“Il mondo dell’amore non vuole mostri” si dice, ad un certo punto, nel nuovo film di Luca Guadagnino Bones and All. Il film, che già faceva parlare di se da qualche mese, vincitore del Leone d’Argento per la miglior regia, e il premio per miglior interprete per Taylor Russell a Venezia, uscirà finalmente nelle sale cinematografiche il 23 Novembre.
Bones and All: gli adulti non sanno fare gli adulti, e i giovani devono fare tutto da soli
Quindi se “ai mostri” non sarebbe concesso amare, significherebbe che non c’è redenzione. Eppure Bones and All, sotto tutto questo macabro, questo sangue sui volti, sui vestiti, sulle mani, ha in sé tutta la poesia dell’amore, quello di due ragazzi che si scoprono per la prima volta, e accettano la mostruosità umana nella sua forma più depravata e disturbante, che è quella dell’antropofagia. Ebbene sì, Maren e Lee, i due protagonisti interpretati da Taylor Russell e Timothée Chalamet, sono due cannibali, e lo sono sin dall’infanzia. Il film si apre, infatti, con uno degli attacchi di Maren ad una ragazza, dato da una pulsione irrefrenabile che è quella di mangiarla. La ragazza scappa e corre dal padre, che ogni volta è costretto a scappare di città in città a causa degli episodi terribili di cannibalismo della figlia. L’indomani, però, verrà abbandonata dal padre, che non può più sostenere il peso di quell’orrore.
Sin da subito è chiaro il messaggio del film di Guadagnino: gli adulti non sanno fare gli adulti, non sanno reggere il peso dell’orrore. E non sa farlo nemmeno quell’America degli anni 80 che non è le stelle e le faville di New York e Los Angeles, ma è solitudine, campi di nulla, brutali e lontani. E i giovani sono costretti a fare tutto da soli, nella loro totale imperfezione, con l’unica sola chance di trovare qualcun altro nel mondo. Parte da qui un road movie alla ricerca di una madre, che porterà alla consapevolezza di essere qualcosa di terribile, ma di non essere la sola. Infatti, in un supermercato, Maren sperimenta l’altro e incontra Lee. Un ragazzo che ha il suo stesso odore, è un cannibale, di cui si innamorerà.
La poesia di Guadagnino c’è, la sua fotografia, i suoi paesaggi, gioca con le luci e soprattutto con le ombre. Ma questa volta, sembra non spiccare mai il volo. Forse sovrastato da un (per forza di cose) troppo macabro, che non permette allo spettatore di empatizzare completamente coi personaggi e che si mantiene a distanza rispetto all’essere fagocitato dall’orrore di mangiare l’altro. E tenendosi a distanza, lo spettatore non scende nella profondità, e non tocca con mano quella poesia che prova ad esplodere al di la dello schermo.
Le interpretazioni di Mark Rylance e Michael Stuhlbarg stendono a tappeto: esplorano la devianza dell’essere umano, la follia fino all’osso, tanto da essere i momenti in cui si raggiungono i momenti thriller più alti del film.
Bones and All è alla ricerca continua di raccontare l’orrore che si redime con l’amore, con la speranza di una vita normale in cambio di ingoiare tutto il male, tutta la barbarie nell’amore. Per questo, anche “ai mostri è permesso amare”. Che poi amare, non è proprio farsi fagocitare dall’altro e dargli in pasto il proprio cuore?
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