Un’altra tragedia in mare questa volta nelle acque al largo della Libia, dove è naufragato un barcone con a bordo 47 migranti che si trovava alla deriva e per il quale era stato lanciato da ore un allarme da parte della Ong Alarm Phone.

Trenta migranti dispersi e 17 persone soccorse. E’  questo il bilancio secondo quanto riferisce la Guardia Costiera italiana che ricostruisce quanto accaduto. Nella notte dell’11 marzo, la Ong Alarm Phone ha segnalato al Centro Nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma, a quello maltese e a quello libico una barca con a bordo 47 migranti, in area Sar libica a circa 100 miglia dalle coste libiche. L’imbarcazione poi è stata avvistata dall’aereo della Ong Seabird 2 “il quale procedeva ad inviare una chiamata di soccorso e contattava il mercantile Basilis L. che confermava di dirigere verso il barchino – spiega la Guardia Costiera . Tutte le informazioni venivano fornite anche alle Autorità libiche e maltesi. Il mercantile Basilis L comunicava di avere il barchino a vista, fermo alla deriva, e di avere difficoltà a soccorrerli a causa delle avverse condizioni meteo in zona”. 

“Molte delle 47 persone a bordo risultano disperse” aveva fatto sapere Mediterranea Saving Humans, mentre Alarm Phone precisa che “secondo diverse fonti, decine di persone sono annegate”. Mediterranea aveva affermato che “le autorità Italiane da ieri avevano dato istruzioni alle navi mercantili presenti in zona, assumendo il coordinamento Sar. Ma i mercantili per 24 ore si sono limitati a osservare. Non risultano mobilitate le navi militari operative nell’area per Eunavformed e Irini”.

Nella scorsa nottata, sempre secondo Alarm Phone (che è una Ong creata da un’ampia rete di attivisti per allertare i soccorsi in mare), erano stati “persi i contatti” con l’imbarcazione in una situazione di “condizioni meteo avverse” e di “situazione di pericolo”.   

Altra tragrdia barcone migranti, Alarm Phone: “L’Italia ha ritardato i soccorsi”

“Trenta persone sono morte. Sarebbero ancora vive se l’Europa non avesse deciso di lasciarle annegare”, dice Alarm Phone, che nella notte tra venerdì e sabato era stata contattata dalle 47 persone in fuga dalla Libia sull’imbarcazione in pericolo poi naufragata. “Ci avevano comunicato la loro posizione Gps, che avevamo trasmesso alle autorità italiane, maltesi e libiche alle 2:28 dell’11 marzo – dice la Ong – La situazione era critica. La barca era alla deriva. Le condizioni meteorologiche erano estremamente pericolose. Le persone a bordo urlavano al telefono, dicendoci di avere bisogno di aiuto”. “Abbiamo informato, ripetutamente, sia via e-mail che per telefono, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) italiano di questa situazione – dice Alarm Phone – Abbiamo inviato le posizioni Gps, segnalato il deterioramento delle condizioni, delle persone e dell’imbarcazione, chiedendo più volte che venisse lanciata immediatamente un’operazione di soccorso. Poco dopo il primo Sos, alle 3:01, abbiamo chiesto al Mrcc di Roma di ordinare alla nave mercantile Amax Avenue, che si trovava nelle vicinanze, di intervenire. Eppure, nonostante la vicinanza, la nave ha proseguito oltre il luogo dove si trovava l’imbarcazione, senza fermarsi. Se il Mrcc di Roma glielo avesse ordinato, sarebbe potuta intervenire”. Nove ore dopo il primo Sos, Seabird 2, il velivolo di ricognizione di Sea Watch ha avvistato l’imbarcazione in difficoltà, informando le autorità sulla situazione di imminente pericolo. “Solo dopo diverse ore, navi mercantili, non mezzi italiani o facenti capo all’operazione Irini, raggiungevano il luogo dove si trovava l’imbarcazione in pericolo”, ricostruisce Alarm Phone, che accusa: “Questo ritardo, uno dei tanti ritardi sistematici che Alarm Phone ha documentato nel corso degli anni, si è rivelato letale. Per molte ore, le navi mercantili si sono limitate a monitorare la situazione senza intervenire. Evidentemente, le autorità italiane stavano cercando di evitare che le persone venissero portate in Italia, ritardando l’intervento in modo che la cosiddetta guardia costiera libica arrivasse e riportasse con la forza le persone in Libia, nelle condizioni di tortura da cui avevano cercato di fuggire”.