In Italia gli assorbenti sono ancora considerati beni di lusso
Abolizione della Tampon Tax. Cosa distingue un bene di lusso da uno di prima necessità? Molto semplicemente la possibilità che ha una persona di farne a meno, e a quanto pare in Italia non si può fare a meno di rasoi e tartufi, ma degli assorbenti decisamente sì. E’ stata bocciata alla Camera ieri, per la seconda volta, la proposta di emendamento che mirava ad agevolare le donne nell’acquisto di questi prodotti sanitari abbassando l’aliquota al 5%, dall’attuale 22%. Esatto, bocciata, con 253 voti contrari e soli 189 a favore.
In media, nella durata dell’intero periodo fertile (circa 40 anni) una donna andrebbe a spendere circa 4.940 euro di cui 890,82 confluiscono nelle case dello stato grazie all’Iva. Iva, come già detto, fissata al 22%, la stessa percentuale applicata su beni come sigarette o sull’abbigliamento. È la cosiddetta Tampon Tax, la tassazione sul ciclo, argomento che ha infervorato gli animi di ragazze, donne e anche uomini, che già da un primo tentativo, risalente all’anno scorso, si sono preoccupati di creare petizioni (come quella proposta da Onde Rosa su change.org) raccogliendo, tra l’altro, un grandissimo numero di firme diretto al Ministro dell’economia Tria.
Nel 2018 la sottosegretaria del Mef Laura Castelli, si giustificava affermando che “Le questioni che riguardano la fiscalità a volte chiedono un po’ più di tempo” e che “Il governo responsabilmente non se la sente” perché, nonostante il Parlamento e il Governo fossero d’accordo sull’ideale, il problema era rappresentato da “l’infrazione sulla riduzione di una aliquota Iva e non credo che si sia in un momento in cui possiamo dire a Bruxelles ‘vogliamo ridurla’ e farci fare un’infrazione.”
Ad oggi, è sempre una donna a spiegare il motivo di un ennesimo rinvio della questione, la presidente della Commissione Bilancio della Camera e relatrice del provvedimento Carla Ruocco, dichiarando che, se per portare l’Iva dal 22 al 10% si spenderebbero 212 milioni, addirittura si arriverebbe a 300 per portarla al 5. Una questione economica, quindi, per dirla con un eufemismo. Non si può dire, comunque, che non si sia partiti con le buone intenzioni, dato che, sempre l’anno scorso si parlava di una possibilità di ridurre l’aliquota a fronte della richiesta di annullarla completamente, proposta dalle più ambiziose associazioni femministe.
Ambiziose sì, ma non senza cognizione di causa: tra i Paesi a tassazione zero annoveriamo India, Giamaica, Libano, Nicaragua, Nigeria e Tanzania, ma anche l’Irlanda ha recentemente (2015) azzerato la tassazione sugli assorbenti, così come la Scozia, che ne ha avviato la distribuzione gratuita alle studentesse. Ma, senza arrivare a questi esempi che profumano di utopia, basti vedere il resto d’Europa: la Francia, sempre nel 2015, ha abbassato la tassazione dal 20 al 5,5%, esattamente come nel Regno Unito (che però l’aveva già effettuata nel 2000) o i Paesi Bassi in cui era già al 5%. E mentre la Spagna annuncia che dal 2019 scenderanno al 4% l’Italia, insieme a Ungheria, Danimarca, Svezia e Norvegia, “vanta” una delle percentuali più alte di tassazione. Sembra quasi paradossale che paesi considerati “arretrati” abbiano già fatto questo passo in avanti da tempo, paradossale come “dire che radere i peli della barba ha un riconoscimento sociale ed economico, tamponare le perdite di sangue nel periodo mestruale no”, per dirlo con le parole di Carla Ruffini del movimento femminista Non una di meno Reggio Emilia, definendo, inoltre, “il fatto che i rasoi da barba abbiano un’aliquota Iva inferiore a quella degli assorbenti” una “discriminazione insopportabile”.
E che non si pensi che questo sia solo il pensiero delle donne, perché lo stesso presidente della Commissione Igiene e sanità Pierpaolo Sileri (M5s) che ha presentato il disegno di legge a riguardo, ha affermato che “avere il ciclo mestruale e dover comprare degli assorbenti non è una cosa che le donne possono evitare a livello fisiologico”, motivo per cui aveva proposto di abbassare la tassazione al famoso 5%, che è la stessa percentuale dei presidi medici.
E’ davvero avvilente, a questo punto, che la proposta sia stata nuovamente bocciata. C’è chi continua a confidare nelle petizioni online, chi nel buonsenso di chi è al Governo e chi imputa questo fallimento ad una mancata volontà politica mascherata da insufficienza di coperture economiche. Fatto sta che a difendere la scelta di non abolire la Tampon Tax sono state per ora solo donne. E pensare che lo stesso ex presidente Usa Barack Obama aveva affermato, nel 2016, che il motivo per cui dei beni così necessari fossero considerati di lusso era che probabilmente “a fare le leggi sono gli uomini”.