Scontro istituzionale negli Stati Uniti sulla legge contro l’aborto in Texas. Il presidente americano Joe Biden la condanna, ma la Corte Suprema si rifiuta di farlo.
La Corte, fortemente divisa con quattro dei suoi nove giudici che si oppongono alla decisione, non si è pronunciata sulla costituzionalità della legge, ma ha citato “complesse e nuove questioni procedurali”. Il ricorso alla Corte suprema era stato presentato d’urgenza, a ridosso dell’entrata in vigore, avvenuta ieri, di una restrittiva legge sull’aborto in Texas, che impedisce il ricorso all’interruzione di gravidanza dopo sei settimane, anche in caso di stupro o incesto. La decisione è stata presa grazie alla maggioranza di 5 giudici conservatori, dei quali tre sono stati nominati dall’ex presidente Donald Trump.
Il capo della Corte, il conservatore moderato John Robert, si è opposto assieme ai tre magistrati progressisti.
La legge, firmata lo scorso maggio dal governatore repubblicano Greg Abbott, vieta l’interruzione volontaria di gravidanza dal momento in cui è percepibile il battito del cuore dell’embrione, ovvero attorno alla sesta settimana di gravidanza. Secondo i sostenitori del diritto all’aborto, questo equivale a un divieto tout-court, visto che sono pochissime le donne che si accorgono di una gravidanza prima di sei settimane, soprattutto quando non è voluta.
L’unica eccezione prevista dal provvedimento texano, che è stato formulato in modo da evitare i blocchi legali disposti dai tribunali in altri Stati conservatori, è quella del pericolo per la salute della donna.
Ieri il presidente degli Stati Uniti in persona, Joe Biden, aveva attaccato la legge, assicurando che il diritto all’aborto “stabilito quasi cinquant’anni fa” sarà difeso e protetto da quella che ha definito la “legge radicale” entrata in vigore in Texas.