Cinema

Bette Davis, la bruttina che stregò il cinema e sfidò a carte Sordi

Quando a Broadway, bastava un cartellone pubblicitario, a rapire la vista, visibile da metri in lontananza, il traffico si fermava sotto le luci incandescenti di un teatro. Bette Davis, considerata la divina del cinema, fece lì il suo esordio, per poi approdare a Hollywood nei primi anni trenta. Sul palcoscenico fu ammaliante ballerina della scuola della celebre Martha Graham, tutt’ora esistente. «Hai il fascino di Stanlio e Ollio messi assieme, ma ti prendo per il tuo talento», le dissero i registi che contano. Da allora fu solo e sempre Bette Davis.

Nel 1999 l’American Film Institute ha inserito Davis al secondo posto, dietro Katharine Hepburn, la diva di ‘Indovina chi viene a cena‘, nella classifica delle più grandi star della storia del cinema. Si faceva accompagnare dalla madre al primo provino agli Universal Studios. Raccontando la sua sorpresa perché nessuno era andato ad accoglierla al suo arrivo allastazione. In realtà un dipendente dello studio l’aveva aspettata, ma se n’era andato perché non aveva visto nessuno che “sembrava un’attrice” scendere dal treno.

Bette, fatale e strega

“Ero la vergine più yankee dell’est, la più modesta che abbia mai camminato sulla terra, mi hanno messo su un divano e ho testato quindici uomini… tutti dovevano giacere sopra di me e darmi un bacio appassionato. Oh, pensavo che sarei morta. Pensavo solo che sarei morta”. Capace di far fremere anche con le parole. Sinceramente semplice, nei suoi racconti. Bette Davis, che per pagarsi gli studi alla scuola di recitazione drammatica, posò nuda per una scultrice, e trovò anche un lavoretto come cameriera. Scartata ad un rovino, sentì il regista commentare: “Cosa ne pensi di queste dame che mostrano il loro petto e pensano di poter ottenere un lavoro?”. A causa di un suo abito, indossato di fretta, con una scollatura bassa. Ma venne sempre richiamata per quegli ‘occhi deliziosi’.

Su di lei non scommetteva nessuno. Invece si trasformò nella prima donna che ricevette ben 10 nomination Oscar. Per il resto della vita, Bette Davis sostenne di aver dato lei alla statuetta il nome familiare ed iconico di “Oscar”: perché il suo posteriore dorato, assomigliava a quello del marito, il cui secondo nome era Oscar. Una favola simpatica, se non fosse che l’Academy abbia sempre fatto ufficialmente riferimento ad un’altra storia. Era stata scelta per il ruolo di bella e viziata ragazza del sud, nei panni di Scarlett O’Hara in “Via col vento“. Ma l’attrice rifiutò per girare un altro film. Salvo poi, far sapere alla produzione che avrebbe accettato d’interpretare la protagonista. Sembrava la favorita del pubblico, ma alla fine venne scelta Vivien Leigh per impersonare Rossella O’Hara, vincendo l’Oscar come miglior attrice.  

Bette Davis, anche con Alberto Sordi

Hollywood ha sempre voluto che fossi carina, ma ho combattuto per il realismo“. Una carriera inenarrabile, 100 film e stò. Non mancò nulla, neanche la partecipazione agli pisodi della serie TV di Perry Mason. O la parte ne “Lo scompone scientifico” con Alberto Sordi, della vecchia miliardaria americana che sfida da anni a carte una coppia di baraccati, stracciaroli romani: “..I want to play cards“. Celebrata nelle canzoni più inaspettate: in “Desolation Row” di Bob Dylan, e in “Via della povertà” di Fabrizio De André. Menzionata anche nel brano “Vogue” di Madonna. Dedicata a lei è la canzone “Bette Davis Eyes”, omaggio ai suoi occhi, cantata nel 1981 da Kim Carnes.

Temperamento spontaneo e bizzarro, che le permetteva di dire ciò che voleva. Di Joan Crawford, sua eterna rivale di set, disse: “Il primo caso di sifilide di Hollywood“. Pare fossero innamorate dello stesso uomo. Bette Davis era una personalità da porta in faccia, sicura anche di litigare con chiunque. Le sue impronte sono impresse al Chinese Theatre di Los Angeles. Come i divi veri. Quando il cemento racconta chi sei stato.

Federica De Candia per MMI e Metropolitan Cinema. Seguici

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