Biotestamento: in Parlamento se ne parla dal 2013, ma, a sei mesi dall’ok della Camera, sembra che la legge sia sia caduta nel dimenticatoio. Oppure no? Proviamo a fare il punto sulla legge di fine vita, a più di dieci anni di distanza dal caso, e dalla morte, di Pier Giorgio Welby. E nei giorni in cui si apre il processo a Marco Cappato per aver aiutato Dj Fabo. Ma, soprattutto, a un passo dalla fine dell’attuale legislatura.
Ancora attesa per la legge sul Biotestamento credits: la PresseChe fine ha fatto il disegno di legge sul biotestamento? In questi giorni si apre il processo a Marco Cappato. Il politico, appartenente al partito dei Radicali, ha aiutato dj Fabo ad andare in Svizzera per il suicidio assistito. Sono passati ormai sei mesi dal 20 aprile e dall’ok della Camera eppure non si è più sentito parlare in Parlamento, di legge sul fine vita. Un Parlamento che, come sappiamo, è invece impegnato, in questi giorni, nell’esame della manovra. Sarebbe infatti questo, per molti, l’ultimo provvedimento della legislatura. Ma non per tutti. C’è anche chi non considera ancora chiusa la porta almeno sia per lo ius soli che per il biotestamento.
“Non si tratta di favorire l’eutanasia, ma solo di lasciare libero l’interessato di scegliere di non essere inutilmente torturato” Michele Gesualdi
Come spesso accade in Italia, si torna a parlare di un argomento non perché ci siano novità a livello parlamentare, ma per la loro latitanza. E il biotestamento non fa eccezione. Torniamo a parlarne perché il disegno di legge non è ancora in calendario a Palazzo Madama. E perché il 28 ottobre è arrivato a scuotere il Parlamento un nuovo appello, a firma di Michele Gesualdi, allievo di don Lorenzo Milani ed ex presidente della Provincia di Firenze. Gesualdi è oggi un malato di Sla e in quanto tale ha espresso tutta l’urgenza di un’accelerazione della legge sul testamento biologico. Lo ha fatto in una lettera, inviata al presidente del Senato e alla presidente della Camera.
Biotestamento: approvazione o non approvazione?
Ma quante possibilità ci sono che la legge venga effettivamente approvata? Poche se guardiamo i fatti. Il 26 ottobre scorso la relatrice del provvedimento, Emilia Di Biase (presidente della commissione Sanità) si è dimessa. Dichiarando: “Non ritengo ci siano le condizioni per proseguire l’iter del provvedimento in Commissione, quindi rimetto il mandato da relatrice. I tempi non consentono di proseguire in Commissione”.
Vero è che la calendarizzazione del provvedimento non spetta attualmente né a lei né alla Commissione Sanità. Da regolamento, è competenza della Conferenza dei capigruppo. Al di là dei tempi, ormai strettissimi (siamo davvero alla vigilia del semestre bianco e della fine della legislatura), il problema vero di questa legge è il suo argomento. Dice ancora Blasi che:
“È stato impossibile andare avanti in commissione. A fronte degli oltre 3.000 emendamenti ne sono stati ritirati soltanto 300. E per una Commissione è tecnicamente impossibile esaminare 2700 emendamenti, metà dei quali con un taglio ostruzionistico”.
Il vero problema è mettersi d’accordo su un argomento tanto, troppo spinoso. Un compito sicuramente difficile, ma urgente. In gioco c’è, letteralmente, la qualità della vita delle persone. Un argomento che tocca tutti, nessuno escluso. Ma vediamo cosa dovrebbe prevedere la legge. O almeno di cosa c’è da discutere.
Biotestamento: cosa prevede la proposta di legge
Il disegno di legge sul biotestamento o testo sulle “disposizioni anticipate di trattamento” è composto di cinque articoli. Obiettivo: regolamentare le decisioni sul fine vita. si parte dall’articolo 1, che regola il consenso informato del fine vita. In base al testo il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze. Anche in caso “di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico”. Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure. Che non vuol dire praticare l’eutanasia, ma smettere le cure quando, purtroppo, non servono più.
credits: AnsaUn’altra norma dal forte impatto contenuta nel testo riguarda le cliniche private, convenzionate con il sistema sanitario nazionale. Soprattutto quelle cattoliche. Queste strutture non potranno chiedere alle Regioni di essere esonerate dall’applicazione delle norme sul biotestamento “non rispondenti alla carta di valori su cui fondano i propri servizi”. Di queste norme si discute in Parlamento dal 2013. E bisogna ricordare sempre quanto è importante regolamentare il fine vita. Nonostante tutti gli ostacoli di tipo materiale e ideologico. Per dare una speranza a tutte le persone come Pier Giorgio Welby o come Dj Fabo di avere delle regole che li tutelino. E che non li costringano a ricorrere all’eutanasia in altri paesi.
Federica Macchia