BoJack Horseman quinta stagione: questa è una lettera d’amore, (non) è una recensione.

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Di Arianna

Le avventure del cavallo più famoso di Netflix è tornano dal 14 settembre con una nuova, fortissima, emozionante quinta stagione, riconfermandosi una delle serie tv migliori degli ultimi tempi

  Avrei voluto fare binge watching e immergermi in una pura follia: guardare la quinta stagione di BoJack Horseman in un’unica giornata, ma persino il mio animo malato ha detto “Alt! Vuoi morire?” e ha posto fine a questa idea malsana. Ahimè, ci ho messo tre giorni, e questi tre giorni sono stati assurdi. Il potere di questa serie tv è tra i più devastanti che abbia mai provato. E solo chi ha davvero preso parte a questo viaggio può comprendere la verità di queste parole. Quando parlo con la gente, la domanda più frequente è “Ma stai parlando di quel cartone animato col cavallo?” come se la parola disegno/cartone animato fosse denigratorio o limitante. Povera Lisa Hanawalt, quale talento! (disegnatrice della serie ndr) Di certo BoJack Horseman non è una serie per superficialotti. Se siete i tipi da “Aspetta, mi fermo all’apparenza!” bene, girate al largo. E lasciate BoJack tutto per me.     Raphael Bob-Waksberg, creatore della serie, non ha mai deluso e, lo ammetto, avevo qualche riserva per questa quinta stagione. Avevo paura che non potesse essere all’altezza della precedente, fortissima e devastante al tempo stesso. Fortunatamente mi sbagliavo ed eccola qui, in streaming sulla piattaforma Netflix dal 14 di settembre. Per me il ritorno di BoJack era un evento. Ho messo la sveglia sul cellulare, post-it ovunque, ho messo la maglia con la faccia del mio cavallo preferito, pronta a essere schiaffeggiata emotivamente da questa serie. E ho messo Play sulle mie emozioni. Se vuoi guardare BoJack devi lasciarti completamente devastare. Non puoi trattenere le lacrime, non puoi far finta che non ci sia anche tu su quello schermo. BoJack Horseman punterà il dito anche contro di te. E sono sicura che non ne uscirai indenne.     Mi piacerebbe parlare solo di questa stagione e fare uno di quei temi che tanto odiavamo a scuola, con la tipica traccia “Parlami della quinta stagione di BoJack Horseman”, ma a scuola non esisteva la parola spoiler e quindi non posso addentrarmi troppo nei particolari. Ma parlerò di te, BoJack. E dell’universo che gira intorno a te, quello di Hollywoo e di chi ti sta attorno. Siamo tutti un po’ te, Diane, Todd, Princess Carolyn e.. ok, anche Mr Peanutbutter.   Il nuovo schema narrativo si apre con la nuova serie Philbert, di cui BoJack è protagonista, ed è un espediente intelligente e perfetto, una serie nella serie, una “metaserie” che ci porterà nel cuore di questa nuova stagione. Philbert è l’alter ego del nostro cavallo preferito, pieno di imperfezioni, disastri. Il lato oscuro che viene a galla e che, inevitabilmente, porta al processo distruttivo del personaggio. Ma Philbert non è solo questo. E’ anche critica spietata al mondo di Hollywoo(d) del 2018. La risposta e satira al fenomeno mediatico #MeToo, tra verità e critica, tra domande e risposte. Una sola. Che una sola verità non c’è, quando si parla di un mondo così controverso e pieno di oscurità. Femminismo/maschilismo, due facce della stessa realtà. Impossibile non prendere parte a un dibattito del genere, e la serie tv risponde in modo ineccepibile. Con la giusta satira amara che fa rimanere lo spettatore di sasso.     La quinta stagione è anche pura involuzione, distruzione ma nello stesso tempo crescita, di tutti i protagonisti. E’ Diane che dice a BoJack “Tu vuoi stare meglio e non sai come fare”. Ma forse la soluzione c’è. E ho amato (come sempre) il rapporto Diane/BoJack. E’ l’autodistruzione di BoJack che ti lascia basita, inerme, e tu non sai come fare per salvare la situazione. E avresti voglia di entrare in quello schermo e fermare tutto quanto. Ma non puoi. E vai avanti. E’ confusione. E’ tristezza.     E’ la puntata 5×06, gioiello puro di sceneggiatura. E’ un inchino alla scrittura magistrale di questa serie tv, che è raro trovare nel 2018, e quindi tu ascolti e ascolti e non ci puoi credere che un monologo di 25 minuti possa scuoterti l’anima più di una sceneggiatura durata 2 ore e 30 che ti lascia annoiata. E’ tecnica e arte al tempo stesso, che ci da quell’enorme pugno nello stomaco, nei denti e nel cuore. Venti minuti in cui BoJack parla, parla e basta. “Io ti vedo”. E noi piangiamo, piangiamo e basta. La forza della scrittura. E’ la puntata 5×11, tragedia moderna, la caduta verso il baratro. Catarsi. Non ci sono buone persone o cattive persone, ci sono solo persone che a volte fanno cose cattive e altre cose buone. E noi rimaniamo completamente nudi di fronte a messaggi di questo calibro, senza alcuna maschera. BoJack non è solo un cavallo depresso, cinico, bastardo, fuori di sé. E’ uno di noi. Noi siamo lui.     E io, caro BoJack, volevo dirti questo. L’operazione a cuore aperto che hai realizzato su di me è ben riuscita, nessun decesso. Sono sopravvissuta. Hai scavato dentro di me (e dentro milioni di persone). Nelle loro più assurde debolezze, in quelle che conoscevano bene e quelle che manco pensavano potessero esistere. Sei stato uno specchio. Il più spietato. Il più sincero. Il più cinico. Il più vero. Passi alla rassegna dell’animo umano, nelle sue sfaccettature, nell’handicap più diffuso tra l’essere umano. L’impossibilità alla felicità. Come si cura, BoJack? Mi dirai, che scema, lo chiedi a me? Perché nemmeno di fronte a un viaggio così lungo e tenebroso nell’animo umano riusciamo ad imparare dai nostri errori? Dalle cadute, perché non ci rialziamo più forti di prima? Perché finiamo per rimanere con cicatrici enormi, ossa spezzate, ematomi più grandi di noi? E ci stampiamo sulla fronte quel maledetto marchio da infermi. Impossibilitati ad amare. Tu, BoJack ti odi. Ed è questo il motivo per cui sono incazzata con te. Perché sei talmente incasinato da non vedere quanto tu sia perfetto. Perché io sono innamorata di te, BoJack. Dell’ennesimo stupido pezzo di merda.     Tutti gli articoli dell’autrice Segui MMI su FB