche se materialmente non ci sono quasi mai. Sono le loro azioni a creare il limbo in cui vivono i giovani protagonisti, come ombrose figure fagocitanti che assorbono la loro energia vitale. Tutto è lento, sospeso e spento, come nei dipinti di Hopper ma con figure giovanili. In altri momenti, mentre si legge, ci si immagina nitidamente la scena, come in un fumetto. Ed è soprattutto grazie a questa straordinaria potenzialità iconografica che le sue opere sono state paragonate ai manga, sia per le vicende descritte che per i personaggi. Tra le sue amicizie, in effetti, c’è anche Kyoko Okazaki, famosa autrice di shōjo, i manga per ragazze.
La transessualità dei personaggi
Last but not least, la transessualità di molti suoi personaggi: in Kitchen, il padre del co-protagonista assume un’ identità femminile, in An other world (2017) la protagonista, Kataoka Noni, ha due papà. In Delfini, la protagonista Kimiko ha una relazione con un ragazzo da cui avrà un bambino ma convive con una donna. Come ha spiegato l’autrice stessa tempo fa, anche il suo nome d’arte, Banana, è stato scelto per la sua ambiguità e in diverse occasioni la scrittrice si è dichiarata a favore dei diritti Lgbt.
Anna Cavallo